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Nelle recensioni di Pitchfork verranno aggiunti il voto dei lettori accanto a quello del critico E verrà aggiunta anche una sezione commenti, disponibile non solo per le nuove recensioni ma anche per tutte le 30 mila già pubblicate.
Trump ci tiene così tanto a costruire un’enorme sala da ballo alla Casa Bianca che per farlo ha abbattuto tutta l’ala est, speso 300 milioni e forse violato anche la legge Una sala da ballo che sarà grande 8.361 e, secondo Trump, assolverà a un funzione assolutamente essenziale per la Casa Bianca.
L’episodio di una serie con la più alta valutazione di sempre su Imdb non è più “Ozymandias” di Breaking Bad ma uno stream di Fortnite fatto da IShowSpeed Sulla piattaforma adesso ci sono solo due episodi da 10/10: "Ozymandias" e “Early Stream!”, che però è primo in classifica perché ha ricevuto più voti.
Sono passati 26 anni dai Soprano e finalmente David Chase si è deciso a fare una nuova serie tv Racconterà la storia del famigerato programma MKUltra della Cia, una serie di angoscianti esperimenti sugli esseri umani per ottenere il "controllo della mente".
A Los Angeles hanno organizzato una proiezione di Bugonia solo per persone pelate o disposte a farsi rasare a zero prima di entrare È anche una maniera per sentirsi vicini a Emma Stone, che per la sua interpretazione nel film ha deciso anche lei di rasarsi a zero.
ATM ha messo online l’archivio delle sue vecchie campagne e sono bellissime I manifesti, i depliant e le locandine di Azienda Trasporti Milanesi riflettono l’evoluzione del costume e della società milanese.
Anche quest’anno, il solito Tommaso Debenedetti ha diffuso la solita fake news sull’improvvisa morte del vincitore del Nobel per la Letteratura L'autodefinitosi «campione italiano della menzogna» prosegue così la sua lunga striscia di bufale a tema letterario, stavolta la vittima è László Krasznahorkai.
ChatGPT ha lanciato il suo browser con il quale vuole fare concorrenza a Google Chrome Si chiama Atlas, integra l’AI sin dalla barra di ricerca e aspira a insidiare il primato del web browser più utilizzato al mondo di Chrome.

Rileggere Federigo Tozzi, l’ultimo snobbato della letteratura italiana

La nuova edizione dei Giovani è l'occasione per riscoprire uno scrittore che non è mai stato di moda e un genere letterario, il racconto, ancora molto sottovalutato in Italia.

08 Novembre 2023

La riedizione di Giovani di Federigo Tozzi per Quodlibet conferma una delle poche certezze della nostra letteratura, ovvero che la forma migliore in cui questa si manifesta, a dispetto delle quantità di autofiction e romanzi di formazione, è la forma breve. Lo abbiamo imparato da Italo Calvino, le cui lezioni americane ci sono state propinate in ogni modo durante la celebrazione del centenario: sui social è stato un continuo e nostalgico postare le sue profezie sulla frenesia dei tempi futuri, sull’importanza della memoria, buona abitudine sarebbe ricordare poesie a mente, (vallo a proporre a una classe di tredicenni…). E mentre per quest’ultimo si sono mobilitati tutti, dai musei nazionali all’anonimo bibliotecario di periferia, mostre e rassegne a profusione, Tozzi rinfocola ormai un prestigioso e variegato canone: quello dei marginali. Se per il corrispondente femminile, molto più colpevolmente corposo, esiste una speranza, come le entusiaste riscoperte di autrici purtroppo dimenticate (Ramondino, Cialente, Lonzi) mai citate in nessuna antologia o libro di testo – intanto esiste un podcast dal titolo Mis(S)conosciute che si pone l’obiettivo di tirar fuori dal dimenticatoio le scrittrici del nostro secondo Novecento – per alcuni uomini di inizio secolo, sepolti dalla mortale istituzionalizzazione, non c’è molto da fare.

Chiunque al liceo abbia studiato dal Luperini – il più grande esperto e presidente del Comitato scientifico per l’edizione nazionale dell’opera omnia di Tozzi – ricorderà i moderni concetti di straniamento, allegoria vuota – declinabili un po’ a caso – o si limiterà a riconoscere nell’autore di Ricordi di un impiegato la fine del Verismo, quella soglia tra i due secoli, Tozzi come autore da ripassare brevemente, tanto il prof non lo chiede mai. Sarà la concorrenza di temi – il difficile rapporto con il padre in Con gli occhi chiusi diventerà poi dominio kafkiano, Lettera al padre è di sicuro titolo più vincente – la frammentarietà dell’opera, le ambientazioni troppo provinciali, sta di fatto che Tozzi viene dimenticato colpevolmente troppo spesso.

