Cosa abbiamo letto ad aprile in redazione.
Dovremmo pagare per entrare in libreria?

Al giornalista Howard Fishman l’idea è venuta mentre si trovava alla Strand Book Store, celebre libreria indipendente di Broadway a Manhattan. Mentre sfogliava tutti i libri che attiravano la sua attenzione si chiedeva, «perché vengo qui, invece che acquistarli online con qualche sconto?», e continuando a sfogliare, si dava una risposta. «The Strand e tutte le altre librerie dovrebbero monetizzare il fatto di permetterci di girare tra gli scaffali per ore, di prendere in mano un libro, di sederci a leggerne qualche pagina senza – spesso – comprarlo». Basterebbe un dollaro, propone nel suo editoriale per il New Yorker, per avere accesso a tutto ciò che simili negozi possono offrire.
Secondo Fishman, («ma non mi considero un economista») questa potrebbe essere una soluzione alla chiusura delle piccole librerie cui abbiamo assistito negli ultimi anni. E, a quanto pare, l’idea non è del tutto nuova. Nel 2013 infatti, durante un’intervista alla BBC, l’imprenditrice britannica Victoria Barnsley espresse l’idea di un modello “pay to browsing” per le librerie. Allora il Washington Post scoprì che la maggior parte dei librai americani fossero ostili all’idea, ma non i clienti.
Ci sono stati casi poi in cui alcuni rivenditori hanno iniziato a sperimentare formule simili, come a Porto, in Portogallo, dove chiunque voglia visitare la famosa libreria Livraria Lello deve pagare circa 4 euro: una spesa che è sottratta dal costo del libro in caso di acquisto. Lo scorso dicembre a Tokyo ha aperto Bunkitsu, una libreria a pagamento in cui si possono consultare 30 mila libri pagando 1.500 yen, circa 12 euro: Vi sono comprese salette di lettura dove si può anche lavorare in gruppo, e una caffetteria dove leggere e rifornirsi gratuitamente di tè o caffè. Molti tra i rivenditori di libri intervistati da Fishman hanno respinto l’idea, ritenendo che un costo all’ingresso potrebbe peggiorare la situazione già economicamente precaria dei negozi. «Non è di classe», hanno risposto alcuni, mentre altri si sono dimostrati disponibili. Sorprende che tra le persone che sono apparse più entusiaste all’idea ci siano stati proprio i clienti. «Vado sempre nelle piccole librerie», ha detto una donna, «compro sempre un libro o due. La gentilezza e lo scambio diretto che questi luoghi offrono alla comunità è essenziale. E ne avremo sempre bisogno».

La band hip hop irlandese viene da anni di provocazioni ed esagerazioni alle quali nessuno aveva fatto troppo caso, fin qui. Ma è bastata una frase su Gaza, Israele e Stati Uniti al Coachella per farli diventare nemici pubblici numero 1.

Ancora più dei suoi romanzi precedenti, Vanishing World , appena uscito per Edizioni E/O, sembra scritto da una macchina senza sentimenti che ci mostra tutte le variabili possibili e immaginabili della stupidità umana.