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Perché su Google Earth le immagini di Israele e di Gaza sono sfocate

Anche su Google Maps la risoluzione è bassissima, differentemente da quanto accade negli altri Paesi, rendendo impossibile utilizzare queste piattaforme a scopo informativo.

di Studio

Uno screen da Google Earth su Gaza, che mostra quanto si ottiene cercando di recuperare immagini più ravvicinate dai luoghi degli scontri

Lunga 40 chilometri e larga dai sette ai quindici, la Striscia di Gaza è una porzione di territorio palestinese che, con i suoi quasi due milioni di abitanti in appena 360 chilometri quadrati risulta essere tra i luoghi più densamente popolati del pianeta. Proprio adesso, in cui servirsi di qualsiasi tipo di informazione pubblicamente disponibile in relazione a quanto vi sta accadendo è necessario, tra dati cartografici, immagini open source, e tutto ciò che serve per individuare gli attacchi e documentare la situazione, ottenere immagini satellitari ad alta risoluzione (vitali per la segnalazione dei conflitti e dei luoghi d’impatto), sia di Gaza che di Israele, sembra impossibile. Su Google Earth, atlante contemporaneo e piattaforma più utilizzata per reperirle, entrambe, infatti, risultano sfocate. Tanto che l’immagine più recente e più a fuoco delle zone risale al 2016 su Google Earth, mentre su Google Maps usando “Streetview” appaiono immagini risalenti al 2014. Una situazione paradossale se, come ha evidenziato la Bbc che ha provato a spiegarne le ragioni, di un luogo semi-inviolabile come Pyongyang, in Corea del Nord, è possibile persino riuscire a distinguere auto e persone.

Il motivo risiederebbe in una restrizione operata dagli Stati Uniti. Fino all’anno scorso, infatti, il governo americano aveva posto una restrizione alla qualità delle immagini satellitari da Israele e dai territori palestinesi che le società americane avrebbero potuto fornire. Una limitazione contenuta nell’emendamento Kyl-Bingaman (KBA) risalente al 1997, a sostegno della sicurezza israeliana (si tratta di una questione che ha a che fare con gli accordi bilaterali tra Stati Uniti e Israele, considerato alleato strategico). Stando a quanto predispone la KBA, i fornitori di immagini satellitari statunitensi (Google Maps come Google Earth, che è la sua versione più sofisticata, segue le condizioni di licenza del colosso americano Google) potevano offrire esclusivamente immagini a bassa risoluzione (massimo 2 metri per pixel). La legge menzionava solo Israele, ma era applicata anche ai Territori palestinesi.

Certo, dal 1997 è passato del tempo, così tanto che una volta che i fornitori di immagini satellitari non americani, come la società francese Airbus, sono stati in grado di offrire immagini a una risoluzione più elevata, gli Stati Uniti sono stati ovviamente sottoposti a crescenti pressioni per porre fine alle restrizioni: ma anche se nel luglio del 2020 il KBA è stato definitivamente abbandonato (ora le aziende americane possono fornire immagini di qualità molto più elevata della regione, considerando che ogni pixel può ora essere piccolo fino a 40 cm per pixel, in modo che gli oggetti delle dimensioni di un’auto o anche di persona possano essere visibili), Gaza e Israele risultano comunque ancora sfocate.

Adesso sembrerebbe essere una questione di aggiornamento. Secondo la Bbc, che ha interrogato Google e Apple (le cui app dedicate alla localizzazione mostrano anche immagini satellitari) sulla questione, entrambe “ci starebbero lavorando”. Se Apple starebbe infatti «per aggiornare in tempi brevi le sue mappe a una risoluzione più alta di 40 cm», Google invece ne starebbe aspettando la disponibilità, (ha aggiunto di «non voler condividere ulteriori informazioni» con la testata). Va ricordato infatti che le piattaforme geografiche pubbliche, come Google Earth e Apple Maps, si affidano a società che possiedono satelliti per fornire immagini, e al momento, le uniche che le stanno rendendo disponibili, di Gaza e di Israele ad alta risoluzione, sono solo a pagamento, come Maxar e Planet Labs, già utilissima nel 2017 per documentare la distruzione dei villaggi Rohingya da parte dei militari in Myanmar.

A proposito di aggiornamento, un caso simile aveva coinvolto sempre Google Maps nel 2016, quando secondo alcuni media internazionali, previa diffusione della notizia da parte di un gruppo di giornalisti di Gaza (il Forum of Palestinians Journalists), la piattaforma aveva rimosso il nome “Palestina” dallo stato palestinese, ipotizzando si trattasse di una scelta oscura e deliberata. In realtà, come aveva spiegato Il Post, l’etichetta “Palestina” semplicemente non era mai esistita, e l’equivoco era nato dalla cancellazione delle etichette di “Cisgiordania” e “Striscia di Gaza” a causa di un bug di cui Google, aveva dichiarato, si stava già occupando. A distanza di quattro anni, la questione già delicatissima tra Israele e Palestina non riguarda più solo quella che è considerata la disputa territoriale anche cartografica più famosa al mondo, riguarda una crisi che non si è mai chiusa ma che possiamo ancora comprendere proprio grazie alle mappe, essenziali, con cui individuare l’entità del disastro.