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È uscita una raccolta di racconti inediti di Harper Lee scoperti nella sua casa di New York dopo la morte Si intitola La terra del dolce domani e in Italia l'ha pubblicata Feltrinelli.
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I trafficanti di Captagon, l’anfetamina siriana, si stanno rivelando un grave problema per il nuovo governo siriano In questi giorni le autorità hanno sequestrato 12 milioni di pasticche, la più grande operazione di questo tipo dalla caduta del regime di Assad.
In carcere Sarkozy verrà messo in isolamento per evitare che gli altri detenuti si facciano i selfie con lui L'amministrazione della prigione di La Santé di Parigi ha preso questa decisione per proteggere il Presidente dal suo "fandom" carcerario.
La prima serie tv tratta dal Signore delle mosche l’ha realizzata Jack Thorne, il creatore di Adolescence Con la consulenza degli eredi di William Golding, per garantire la massima fedeltà della serie, prodotta da Bbc, ai temi e alle atmosfere del romanzo.
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Il nuovo horror che piace alla critica

Hereditary: Le Origini del Male, nelle sale dal 25 luglio, è soltanto l'ultimo di una serie di film che stanno rinnovando il cinema di genere.

26 Luglio 2018

Il 25 luglio è arrivato nelle sale Hereditary: Le Origini del Male, il film horror scritto e diretto da Ari Aster. Sulla stampa italiana non se ne è parlato molto, ma da gennaio, cioè da quando è stato presentato in anteprima al Sundance, Hereditary anima un dibattito che contrappone la critica, che lo ha esaltato, agli appassionati di horror. Questi ultimi non hanno apprezzato che Aster si sia concentrato così tanto sui rapporti tra i personaggi. Gli aspetti soprannaturali e spaventosi della trama si accompagnano alla rappresentazione di una famiglia disfunzionale: Anne, la madre, partecipa segretamente a sedute di psicoterapia di gruppo, Peter, il figlio più grande, fuma marijuana per evadere dalla realtà, Charlie, la figlia piccola, scarabocchia ossessivamente su un block notes. «Dal primo all’ultimo frame, Hereditary infonde in noi il suo senso di gravità. È un Film Importante che tratta Argomenti Importanti – scrive uno dei pochi giornalisti scontenti su The Hollywood Reporter – ma “importante”, ovviamente, è la parola sbagliata. La parola giusta è “elevato”, un nome in codice che usano i registi, e la stampa ripete come un pappagallo, per giustificare se stessi dopo averci negato i piaceri che per primi rendono un film di genere degno di visione». Tono dispregiativo a parte, il critico dell’Hollywood va dritto al punto del discorso. Nonostante si definisca innanzitutto per la sua capacità di suscitare riprovazione o spavento negli spettatori, un gruppo di film ha regalato all’horror nuove ambizioni: da qui il termine “horror elevato” (dall’inglese “elevated”), che allude a una elevazione dello spessore di questo tipo di film.

La definizione compare per la prima volta in un forum all’inizio del 2010, quindi viene riproposta nello stesso anno da Simon Oakes, l’amministratore delegato della Hammer, per restituire il senso di alcuni film hitchcockiani prodotti dalla casa britannica. Le ricerche si fanno più frequenti dal 2014. A maggio di quello stesso anno, esce al cinema Babadook, l’horror di produzione australiana diretto da Jennifer Kent, che ricorda molto da vicino Hereditary. Come Aster, la Kent si addentra nella psicologia dei componenti di una famiglia: Babadook compare ad Amelia dopo la morte del marito in un incidente stradale, ed è chiaramente la proiezione di un malessere legato al lutto. Il 2016 è l’anno di The Witch di Robert Eggers, la storia di una famiglia di coloni puritani che fonda un piccolo insediamento vicino a un bosco stregato. The Witch viene subito indicato come un esempio di questo sottogenere “alto”. Gli fanno compagnia It Follows (arrivato nel 2016 in Italia) di Robert Mitchell, in cui la solitudine adolescenziale prende corpo in un’entità minacciosa in grado di cambiare aspetto, e Get Out, il film del 2017 di Jordan Peele, in cui i pregiudizi razziali sono la base che innesca la trama horror. Al gruppo vanno aggiunti appunto Hereditary e il recente A Quiet Place, di John Krasinski.

Un primo aspetto unificante sembra essere la cura formale. Chi ha visto The Witch o It Follows avrà notato con quanta attenzione siano stati messi in scena. Nel secondo, in particolare, siamo davanti a un “retropresente” in cui il look dei protagonisti e alcuni oggetti ci rimandano agli anni Ottanta nonostante la storia sia ambientata in un un sobborgo della Detroit odierna (ci sono i touch screen). L’effetto generale è amplificato dalla colonna sonora di Disasterpeace, esponente dell’elettronica “chiptune”, che fa uso dei suoni prodotti da console a 16 bit e vecchi computer.

