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Le recensioni dell’ultima stagione di House of Cards sono deprimenti

È tutto finito e non è finito bene. Sull’Atlantic, Spencer Kornhaber si dimostra dubbioso. Sul Guardian Jack Seale assegna alla sesta e ultima stagione di House of Cards un punteggio a dir poco scarso: 2 stelline su 5. Già a partire dal sottotitolo, l’autore non teme di sottolineare come l’eliminazione di Spacey sia stata un grave errore (per un approfondimento della vicenda rimandiamo a questo articolo: Che fine ha fatto Kevin Spacey?). Per dimostrarlo, Seale elenca tutti i problemi contenuti negli episodi incentrati sulla moglie di Frank Underwood, Claire, interpretata da una Robin Wright che, poverina, sembra mettercela tutta. La colpa, infatti, non pare proprio essere dell’attrice, ma di una sceneggiatura che si impegna a ruotare intorno a una nuova protagonista femminile in modo forzato e zoppicante.

A quanto pare, l’ultimo capitolo di una saga che ci aveva appassionato proprio per la sua capacità di mettere in scena gli assurdi intrighi che spesso si intrecciano al potere, ha scelto di concludersi tentando di percorrere una strada più misurata e sofisticata. Un risultato che Seale, senza troppi giri di parole, definisce noioso e “monotono”. La trama della stagione, secondo lui, «è come una ragnatela senza ragno al centro». Non solo gli autori hanno cercato, faticosamente, di liberarsi della presenza imponente di Frank Underwood, ma hanno addirittura cercato di costruire per la nuova protagonista un passato in linea con il dibattito legato al #metoo, ad esempio inserendo flashback delle molestie sessuali subite da piccola. Così Seal conclude la sua recensione: «House of Cards si è liberata dell’uomo che era diventato una presenza tossica, ma la tremenda verità è che, senza di lui, si dimostra debole».