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L’incendio di Hong Kong potrebbe essere stato causato dalle tradizionali impalcature in bambù usate nell’edilizia della città Le vittime accertate sono 55, ci sono molti dispersi e feriti gravi. Sembra che il rogo sia stato accelerato dal bambù usato nei lavori di ristrutturazione.
L’Onu ha definito Gaza «un abisso» e ha detto che ci vorranno almeno 70 miliardi per ricostruirla Quasi sicuramente questa cifra non sarà sufficiente e in ogni caso ci vorranno decenni per ricostruire la Striscia.
Anche quest’anno in Russia è uscito il calendario ufficiale di Vladimir Putin Anche nel 2026 i russi potranno lasciarsi ispirare dalle foto e dalle riflessioni del loro presidente, contenute nel suo calendario
Sarkozy è stato in carcere solo 20 giorni ma dall’esperienza è riuscito comunque a trarre un memoir di 216 pagine Il libro dell’ex presidente francese sulla sua carcerazione lampo a La Santé ha già trovato un editore e verrà presto pubblicato.
Nel primo teaser del nuovo Scrubs c’è la reunion di (quasi) tutto il cast originale J.D., Turk, Elliot e anche il dottor Cox al Sacro cuore dopo 15 anni, invecchiati e alle prese con una nuova generazione di medici. Ma c'è una grave assenza che i fan stanno già sottolineando.
Anche il Vaticano ha recensito entusiasticamente il nuovo album di Rosalía José Tolentino de Mendonça, prefetto per il Dicastero per la Cultura e l’educazione del Vaticano, ha definito Lux «una risposta a un bisogno profondo nella cultura contemporanea».
La nuova funzione di geolocalizzazione di X si sta rivelando un serio problema per i politici Non è facile spiegare come mai i più entusiasti sostenitori di Donald Trump postino dall'India o dalla Nigeria, per esempio.
Gli Oasis hanno detto che adesso che il reunion tour è finito si prenderanno una pausa di riflessione Ovviamente, sono già partite le indiscrezioni: si separano di nuovo? Faranno un nuovo tour? Stanno lavorando a un nuovo album?

Cosa abbiamo fatto per meritarci Horse Girl?

Il nuovo film su Netflix non è solo brutto, ma una vera occasione mancata.

06 Marzo 2020

Vivere una situazione ispirandosi a un film è una cosa che probabilmente abbiamo fatto più volte di quanto riteniamo. Risolvere una funzione matematica sentendosi Russel Crowe a Princeton, fermarsi a guardare un sacchetto di plastica abbandonato fuori dal Carrefour Express di Rovereto come se fossimo il ragazzo con la videocamera di American Beauty, baciare qualcuno nel mezzo di una perturbazione atmosferica come Rachel Adams e Ryan Gosling in The Notebook. Ed è sull’onda di una simile presa di consapevolezza che, una volta terminato Horse Girl, arriva l’impulso di fare un po’ come Fosca, la moglie dell’esimio e logorroico professor Raniero Cotti Borroni di Viaggi di nozze. E cioè aprire la finestra, e buttarsi di sotto.

Ma non ci si può limitare dicendo che Horse Girl, il film diretto da Jeff Baena uscito su Netflix a febbraio, è brutto. Bisogna dire quanto è brutto. Gli elementi per farne un “normale” prodotto della corrente indie americana, più precisamente del mumblecore, c’erano anche tutti (tra i primi, la presentazione al Sundance Film Festival e il fatto che i produttori esecutivi siano i fratelli Duplass), ma a un certo punto sono diventati troppi. Il film racconta la storia di Sarah, una ragazza molto solitaria che lavora in un negozio di hobbistica, ossessionata da una serie tv, Purgatory, che mischia C.S.I. a magia nera e dal suo ex cavallo, Willow, che è stato ceduto a un nuovo proprietario, e che lei visita quotidianamente. A qualche minuto dalle prime immagini, veniamo a conoscenza che sua madre si è tolta la vita per un crollo emotivo in un imprecisato momento storico, e che è sepolta nel cimitero della città senza che vi sia nemmeno una lapide come segno di riconoscimento.

Alison Brie in “Horse Girl”, da febbraio su Netflix

La giornata di Sarah procede, il film con lei: ha difficoltà a relazionarsi con le altre corsiste di Zumba, vive insieme a una coinquilina bellissima e popolarissima e ha qualche impercettibile problema di sonnambulismo che la fa bloccare faccia al muro in cucina nel pieno della notte, o risvegliare in posti casuali. Ha sogni premonitori in cui vede persone che incontrerà presto, fino a credere di essere regolarmente rapita dagli alieni, di essere un clone di sua nonna che non ha mai conosciuto ma di cui ha recuperato una fotografia. Di essere, in realtà, proprio sua nonna, bloccata in un ciclo temporale in cui ha momentaneamente perso la memoria e di dover aspettare che quelle strane figure nere che vede nei suoi sogni la riportino nel periodo temporale corretto. Così che presto iniziamo a renderci conto che, forse, magari, a guardare bene, Sarah potrebbe avere alcuni piccoli problemi mentali. E probabilmente anche noi, visto che continuiamo a osservare questo zibaldone di risatine, elementi thriller, fantasy e horror come se avessimo assunto mescalina, assuefatti da Horse Girl in una sorta di nuova versione non riconosciuta della sindrome di Stoccolma. Talmente brutto che Adam Driver e Scarlett Johansson pur di non rivederlo sono tornati insieme. Che invece di proporti qualcosa d’altro alla fine del film, l’algoritmo di Netflix ti chiede se piuttosto non preferisci costituirti.

Va detto che Baena, che ha anche scritto la sceneggiatura, ci ha sempre turbato, dalla love story zombie Life After Beth – L’amore ad ogni costo a quel brutto adattamento del Decameron di Boccaccio, The Little Hours. Per lo storyboard si è fatto aiutare dalla stessa interprete Alison Brie, già Trudy Campbell in Mad Men e Ruth Wilder in Glow, che ha dichiarato di essersi ispirata per la sceneggiatura ad alcuni episodi di schizofrenia vissuti in famiglia. Certo, qualcuno a scadenza mensile dovrebbe ricordare agli sceneggiatori di Hollywood che voler per forza occuparsi di ogni cosa potrebbe ritorcersi contro. E infatti, nonostante come dichiarato dal Guardian e dal New York Times l’interpretazione maniacale della Brie sia l’unico vero motivo per continuare a guardare il film, l’impressione che Horse Girl genera è quella di qualcosa che nasce da un delirio di onnipotenza autoriale, finendo così per dare una connotazione ridicola a un film che vorrebbe tematizzare la psicosi, la depressione e la disattenzione con cui vengono trattate.

Perché da metà pellicola in poi di Sarah, purtroppo, non si può far altro che ridere. Soprattutto nella seconda parte del film dove, dopo aver incontrato un ragazzo con cui sembra condividere l’interesse per il paranormale, inizia la propria discesa nel delirio più totale, entrando e uscendo da un ospedale psichiatrico e, nella sequenza che vale probabilmente l’intero film, costruendosi una tutina da ninja rosa alla Raffaella Carrà sulla copertina di “Rumore”. Horse Girl è un’occasione persa per affrontare il tema della malattia mentale, un tripudio di zoom da televisione regionale, un gigantesco equivoco e compendio di dialoghi imbarazzanti sin dalle prime scene: «Che buona l’acqua!», «Si è vero, grazie». Eppure abbiamo continuato a guardarlo. E adesso vorremmo solo fare come cantava la Raffa, tornare indietro nel tempo.

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