Il circo ha dovuto parcheggiare sull’asfalto perché nel parco non c’era spazio, il comune ha preferito dare i permessi a una comunità indiana che sta festeggiando una ricorrenza strana.
Ogni pomeriggio mi affaccio sul balcone e vedo dei bambini che si riempiono la bocca di zucchero prima di correre da una parte all’altra con delle bandierine di plastica; le madri mangiano in piedi e si aggiustano i vestiti viola e dorati – dalle loro facce più che una festa sembra un lutto.
La sera devo chiudere la finestra nonostante il caldo perché non so come altro difendermi dal rumore, ma le nenie si infilano anche sotto il vetro; ormai penso di conoscere qualche canzone a memoria anche se non frequento nessun indiano a cui chiedere se sto sbagliando le parole.
Aurelio mi ha chiesto se voglio andare a vedere i serpenti e gli ho detto di sì perché vicino al circo ci sono le giostre e voglio salutare il mio amico che le monta.
Aurelio non lo conosce, stiamo insieme da una settimana e non parliamo molto del passato.
Mentre mi faccio la doccia prima di uscire, mia madre entra in bagno e inizia a farmi il riassunto di una telenovela; le chiedo se può spegnere la sigaretta perché il bagno è l’unica stanza in cui riesco a evitare quell’odore.
«La nostra vita sarebbe stata così facile se avessi iniziato a fumare pure tu», dice spezzando la punta della Marlboro per buttarla nella tazza e conservare il resto.
«E chi le pagava?», chiedo dietro la tenda che lavo con la candeggina per eliminare le croste di calcare.
(c) Claudia Durastanti, 2016 – (c) minimum fax, 2016. In accordo con MalaTesta lit.Ag. Milano. Tutti i diritti riservati.
Fotografia Appleton/Express/Getty Images.
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