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È morto Claudio Coccoluto, il dj italiano più conosciuto nel mondo

«Se ne va il maestro più grande e l’amico di sempre. Ha dato cultura alla musica nei club come dj e artista fuori dal coro. Sempre pronto a metterci la faccia con i media sia per gli aspetti gioiosi sia per i problemi del nostro settore. Con lui se ne va una parte di me», è l’omaggio dell’amico e socio Giancarlo Battafarano, in arte Giancarlino, insieme al quale aveva fondato il club Goa di Roma. Il dj Claudio Coccoluto è morto all’alba di martedì 2 marzo nella sua casa di Cassino, dove abitava con la moglie e due figli, Gianmaria e Gaia. Aveva solo 59 anni. Coccoluto era considerato un maestro della consolle a livello nazionale e internazionale. Durante il lockdown ha cercato di scuotere l’opinione pubblica sulle difficoltà del suo settore: «Chi fa clubbing è un volano culturale per i movimenti giovanili, finora l’approccio delle istituzioni è stato riduttivo», aveva detto nel maggio 2020 al Corriere. Ha suonato fino alla fine: il 21 dicembre l’ultimo dj set in streaming su Facebook.

Originario di Gaeta, in provincia di Latina, Coccoluto inizia ad appassionarsi di giradischi nel negozio di elettrodomestici del padre a Lungomare Caboto. Ha 13 anni e a colpirlo particolarmente è la musica di Raffaella Carrà. La sua carriera prende il via dalla radio locale Radio Andromeda (prima emittende privata a Gaeta), dove comincia a fare lo speaker nel ’78. Negli anni Ottanta Marco Trani (altro virtuoso dei piatti, scomparso prematuramente a 53 anni) lo chiama per sostituire Corrado Rizzo alla consolle. È sui piatti che Coccoluto trova il suo posto nel mondo, diventando un dj creativo e originale, un mito di quella che lui stesso definisce “elettronica underground”.

Negli anni ’90 fonda con Francesco Furiello e Tina Lepre gli Angels of Love, che dallo Zen di Sperlonga si spostano a Napoli. «Francesco arrivava da Londra e aveva partecipato a tantissimi happening e si portava dietro un’esperienza da cliente, con lui Tina e Maurizio pensammo di fondere le nostre esperienze non in un locale ma in un gruppo itinerante che organizzava eventi in posti diversi tra loro, quindi non con una casa definitiva», racconta in una bellissima intervista pubblicata su Zero. «Non sapevamo bene come appellarci… io feci un disco su Maxi Records che si chiamava così. Il perché si chiamava così non te lo so dire perché io i titoli li metto abbastanza a cazzo e c’era una voce quasi operistica che mi ricordava una cosa angelica, quindi “angels of love” (…). Andava bene a tutti e così siamo partiti. Era il 1991». L’apice della sua carriera proprio in quell’anno, quando venne chiamato a suonare alla Sound Factory di New York (primo dj europeo): «In pista c’erano tutti i più grandi, da Louie Vega a Tony Humphries». Oltre ad ascoltare la sua musica, per ricordarlo possiamo riprendere in mano il libro che pubblicò con Einaudi nel 2007, Io, DJ. Musica, moda, stili di vita. Perché il mondo è diventato una gigantesca pista da ballo?