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Nel 2026 OpenAI lancerà una modalità di ChatGPT per fare sexting Sarà una funzione opzionale e disattivata di default, che rimuoverà i limiti attualmente imposti al chatbot sui prompt con contenuti sessuali.
Una ricerca ha dimostrato che la crescita economica non è più legata all’aumento delle emissioni di CO₂ E, di conseguenza, che la transizione energetica non è un freno all'aumento del Pil, neanche nei Paesi più industrializzati.
Reddit ha fatto causa al governo australiano per aver vietato i social ai minori di 16 anni La piattaforma è convinta che la legge anti soci isoli i minorenni e limiti la loro voce politica nella società, fornendo benefici minimi.
La casa di Babbo Natale in Finlandia quest’anno è piena di turisti ma anche di soldati Nato L’escalation al confine russo ha trasformato la meta turistica natalizia della Lapponia in un sito sensibile per l’Alleanza Atlantica.
Il governo americano vuole che i turisti rivelino i loro ultimi 5 anni di attività sui social per ottenere il visto Vale anche per i turisti europei che dovranno consegnare la cronologia dei loro account su tutte le piattaforme social utilizzate.
Ora su Letterboxd i film si possono anche noleggiare e sono già disponibili molte chicche introvabili altrove I titoli disponibili saranno divisi in due categorie: classici del passato ormai introvabili e film recenti presentati ai festival ma non ancora distribuiti su altre piattaforme.
Da quando è stata introdotta la verifica dell’età, nel Regno Unito il traffico dei siti porno è calato ma è anche raddoppiato l’utilizzo di VPN Forse è una coincidenza, ma il boom nell'utilizzo di VPN è iniziato subito dopo l'entrata in vigore della verifica dell'età per accedere ai siti porno.

La guerra delle polo

L'alt-right si è impossessata della polo bianca. E poi Fred Perry, New Balance, Gap: la moda dell'estrema destra e il gusto per la normalità.

di Studio
01 Settembre 2017

“Come l’alt right si è impossessata di un classico moderno dell’abbigliamento”, titolava un articolo del Guardian uscito in questi giorni, riferendosi a come la polo bianca sia diventata di colpo un simbolo dell’alt-right americana. Uno dei tanti in verità che abbiamo letto da quando la galassia dell’estrema destra americana ha sfondato il muro dell’irrilevanza ed è diventata un fenomeno analizzato da molti punti di vista, non ultimo quello estetico.  Ma la storia culturale della polo, come lo stesso Guardian ricorda, ci racconta che già in passato, il capo è stato simbolo di movimenti di estrema destra.

Le origini non sono certe – c’è chi dice Argentina, chi India, chi Inghilterra, tutte circostanze legate a partite di polo – si sa però che il primo a commercializzarle fu René Lacoste, il giocatore di tennis degli anni ’20 diventato poi un marchio inimitabile della moda maschile. Al brand-icona della polo si sono poi aggiunti Fred Perry e Ralph Lauren, ciascuna con la sua specificità. Lacoste, al contrario degli altri due marchi, non è mai stato adottato dalla sottoculture giovanili legate alla politica o alla musica. Nel 2010, XXL pubblicava una bellissima storia orale del rapporto tra le polo Ralph Lauren e il mondo dell’hip hop. Proprio Fred Perry, invece è diventato un marchio adottato come divisa dai movimenti di destra per una sorta di passaggio del testimone tra mods e skinheads che, anche se tradizionalmente apolitici, confluirono in parte negli anni ’70 in movimenti della destra nazionalista inglese come il National Front e il British Movement.

Skinheads Attend Seaside Reunion Weekend

Come ricostruisce un articolo uscito su The Outline quest’estate, i motivi dell’adozione da parte degli skinheads delle polo Fred Perry assomigliano a quelli per cui i rapper iniziarono a indossare Polo Ralph Lauren: «Volevano cose che fossero associate con l’upper class inglese, volevano apparire eleganti e in ordine, ma a prezzi abbordabili e Fred Perry era il marchio giusto», ha detto al sito americano Don Letts, regista del documentario The Story of Skinhead. Il successivo recupero da parte dell’alt-right americana risponde a una citazione quasi filologica di quel movimento: «Ha a che fare con l’idea di essere ribelli, un movimento originale che combatte lo status quo», ha detto ad Outline Alice Marwick, ricercatrice della Fordham University, e ha continuato così: «Quando dici “white supremacy” pensi a qualcosa che ha una lunga storia, come il Ku Klux Klan, quando dici “alt-right” sembra qualcosa di nuovo e alternativo».

Intanto Robin Givah, critica della moda del Washington Post, il 22 agosto ha scritto un pezzo intitolato “I neonazisti usano la moda nel tentativo di normalizzarsi. L’industria della moda dovrebbe dire qualcosa”. Ancora Fred Perry, e poi Gap, New Balance, sono i marchi citati nel pezzo, come simboli della “normalizzazione” neonazista. «La moda», è il ragionamento della giornalista, «ha sempre aiutato le persone a rispecchiare l’immagine pubblica delle loro scelte. L’esteriorità ha un po’ a che fare con ciò che le persone pensano o sentono […] Il bello della moda è la sua abilità nel farci sentire come se appartenessimo a qualcosa e, appartenendo, contiamo. I white nationalists si muovono ammantati nello stile più banale e scontato possibile. Abiti che non hanno un secondo significato. Sono solo accettabili e appropriati e rendono possibile la loro appartenenza. E l’industria della moda non ha ancora protestato».

Cosa vera fino a un certo punto, in verità, visto che nelle scorse settimane e mesi sia Fred Perry che New Balance hanno cercato di dissociarsi da questa guerra.

Foto Getty.
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