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“I’m not loving it”, McDonald’s corre ai ripari

È uno dei marchi più noti del pianeta. Nel 2011 è cresciuto del 5,6% rispetto all’anno precedente ed è da otto anni che cresce continuamente, nonostante (o forse, grazie) la crisi. Il gruppo McDonald’s è il colosso della ristorazione mondiale: 68 milioni di clienti serviti ogni giorno in 33 mila punti vendita distribuiti in 119 Paesi. È qualcosa di più di una catena di fast food: è il simbolo del cibo veloce ed economico. Eppure, secondo indiscrezioni interne alla corporation raccolte dalla rivista specializzata in pubblicità Advertising Age, «McDonald’s si classifica sempre in fondo alla classifica della qualità percepita, se messo in confronto con la concorrenza». Una bella grana per la emme rossa, che se da una parte può vantare un’ottima considerazione tra i clienti alla ricerca di piatti economici, dall’altra non può permettersi di perdere in qualità percepita. Come ha spiegato il direttore generale di Brandstream, società che cura brand aziendali, «il futuro sarà così basato sulla trasparenza che le grandi corporation dovranno stare attenti alle mutande che indossano». Quindi McDonald’s fa bene a preoccuparsi e a non fidarsi troppo del successo attuale e del suo valore stimato di 81 miliardi di dollari.

I primi provvedimenti in fatto di qualità sono stati d’immagine – la restaurazione degli ambienti per renderli più confortevoli tramite l’installazione di televisioni e orari d’apertura più lunghi per intercettare il pubblico notturno – ma non solo, come dimostra il nuovo Happy Meal, storico menù della catena, che presenta più frutta e meno carne del precedente. Ma il restyling passa anche per il personale: McDonald’s sta puntando a rendere i suoi posti di lavoro più attraenti e gradevoli. Una sfida difficile, visto che negli Usa si utilizza il termine “McJob“, ispirato proprio alla corporation, per indicare lavori malpagati, che richiedono scarsissime competenza e non garantiscono uno straccio di carriera. L’aprile scorso, per esempio, si è tenuto il National Hiring Day (la Giornata nazionale delle assunzioni) durante il quale il gruppo ha assunto 50 mila nuovi dipendenti negli Stati Uniti (dove già 600 mila persone lavoravano per McDonald’s). La giornata è stata organizzata da Citizen2, una società che si presenta come in grado di «gestire e influenzare l’opinione pubblica», spiega AdAge. In effetti, assumere decine di migliaia di persone in tempi di crisi e recessione, non può che fare bene all’immagine di un’azienda bisognosa.