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Il guasto di Cloudflare è stato così grave che ha causato anche il guasto di Downdetector, il sito che si occupa di monitorare i guasti su internet Oltre a X, ChatGPT, Spotify e tanti altri, nel down di Cloudflare è andato di mezzo anche il sito a cui si accede quando tutti gli altri sono inaccessibili.
Il nuovo film di Sydney Sweeney sta andando così male che il distributore si rifiuta di rivelarne gli incassi Christy sembra destinato a diventare il peggior flop dell'anno, il quarto consecutivo nel 2025 dell'attrice.
Diversi grandi hotel sono stati accusati di fare offerte ingannevoli e fuorvianti su Booking L’authority inglese che si occupa di pubblicità ha scoperto che quelle convenientissime offerte non sono mai davvero così convenienti.
Gli scienziati hanno scoperto che il primo bacio sulla bocca è stato dato 21 milioni di anni fa E quindi non se l'è inventato l'homo sapiens ma un ominide, un antenato comune di uomini, scimpanzé, gorilla e orango, animali che infatti si baciano.
Non si capisce bene perché ma Nicki Minaj è andata alle Nazioni Unite a parlare dei cristiani perseguitati in Nigeria Sembra che a volerla lì sia stato Trump in persona, dopo che in più occasioni Minaj gli ha espresso pubblico supporto sui social.
La nuova tendenza nell’industria del beauty è vendere prodotti di bellezza anche a bambine di 3 anni Da anni si parla di Sephora Kids, ma adesso ci sono storie che riguardano bambine addirittura più piccole.
Il Ceo di Google ha detto che nessuna azienda si salverebbe dall’eventuale esplosione della bolla dell’intelligenza artificiale Sundar Pichai ha detto che la "corsa all'AI" è un tantino irrazionale e che bisogna fare attenzione: se la bolla scoppiasse, nemmeno Google uscirebbe indenne.
La cosa più discussa del prossimo Met Gala non è il tema scelto ma il fatto che lo finanzierà Jeff Bezos Il titolo e il tema del Met Gala di quest'anno è Costume Art, un'edizione realizzata anche grazie al generoso investimento di Bezos e consorte.

Come sta cambiando il rapporto tra le persone famose e noi

La cosiddetta "celebrity culture" è moribonda. Quella che sta prendendo il suo posto è la "stan culture".

16 Giugno 2020

Perché siamo sempre più arrabbiati con l’attore, musicista o influencer di turno? Ogni giorno una polemica, del nuovo drama, una celebrity “cancellata”. I fatti degli ultimi mesi non hanno fatto che velocizzare questo fenomeno, per cui è ora di parlarne: come sta cambiando il rapporto tra loro, “le persone famose”, e noi?

Hai migliaia di fan e follower sui social media, sei una persona ricca, rispettata e invidiata. Tutto sembra facile. Sei impegnato in qualche causa ambientalista o sociale, di cui discuti online con i tuoi fan. Un giorno, però, il mondo crolla: una pandemia blocca la vita su questo pianeta causando una crisi senza precedenti. Non trovi più le parole giuste. Nemmeno i selfie funzionano come un tempo. Pur non essendo la questione più pressante di questi tempi, è notevole constatare quanto il rapporto tra il pubblico e le celebrità si sia incrinato negli ultimi mesi.

Quando lo scorso 19 marzo l’attrice Gal Gadot, già volto di Wonder Woman, pubblicò sul suo Instagram un video in cui lei e altre star cantavano “Imagine” di John Lennon, ambiva a scaldarci i cuori, a ispirare un mondo che si apprestava a una lunga quarantena. Il risultato fu invece “cringe”, un’esperienza imbarazzante e raggelante che finì per risultare quasi offensiva. La differenza tra noi e loro, divenne gigantesca e ovvia: quella sottile invidia sociale che è fucina del successo di molti influencer, risultò sbagliata. Inoltre, com’è possibile che fossero tutti così stonati?