Non ha avuto, del resto, grandi divulgatori. Nessuno scrittore lo ha preso a modello, pochissimi epigoni. I racconti poi in Italia non si leggono. Siamo tutti d’accordo nel dire che sono la forma migliore, adatta ai nostri tempi distratti, che errore innaturale ignorarli, e alla fine nessuno li legge comunque. A parte rare eccezioni: come il successo editoriale di Raymond Carver, che tanti danni ha fatto agli aspiranti scrittori, soprattutto italiani, degli anni Duemila. Ci siamo improvvisati tutti epigoni di uno stile secco, ellittico, ma ne sono venute fuori narrazioni poco autentiche, scrittori in posa. Ma non è che era meglio leggere Tozzi? Del resto, i racconti di questi due autori hanno molto in comune: al di là della massiccia presenza di alcolizzati, comune è lo straniamento a cui sottopongono il lettore. E le improvvise epifanie, che spesso si esprimono nell’apparizione improvvisa di animali. Il pavone che casca dal nulla sul cofano della macchina di Fran e Jack, il suo terrifico verso che per anni gli ricorderà il momento forse più intenso della loro vita matrimoniale nel racconto “Penne” non è così diverso dallo sguardo perso di un gatto, di una vipera che appare all’improvviso su un sentiero nelle prose brevi di Bestie, animali pronti a spezzare qualsiasi catena di senso umano. Ma questo tentativo di paragonare i racconti di Tozzi a Carver, che farebbe storcere il naso anche al più entusiasta comparatista, è in fondo una prova patetica di rendere mainstream un autore che forse si trova a suo agio solo nella marginalità.

Anche le antologie scolastiche lo snobbano. Quelle delle scuole medie, meno istituzionalizzate e più aperte alle metodologie americane, prediligono ancora tra gli italiani di inizio Novecento Pirandello e Svevo, a volte Gozzano. Forse perché tra gli scrittori europei che si confrontano con il male del secolo Tozzi è il più respingente, cinico, molto più kafkiano di Kafka, verrebbe da dire. Non gli interessa tracciare il malessere del suo tempo in labirinti angoscianti che il lettore può sadicamente decifrare come qualcosa lontano da sé, nessuna teoria della vita da schematizzare, ma preferisce raccontare i cocci di una realtà che ormai gli sfugge e il cui senso non interessa più a nessuno, nemmeno all’autore. A volte infila dal nulla, spesso a fine racconto, un dettaglio che mette il lettore in allarme, lo disorienta (è con l’ultima riga che nel racconto “La matta” ci svela che la povera fruttivendola maltrattata da tutti un tempo “era stata sposa”). Ma il racconto più angosciante e senza dubbio più bello di questa raccolta postuma è “Il morto in forno”. Storia di un barrocciaio che perde ogni bene, podere incluso, per via del troppo vino e si ritrova a dormire in un forno di notte, quando è spento ma ancora caldo. Una sorella che abita lontano viene a sapere della disgrazia, lo crede morto e dal nulla si mette in viaggio per cercare sue notizie. Arrivata al paese la gente si mette alla ricerca di Cecco, ma non si trova. Sta per farsi notte, la sorella ha paura di stare da sola, deve rientrare. A quel punto Cecco si sveglia e sbuca dal forno.

«Cecco c’è stata tua sorella». Egli al ricordarsi della sorella aveva un poco impallidito e basta. «Ora non c’è più è andata via con un calesse». Egli allora disse: «Perché non me l’avete detto prima?» «O dov’eri?» «Ho dormito da stamani dietro le case del paese». «Dite vero! O Madonna benedetta. Sicché siete stati a due passi di distanza e non vi siete visti?». Cecco, ubriaco dopo una serata in osteria, torna a dormire nel forno e non si accorge che è ancora troppo caldo. Muore soffocato dai fumi quella stessa notte. Sembra una sceneggiatura perfetta per un film dei fratelli d’Innocenzo. Ma Tozzi è respingente anche per il cinema. Pochissime le trasposizioni cinematografiche, a parte quella di Archibugi del 1994 che in ogni caso non piacque agli studiosi, si arrivò a parlare per il suo Con gli occhi chiusi come di un caso di “infilmabilità”.

Al di là dell’accademia, e nonostante un Meridiano, Tozzi non è mai stato di moda, come Carver, e difficilmente lo sarà. Chissà che questa nuova edizione, nell’elegante veste grafica della collana Storie di Quodlibet, donerà all’opera di Tozzi un’altra possibilità, sicuramente più esteticamente accettabile dei vecchi tascabili in circolazione, pronta a comparire in feed Instagram sorvegliatissimi e giusti, copie di Tozzi inquadrate su copriletti di lino, pronte per essere di nuovo amate da un pubblico nuovo, forse più interessato allo struggimento che allo straniamento, pronto a farsi devastare dai dolori dei giovani “malati di petto” che abitano questi racconti.

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