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19:32 mercoledì 10 dicembre 2025
Si è scoperto che Oliver Sacks “ritoccò” alcuni casi clinici per rendere i suoi libri più appassionanti e comprensibili Un'inchiesta del New Yorker ha rivelato diverse aggiunte e modifiche fatte da Sacks ai veri casi clinici finiti poi nei suoi libri.
Lo 0,001 per cento più ricco della popolazione mondiale possiede la stessa ricchezza della metà più povera dell’umanità, dice un rapporto del World Inequality Lab Nella ricerca, a cui ha partecipato anche Thomas Piketty, si legge che le disuguaglianze sono ormai diventate una gravissima urgenza in tutto il mondo.
È morta Sophie Kinsella, l’autrice di I Love Shopping Aveva 55 anni e il suo ultimo libro, What Does It Feel Like?, era un romanzo semiautobiografico su una scrittrice che scopre di avere il cancro.
La Casa Bianca non userà più il font Calibri nei suoi documenti ufficiali perché è troppo woke E tornerà al caro, vecchio Times New Roman, identificato come il font della tradizione e dell'autorevolezza.
La magistratura americana ha pubblicato il video in cui si vede Luigi Mangione che viene arrestato al McDonald’s Il video è stato registrate dalle bodycam degli agenti ed è una delle prove più importanti nel processo a Mangione, sia per la difesa che per l'accusa.
David Byrne ha fatto una playlist di Natale per chi odia le canzoni di Natale Canzoni tristi, canzoni in spagnolo, canzoni su quanto il Natale sia noioso o deprimente: David Byrne in versione Grinch musicale.
Per impedire a Netflix di acquisire Warner Bros., Paramount ha chiesto aiuto ad Arabia Saudita, Qatar, Emirati Arabi e pure al genero di Trump Lo studio avrebbe chiesto aiuto a tutti, dal governo USA ai Paesi del Golfo, per lanciare la sua controfferta da 108 miliardi di dollari.
Sempre più persone si uniscono agli scream club, cioè dei gruppi in cui invece di andare dallo psicologo ci si mette a urlare in pubblico Nati negli Stati Uniti e arrivati adesso anche in Europa, a quanto pare sono un efficace (e soprattutto gratuito) strumento di gestione dello stress.

Fathers and sons

L'ultimo film della figlia di Michael Mann, Ami, e il talento cinematografico non sempre ereditario

20 Giugno 2012

Christian De Sica. Piaccia o non piaccia, l’attore fa parte della nostra formazione cinematografica. Conosco gente che passa la vita ad interessarsi di cinema d’autore, di cinema da festival, di cinema alto, che poi non si tiene davanti alle gag da cinepanettone di Christian De Sica e ride come un pargolo davanti al Drive In di ricciana memoria. D’altra parte conosco anche persone che ogni volta che vedono il nome di Christian De Sica comparire su un affiche cinematografica, cominciano a parlare sconosciute lingue antiche e a mulinare per aria asce bipenni. Innegabile però che il talento comico, l’estro, il genio e la battuta fulminante sia un affare di famiglia. Non ci credete? Uomini di poca fede. Sentite cos’ha detto tempo fa Maria Mercader, mamma del nostro Christian e moglie dell’intoccabile Vittorio sull’esordio su grande schermo del nipote Brando: “Bene! Si sa che il talento salta una generazione”. Battuta assolutamente straordinaria, rivelatasi poi sfortunatamente non vera, ma che ci permette di fare un riflessione sul rapporto padre e figlio nel mondo del cinema.

