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Charlotte Gainsbourg è la migliore di tutte

Elogio dell'unica cantante che dice «non sono una cantante»: il suo tour toccherà anche l'Italia, con una sola data a Milano.

03 Dicembre 2018

Quando hai tredici anni e tuo padre ti fa cantare insieme a lui una canzone sull’incesto, o finisci malissimo o diventi la più figa di tutte. Bivio ancora più certo se papà, e cioè Serge Gainsbourg, è già lui il più figo di tutti, ed è la più figa di tutte pure tua madre, e cioè Jane Birkin, insomma che fatica, quella povera piccina come farà? E invece Charlotte, primogenita della coppia scandalosissima come amano dire i titolisti di ieri e anche di oggi, pare da sempre immune dai rischi di quel troppo fighismo tutto insieme. Anzi, ha confermato da un pezzo di aver preso la seconda strada: è diventata, anche lei, la più figa di tutte. Mi ricorda Isabella Rossellini, figlia di Roberto e Ingrid Bergman (magari qualcuno non lo sa), anche lei fighissimo lascito di due fighissimi, descritti sul suo magnifico Instagram come una madre e un padre assolutamente normali, fa effetto solo a noi provinciali che la prima abbia recitato in Casablanca e l’altro abbia diretto Paisà. Charlotte dei genitori parla a richiesta, del resto non c’è intervistatore che non gliene chieda conto ogni santa volta, ma forse tra qualche anno sarà serena come Isabella – e, come lei, preferirà dedicarsi alle galline del suo pollaio che alle luci dello showbiz: ma questo lo vedremo.

Sono quelle persone che mettono tutto in prospettiva, soprattutto le nostre vite al confronto così miserabili. Charlotte Gainsbourg, oggi quarantasettenne favolosa, è la prova vivente che, con quei geni, non solo si diventa la più figa di tutte, ma si può fare tutto. Recitare, fare la fashion icon (si dice così), e anche cantare. L’unica data italiana del suo tour corrente è mercoledì 5 dicembre al Fabrique di Milano, dove porta l’ultimo bellissimo disco Rest, uscito lo scorso anno e preceduto dal singolo Deadly Valentine, con video diretto da lei stessa (anche regista! il fighismo addirittura cresce!). Nell’album, come sempre di quella pasta elettro-pop di cui solo i francesi conoscono la ricetta, tante collaborazioni di fighi assortiti, Sir Paul McCartney, Guy-Manuel de Homem-Christo dei Daft Punk, Blood Orange, e pure una concessione non gratuita al gossip nel brano Kate dedicato alla sorellastra morta suicida cinque anni fa, vale a dire Kate Berry, figlia di Birkin e del grande John (il compositore di 007: in questa famiglia spunta un figo ad ogni angolo). I versi di quella canzone dicono: «I ricordi mi agitano, uno sguardo indietro, gli occhi neri di kajal, e tu che scomparivi». Conferma Charlotte che «questo lavoro ruota tutto attorno alla sua morte, perdere Kate è stato come rivivere tutto, a cominciare dall’infanzia».

Charlotte con la mamma Jane Birkin e il papà Serge Gainsbourg a Londra, il 12 agosto 1971. (Michael Webb/Keystone/Hulton Archive/Getty Images)

Passato e presente si fondono nel racconto di una che è così figa da poter ammettere, senza risultare antipatica, «io non sono una cantante, non ho una gran voce, è la mia voce e basta», quando invece alle spalle ha pezzi bellissimi come Time of the Assassins, Heaven Can Wait, Terrible Angels, tutto questo immaginario cupo e insieme leggerissimo, e poi The Songs That We Sing, che fa: «Le canzoni che cantiamo significheranno qualcosa per le persone a cui le stiamo cantando?». Come a mettere le mani avanti: non sono una cantante, appunto.

Mi pare che, dietro la carriera d’attrice e non-cantante di Gainsbourg, sia rimasta in sospeso la questione del senso del pudore. Quello che squarciò insieme a papà a tredici anni e che ha continuato a contrappuntare le sue scelte. Ha vinto la Palma d’oro a Cannes 2009 con Antichrist di Lars von Trier, dove diventa una specie di strega demoniaca che (spoiler) si taglia il clitoride. E poi altri scandali più annunciati che altro in Nymphomaniac (sempre il danese terrible, stavolta però orgasmi non repressi, anzi), ma sempre con quella sua grazia, Charlotte sa essere impudica e insieme elegantissima, questo è un po’ il segreto, non farsi toccare dalle controversie, e dalle polemiche, e dal chiacchiericcio. Perché poi nella vita (altra annotazione pettegola, chiedo scusa) pare tutto fuorché una testa matta, compagna com’è da quasi trent’anni di Yvan Attal, attore e autore di commedie popolarissime in Francia, insomma una coppia di tranquilloni che fa venire in mente, che so, i nostri Claudio Amendola e Francesca Neri, per inquadrare il genere. L’unica speculazione possibile è sul fatto che Yvan, capello moro lunghetto e nasone, può ricordare vagamente papà Serge, ma chi se ne importa.

Charlotte Gainsbourg e Yvan Attal alla settimana della moda di Parigi del 2009 (foto di Francois Durand/Getty Images)

Ecco dunque Charlotte che passa leggera tra canzoni, moda (ultimamente sempre Saint Laurent by Anthony Vaccarello) e film, tanti mandati a memoria (Jane B. di Agnès Varda, La piccola ladra di Claude Miller, più avanti L’arte del sogno di Michel Gondry, Nuovomondo di Emanuele Crialese, Persécution di Patrice Chéreau, pure Incompresa di Asia Argento era a suo modo delizioso), e tanti brutti che non stiamo a dire, ma sempre attraversati con passo lieve. Per che cosa sarà ricordata Charlotte Gainsbourg? Forse per essere stata Charlotte Gainsbourg, la più figa di tutte. E tanto basta. (Il pezzo che cantava a tredici con papà è Lemon Incest. Chi di noi sarebbe sopravvissuto a un titolo così?).

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