Il “momento Imagine” ha segnato un punto importante. Meno di due settimane dopo, il New York Times decreta che “la celebrity culture sta bruciando”, di certo non aiutata dal video in cui il figlio di J.LO volava su un hoverboard in quello che sembra il cortile della casa di Parasite.

Grazie a queste figuracce, però, molti Vip hanno corretto il tiro e capito come porsi nei confronti del loro pubblico, fine dell’articolo. Scherzavo: in realtà è successo di nuovo proprio giovedì scorso, quando un nuovo video zeppo di attori e celebrità ha finito per trattare il tema caldo del periodo (questa volta Black Lives Matter: il 2020 non è avido d’offerte) con la stessa boria e accondiscendenza. Una clip di circa due minuti in cui una fila di celebrities – tutte bianche – dicono di “prendersi la responsabilità” del proprio privilegio e di volersi “opporre all’odio”, le mani giunte in una solenne preghiera che, come ha notato Jordan Coley, «somiglia a un “guarisci presto” rivolto alla società e ai suoi problemi».

Così, sei una star e questi ultimi mesi ti hanno spaventato. Ora temi per il tuo reach: esporsi è pericoloso. L’alternativa non può che essere il silenzio, dunque, l’inazione per cautela: rimanere fermi e mimetizzarsi con lo sfondo continuando a postare piante e tazze di caffè fino alla fine della tempesta. Nulla di più di sbagliato, perché i social media impongono il movimento e l’azione: qualcosa va fatto.

Ti senti quindi in trappola, tentato dai social media ma anche intimorito dalla possibilità di essere “cancellato” per qualche errore. Secondo Oscar Ricci, docente di Sociologia dei processi culturali all’Università Statale di Milano e autore di Celebrità 2.0 (Mimesis Edizioni), «è possibile che la consapevolezza di questa folla pronta a giudicare, nel bene e nel male, un comportamento pubblico spinga alcune celebrità a esporsi più di un tempo, in modo da non essere escluse dai trending topic». È un circolo vizioso: l’influencer che si sente di dover dire la sua mentre il contesto socio-politico si fa sempre più incendiario e una parte dei follower è sempre più critica. Mescolate per qualche minuto a fuoco lento e avrete Chiara Ferragni in tenuta da riot nelle strade di Milano.

Parallelamente a questo fenomeno se ne è sviluppato un altro del tutto opposto. A fine maggio Taylor Lorenz del New York Times ha scritto di come i nuovi influencer, specie su TikTok, stiano instaurando relazioni sempre più affiatate e rigide con i propri fan. Possiamo vederla come un’evoluzione della cosiddetta “stan culture”. Crasi delle parole stalker e fan, il termine è stato reso noto dal pezzo di Eminem feat. Dido, entrando nel gergo di internet: gli stan sono fan zelanti e ossessivi, di quelli che qualche anno fa seguivano gli One Direction e oggi la boy band coreana BTS.

Tornando ai culti, su TikTok spicca il caso di Melissa Ong, ventisettene fondatrice di una “setta” chiamata The Step Chickens, composta dai suoi fan, a cui impone una certa fedeltà, a seguirla, a scaricare l’app della “setta” (arrivata nella top 100 delle più scaricate), a fare proseliti e ascoltare la loro canzone, “Chunkysdead Theme Song”. Altro che “Imagine”, insomma.

«Se un creatore vuole fare contenuti sponsorizzati, può riuscire a monetizzare il proprio reach», ha scritto John Constine di TechCrunch, «ma questo richiede competenze di business, sicurezza del brand e compromesso creativo. Ecco perché gli influencer non vogliono fan: vogliono una setta. Vogliono fedelissimi disposti ad agire a comando». Non è un caso che siano presto nate nuove “sette” di creators, con tanto di guerre tra bande (alcuni nomi: i Murder Hornets, i Griswolds, i Duck Sanctuary, i Flamingos). Del resto, qualcosa si dovrà fare, mentre fuori il mondo brucia. A quanto pare, meglio una setta che un gruppo di milionari in vena di omelie.

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