In A Quiet Place il pericolo, invece, è rappresentato dal suono, che attira creature cieche con un udito molto sviluppato. L’espediente narrativo è l’occasione per Krasinski di immergere le scene nel silenzio, infondendogli un tono sospeso da film d’essai. L’assenza di parole riflette anche i problemi di comunicazione tra due dei protagonisti, padre e figlia. Appunto: un’altra caratteristica che accomuna questi lavori è l’attenzione che gli autori riservano a famiglie che sono tutto l’opposto di un porto sicuro, oppure ad ansie e paure individuali. Con Get Out, invece, siamo dalle parti dell’analisi  delle contraddizioni dell’America obamiana. Non cambia molto: è chiaro l’intento di rendere il film più pregiato e profondo dal punto di vista dei contenuti. Un elemento non trascurabile risale alle origini del termine, che è stato promosso dagli addetti ai lavori, come se fosse un modo di pubblicizzare un certo tipo di prodotti. Come si è detto, il capo della Hammer è stato tra i primi ad aver tirato una linea di separazione dall’horror comune, facendo riferimento al gergo dei dipendenti dell’azienda, che utilizzavano la qualifica di “elevated”. John Krasinski ha usato le stesse parole per descrivere A Quiet Place; un po’ come Ari Aster e Jordan Peele, che nelle interviste giocano con definizioni che tradiscono il tentativo di esaltare le qualità artistiche delle proprie opere: Hereditary è stato definito una “tragedia familiare” dal proprio creatore, Get Out un “thriller sociale”.

Si diceva delle polemiche che hanno accompagnato Hereditary. Esistono altre ragioni di biasimo nei confronti di quello che vuole essere un sigillo di qualità. «Il problema è che accezioni come “elevato” implicano che gli altri horror siano intrinsecamente inferiori, quindi è facile capire perché gli appassionati siano irritati», scrive Nicholas Barber sul sito della Bbc. Gli fa eco Jacob Knight di Slashfilm, quando dice che chi utilizza la parola “elevato” non conosce la storia del cinema. Ed effettivamente le origini dell’horror risalgono a quando la settima arte era un magma senza forma. Nosferatu il vampiro, il proto-horror girato negli anni Venti da Murnau, trova in Dracula la metafora del male universale che scatenò la Prima guerra mondiale. Questo per dire che è vero, l’horror nasce con ambizioni elevate, aspirazioni che coltiverà nel tempo sia sul versante della critica sociale (La Notte dei Morti Viventi, L’ultima Casa a Sinistra, Essi Vivono, Candyman), sia sul versante psicologico e familiare (Rosemary’s Baby, Shining, L’Esorcista, The Descent).

D’altra parte il fatto stesso che se ne discuta tanto, è un segnale che la voce “horror elevato” fa effettivamente riferimento a qualcosa di inedito. Babadook, The Witch, It Follows, Get Out, A Quiet Place (Hereditary lo vedremo nei prossimi giorni) sono opere meravigliose: il disappunto di alcuni fan nasce da un’idea preconcetta di genere, nonostante sia storicamente provato che le convenzioni cinematografiche siano destinate a cambiare insieme alla società, ai mezzi tecnici, al sistema produttivo. E non è un caso che per la prima volta l’horror trovi spazio nelle cerimonie di premiazione più rinomate e istituzionali. Get Out è stato il primo nel suo genere ad aver vinto un Oscar per la sceneggiatura originale, e l’interpretazione di Toni Collette in Hereditary viene considerata meritevole di una candidatura.

Forse tra dieci anni nessuno parlerà più di horror elevato, e i film qui ricordati saranno citati come esempi di una stagione particolarmente felice. Potrebbe anche succedere il contrario: John Krasinski ha detto di essersi ispirato ai classici come Lo Squalo, ma anche ai nuovi The Witch, Get Out, Babadook (ha anche ricordato il bellissimo Lasciami entrare), proprio come se rappresentassero un filone a parte, un corpo di opere dalle quali altri autori potranno prendere spunto. I criteri di valutazione dell’Academy possono essere condivisibili o meno: ciò non toglie che se l’horror entra a far parte dei giochi, i produttori incoraggeranno le aspirazioni artistiche dei registi, sperando di entrare nella cinquina delle nomination. Perfino i fan dell’orrore sporco e amatoriale, che temono una “lucidatura” del proprio genere preferito, potrebbero trovare pane per i loro denti: non è escluso che il successo di questo sottogenere genererà una produzione “di rimando”, destinata alle fette di pubblico che sono uscite dal nuovo target e che si qualificherà come…“degraded”? Quello che conta è che l’horror sta vivendo una stagione d’oro: e questo fa bene al pubblico (tutto) e naturalmente al cinema.

In evidenza: Hereditary
Nel testo:  The Witch, A Quiet Place, Get Out
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