Cose che succedono | Design

L’ultimo progetto di Gaetano Pesce è una collezione di calzini

Il 2 aprile Ssense ha pubblicato una bella intervista a Gaetano Pesce firmata Max Lakin e accompagnata da una serie di fotografie scattate da David Brandon Geeting nel suo studio al Brooklyn Navy Yard. Titolo: “Gaetano Pesce pensa che i calzini possano essere arte”. Nell’intervista, «l’instancabile designer», come viene definito, parla dell’importanza dell’incoerenza e di quello che, purtroppo, possiamo dire oggi, resterà il suo ultimo progetto, una linea di calzini – ovviamente coloratissimi – realizzata in collaborazione con il brand Doublesoul. Si chiamano “Calzacuore“, sono disponibili in 3 colori (ocra, azzurro, rosa) e costano 35 dollari. Per lanciare la collezione il brand ha realizzato anche un video, pubblicato su Instagram proprio ieri.

 

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Gaetano Pesce è morto oggi, giovedì 4 aprile, nella sua casa di New York. Nato l’8 novembre del 1939 a La Spezia, aveva 84 anni. Oltre a essere stato uno dei più importanti designer italiani era anche scultore e architetto. Negli ultimi anni, grazie alla sua collaborazione con Matthieu Blazy, direttore creativo di Bottega Veneta, Pesce aveva consolidato il suo lungo e fruttuoso rapporto con la moda, prima firmando il meraviglioso set della sfilata spring-summer 2023 (che comprendeva uno dei suoi pavimenti in resina colata e 400 sedie uniche), poi creando un’installazione per la boutique in via Montenapoleone, una specie di grotta delle meraviglie che si chiamava Vieni a Vedere.

 

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L’intervista pubblicata da Ssense comincia così: «Sono le 2:30 di un martedì pomeriggio quando Gaetano Pesce mi offre un cappuccino, violando con disinvoltura un sacro principio della cultura italiana del caffè, così rigido nel suo assolutismo che semplicemente chiedere il latte dopo colazione conduce la maggior parte degli italiani al parossismo. Ma Pesce non ha mai aderito alle convenzioni». E continua riassumendo perfettamente la sua carriera: «Per più di 60 anni, il designer industriale e architetto nato a La Spieza (sic!) ha allegramente ignorato i gusti dominanti. Al loro posto ha suggerito una visione alternativa di come dovrebbero apparire le cose, spesso evocate da resine, schiume e poliuretani dai colori sgargianti, e che appaiono indisciplinate, in vari stadi di fusione, o congelamento, o nell’atto di entrare in uno stato della materia fino ad ora sconosciuto. Dichiarò guerra alle linee rette e non cedette mai, scavando invece un solco grondante e oleoso attraverso il modernismo, rifiutando i suoi tentativi di delimitare la vita in una forma ordinata. Pesce predilige il disordinato, il caotico e il delirante, che dopo tutto sono più coerenti con la vita vera».