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13:48 giovedì 6 novembre 2025
Nella vittoria di Mamdani un ruolo importante lo hanno avuto anche i font e i colori della sua campagna elettorale Dal giallo taxi alle locandine alla Bollywood, il neo sindaco di New York ha fatto un uso del design diverso da quello che se ne fa di solito in politica.
Il nuovo album di Rosalía non è ancora uscito ma le recensioni dicono che è già un classico Anticipato dal singolo e dal video di "Berghain", Lux uscirà il 7 novembre. Per la critica è il disco che trasforma Rosalia da popstar in artista d’avanguardia.
La nuova serie di Ryan Murphy con Kim Kardashian che fa l’avvocata è stata demolita da tutta la critica All’s Fair centra lo 0 per cento su Rotten Tomatoes, in tutte le recensioni si usano parole come terribile e catastrofe.
Un giornalista italiano è stato licenziato per una domanda su Israele fatta alla Commissione europea Gabriele Nunziati ha chiesto se Israele dovesse pagare la ricostruzione di Gaza come la Russia quella dell'Ucraina. L'agenzia Nova lo ha licenziato.
Lo Studio Ghibli ha intimato a OpenAI di smetterla di usare l’intelligenza artificiale per creare brutte copie dei suoi film Assieme ad altre aziende dell'intrattenimento giapponese, lo Studio ha inviato una lettera a OpenAI in cui accusa quest'ultima di violare il diritto d'autore.
Nel suo discorso dopo la vittoria alle elezioni, il neosindaco di New York Zohran Mamdani ha sfidato Donald Trump Nelle prime dichiarazioni pubbliche e social, il neosindaco ha anche ribadito la promessa di ridisegnare NY a misura di migranti e lavoratori.
Ogni volta che va a New York, Karl Ove Knausgård ha un carissimo amico che gli fa da cicerone: Jeremy Strong E viceversa: tutte le volte che l'attore si trova a passare da Copenaghen, passa la serata assieme allo scrittore.
È uscito il trailer di Blossoms Shanghai, la prima serie tv di Wong Kar-wai che arriva dopo dodici anni di silenzio del regista Negli Usa la serie uscirà il 24 novembre su Criterion Channel, in Italia sappiamo che verrà distribuita su Mubi ma una data ufficiale ancora non c'è.

Cos’ha detto Gisèle Pelicot nella testimonianza al suo processo

23 Ottobre 2024

«Lo stupratore non è qualcuno incontrato un parcheggio a tarda notte. Uno stupratore può essere anche in famiglia, tra i nostri amici». La testimonianza di Gisèle Pelicot, 71 anni, non è una testimonianza comune, non solo perché è molto difficile, anche per i più esperti di cronaca nera e giudiziaria, farsi venire in mente un caso simile, ma anche perché sta cambiando il modo in cui si parla di violenza sessuale. Già a settembre Pelicot avevo testimoniato al tribunale di Avignone contro i 51 uomini imputati con l’accusa di averla stuprata a sua insaputa con la complicità del suo ex marito Dominique Pelicot, un’assurda violenza andata avanti per 10 anni. Come abbiamo appreso, l’uomo le somministrava di nascosto dei farmaci per consentire agli uomini contattati online di entrare in casa e abusare di lei mentre era in uno stato di incoscienza. In quel caso la donna aveva raccontato di come aveva scoperto degli stupri e della sua relazione con l’ex marito, con cui era sposata da cinquant’anni.

Oggi, mercoledì 23 ottobre, Pelicot ha rilasciato una nuova testimonianza definendosi «una donna totalmente distrutta», e confermando la sua determinazione di parlare e raccontare pubblicamente tutto quello che ha passato per «cambiare la società». «Voglio che tutte le donne vittime di stupro – non solo quando sono state drogate, lo stupro esiste a tutti i livelli – dicano: la signora Pelicot l’ha fatto, possiamo farlo anche noi. Quando vieni stuprata provi vergogna, e non spetta a noi provare vergogna, spetta a loro».

Gisèle Pelicot ha continuato la sua testimonianza (qui la versione completa) rilasciando nuovi dettagli sull’orribile storia di cui è protagonista: «Avevo due cassetti pieni di biancheria, conoscevo bene la mia biancheria intima. Prediligevo il bianco e l’arancione, avevo calze bianche, avevo collant neri. La biancheria nei video non è la mia. Quella che ho visto nei video non mi appartiene, la teneva nascosta da qualche parte ma io non lo sapevo».

Si è perfino interrogata sul possibile motivo per cui il marito abbia deciso di creare un sistema del genere, portandolo avanti per 10 anni: «Ho pensato che forse non si è mai ripreso dal fatto che io avessi incontrato qualcuno nella mia vita. Mi sono spesso sentita responsabile. Ho pensato: non era forse vendetta, perché aveva sofferto così tanto per quella relazione? Ma ne avevamo parlato. Anche lui aveva avuto delle relazioni».  A un certo punto Gisèle Pelicot ha voluto rivolgersi direttamente al lui, chiamandolo Dominique, dicendo però che non voleva guardarlo: «Tante volte, mi sono detta che ero fortunata ad averti al mio fianco». Il marito si è infatti preso cura di lei per anni mentre soffriva problemi neurologici dei quali però non riusciva a ricevere una diagnosi precisa: era lui ad accompagnarla dal neurologo e dal ginecologo, era lui a starle vicino e a rassicurarla. Ma ora sappiamo che quei “problemi neurologici” erano interamente provocati dai farmaci che le somministrava di nascosto.

«Preparava molti pasti. Lo vedevo come una persona attenta. Una sera era venuto a prendermi alla stazione di Avignone dopo 10 giorni con i miei nipoti. Aveva già preparato il pasto: purè di patate. Due piatti erano già nel forno. A me le patate piacciono con l’olio d’oliva e a lui con il burro, quindi era facile capire quale piatto era il suo e quale il mio. Avevamo bevuto un bicchiere di vino bianco insieme. Non ho mai trovato niente di strano nelle mie patate. Spesso quando c’era una partita di calcio in tv, gliela lasciavo guardare da solo. Mi aveva portato il gelato a letto, il mio gusto preferito, lampone. E avevo pensato: “Quanto sono fortunata, è proprio un amore”». Pelicot parlerà ancora nelle fasi finali del processo, che durerà fino al 20 dicembre.

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