Mentre scriviamo, nelle nostre scale cinematografiche è arrivato il film Le Paludi della Morte, thriller ambientato nelle bayous texane con un cast di primissimo ordine composto da Sam Worthington, Jeffrey Dean Morgan e le irrinunciabili Jessica Chastain e Chloë Grace Moretz. La pellicola, presentata durante l’ultimo Festival del Cinema di Venezia, ha però una regista dal nome altisonante (oltre che bizzarro): Ami Canaan Mann. Parliamo proprio della figlia del grande Michael Mann, regista di capolavori come AlìHeat – La SfidaThe Insider e produttore della serie Miami Vice. La figlia, dopo aver esordito alla regia sul piccolo schermo con alcuni episodi di Friday Night Lights (serie tv dell’amico del padre Peter Berg), decide di fare il grande passo con questo suo Le Paludi della Morte. La cosa interessante è come, dato anche il genere cinematografico scelto dalla figlia, in molti siano andati in sala aspettandosi di vedere un film “in stile” Michael Mann, come se il talento cinematografico possa passare da padre a figlia per via ereditaria. Ora che abbiamo visto il film possiamo dire che, pur essendo un thriller più che gradevole, Ami Mann non possiede evidentemente l’estro paterno. Certo, il problema (come quasi sempre quando si parla di cinema) è più negli occhi di chi guarda: probabile che Ami Mann non si sia approcciata al film pensando di omaggiare o prendere le redini del cinema paterno. Anzi, è altamente probabile che la ragazza si sia sentita anche sotto esame e abbia deciso di allontanarsi il più possibile da scomodi paragoni, girando il suo film.

L’idea che il talento sia del tutto ereditario, in ambito cinematografico, è spesso un’arma a doppio taglio. L’ultimo Festival di Cannes ci fornisce un ottimo esempio. Come sappiamo tra i registi in concorso c’era David Cronenberg che ha portato alla Croisette il suoCosmopolis. Dall’altra parte, per l’esattezza nella sezione Un Certain Regard, c’era il giovane Brandon Cronenberg, figlio di David, in gara con il suo esordio sulla lunga distanza, Antiviral. Chi ha avuto la fortuna di vedere il film in questione non ha potuto fare a meno di notare come il cinema del figlio sia in qualche modo emanazione del cinema paterno delle origini. In questo caso, a differenza di quanto accaduto con la famiglia Mann, è successo qualcosa di diverso. Mentre David Cronenberg sembra ormai deciso nel suo prendere le distanze dalle mutazioni della carne per sondare quelle più intellettuali del pensiero e del cervello, il figlio Brandon esordisce continuando proprio il discorso interrotto dal padre. La questione dunque è: vogliamo immaginare un’eredità filosofica, di pensiero, tra padre e figlio che porta quest’ultimo a riflettere sulle stesse ossessioni che animavano il padre anni fa? O preferiamo pensare che il giovane Brandon giochi a fare film alla Cronenberg? Certo, senza vedere il film in questione non è possibile essere così colpevolisti, ma è anche normale pensare che dietro alla scelta di chi sceglie di seguire le ingombranti orme del padre possa esserci un po’ di furbizia. Se un giorno la distribuzione italiana avrà l’ardire di distribuire Antiviral potremmo rispondere a questa domanda, ma nel frattempo non ci resta altro da fare che attendere.

Ci sono ancora due esempi che vogliamo portare alla vostra attenzione. Il primo è quello che lega Francis Ford Coppola e Sofia. La figlia del regista di Apocalypse Now esordisce, dopo solo due corti, con il bel Il Giardino della Vergini Sucide nel 1999. Fin da subito la ragazza sembra volersi staccare dal trappolone del legame famigliare, realizzando un film distante da quello che è stato il lavoro paterno e mettendo subito in chiaro una sua precisa poetica. Certo, a ormai più di un decennio di distanza e altre tre pellicole realizzate, sembrano essere più i detrattori del cinema della Coppola piuttosto che i sostenitori, ma è innegabile che Sofia abbia trovata una sua via di esprimersi talmente personale tale da allontanare il più possibile gli scomodi paragoni con il padre. Gli ultimi due nomi che vogliamo tirare in ballo sono Ivan Reitman e Jason Reitman. Anche in questo caso ci sembra che tra il regista di Ghostbusters – Acchiappafantasmi e quello di Juno Tra le Nuvole non ci sia nessun tipo di “filiazione”. Il giovane Jason Reitman, pur godendo della produzione paterna, sembra voler intraprendere una sua strada personale molto più intimista e legata alla new comedy statunitense piuttosto che quella già percorsa dal padre. Anzi, a giudicare dall’ultimo film del padre Ivan, Amici, Amanti e…, sembra proprio lui ora ad essere interessato a seguire le orme del figlio. Una piccola ma importante rivoluzione.


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