Attualità

Il nuovo formale va a pedali

Come coniugare etica ed estetica, dall'Inghilterra all'Italia. Eleganza in bicicletta

di Davide Coppo

Più che navigatori, ché ultimamente è consigliabile evitare l’argomento, siamo da (quasi) sempre popolo di ciclisti. Dalle leggende, reali o cantate, di Girardengo e Sante Pollastri, Coppi e Bartali, fino all’ultimo mito Marco Pantani (di cui pochi giorni fa è ricorso il decennale della scomparsa), dai bersaglieri in bicicletta al leggendario Vigorelli meneghino, pedali e manubrio si sono inscritti a fuoco nell’immaginario tricolore. Eppure, come sempre pigramente ritardatari sui fenomeni di costume che attraversano nuovo e vecchio mondo, la cultura ciclistica urbana è arrivata in penisola dopo qualche colpevole anno dallo sbarco in California prima e nord Europa poi. Minimali e a scatto fisso, le nuove biciclette non hanno impiegato troppo per essere preda del mainstream più chic. Ecco, apice del fenomeno, che vediamo Gucci lanciare il proprio velocipede in collaborazione con Bianchi lo scorso gennaio, la versione pariolina dell’anima urban cycle.

L’altra faccia della medaglia, quella che rifugge l’hipsteria che tutto travolge, è anche quella che lotta (e si diverte) per mantenere intatta le genuinità delle due ruote come filosofia culturale. L’esempio italiano più celebre è l’Eroica, manifestazione non competitiva che dal 1997 unisce vecchi lupi di strada a giovani appassionati sulle strade del Chianti senese, strade bianche (alias sterrati) per tentare di riprendere il tempo che va in fuga da solo, più veloce di tutti, e riportarlo indietro di qualche manciata di lustri. Occhialoni, maglie di lana, scarpe di cuoio come se la tecnologia non fosse ancora arrivata, affascinante nella sua declinazione nostalgica di un’eleganza che non sarà all’insegna del comfort, ma della celebrazione di un passato glorioso (e pulito). In Inghilterra, invece, nel 2009 è nata la Tweed Run, passeggiata a pedali per le strade di Londra i cui partecipanti sono tenuti a riportare le lancette indietro di un secolo almeno, abbigliarsi secondo il gusto tipicamente britannico (tweed, appunto), con un occhio di riguardo per i plus-four trousers, i pantaloni che si allungano appena dieci centimetri sotto il ginocchio (altrimenti detti knicerboxers) da infilare nel tradizionale calzettone a losanghe (burlington).

Etica ed estetica: certo non è roba per tutti i giorni. Ma dalla Tweed Run ha preso ispirazione lo storico marchio di selle Brooks (per restare in terra inglese) per lanciare la linea di bike-wear PedALED, disegnata dal giapponese Hideto Suzuki, tentativo ben riuscito di portare il chiacchieratissimo nuovo formale finalmente in canna. E per mantenere il gioco di sponde Italia – Inghilterra, da segnalare l’attività di Cinelli, lo storico marchio nato a Milano nel 1948, che nel 2009 ha lanciato Cinelli Genuine Merchandise. L’immaginario della linea è puro vintage italico: i loghi stampati sono quelli originali degli anni ’50 e successivi, dalle t-shirt ai tradizionali cappellini fino a collaborazioni con l’itinerante Bicycle Film Festival o Cycle Messenger World Championship.

La bici ce l’avevamo in casa, eppure arriviamo dopo gli altri: abituati alla borghesia del freno a bacchetta, l’evoluzione urban-sportivo ha rischiato di passare inosservata; eppure il bike sharing milanese si espande a macchia d’olio, come per dire, sarcastico: bici per tutti, ma cultura della bici ancora per pochi. Tant’è che il concept store Bianchi Cafè & Cycles è nato a Stoccolma e non in Italia. Il distributore italiano di Cinelli Genuine Merchandise, The Coolness Society (attivo dal 1998), collabora con la casa di Colombo dal 2000, data di lancio del progetto Bootleg, nato con l’intento di ricercare la perfetta bicicletta urbana. Altro marchio distribuito da TCN, One True Saxon (fondato da Ian Paley, gestore della boutique cult londinese Garbstore e senior designer di Paul Smith, e ) già nel 2009 aveva realizzato delle fixies brandizzate ad hoc per correre su e giù per l’Inghilterra, in missione guerrilla marketing.

Che sia complice l’ormai obsoleta crisi, l’ancor più abusato Pm10, il ciclismo sta cambiando e si sta trasformando, anche all’insegna dell’eleganza. Tutto sommato, l’occhio la sua parte se la sta prendendo.