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La notizia della candidatura all’Oscar di C’è ancora domani è stata un’allucinazione collettiva

Per un giorno intero si è parlato di una nomination che non è mai stata neanche possibile, dimenticandosi del film italiano che davvero potrebbe vincere un Oscar: Vermiglio.

di Elisa Giudici

In una sonnacchiosa Epifania post Golden Globes, i telegiornali italiani cominciano a battere una notizia trionfale: C’è ancora domani è in corsa per gli Oscar 2025. Ma come, il candidato italiano quest’anno non è Vermiglio di Maura Delpero, che se l’è appena giocata proprio ai Golden Globe nella categoria Miglior film internazionale? La confusione regna sovrana, mentre alcuni già sognano Paola Cortellesi sul palco dell’ex Kodak Theatre, a scambiarsi grandi pacche sulle spalle con Demi Moore. La notizia rimbalza e s’ingigantisce, nessuno vuole mollare la presa su una notizia che titilla così tanto, nessuno vuole nemmeno ammettere che, forse, ci si è fatti prendere la mano.

Per chiarire l’intera questione bisogna partire dalla candidatura certa: quella di Vermiglio di Maura Delpero, scelto tra una rosa di film per rappresentare l’Italia agli Oscar nella categoria Miglior film internazionale. Al momento Vermiglio è entrato nella shortlist ufficiale di categoria, ovvero una selezione di 15 titoli decisa da una cerchia ristretta di votanti e da un’apposita commissione. Vermiglio è stato scelto tra gli 89 film eleggibili e potrebbe finire tra i 5 finalisti che, di fatto, si contenderanno l’Oscar internazionale. Una statuetta che nasconde una gara nella gara. L’ex categoria Miglior film straniero infatti ha regole tutte sue ed è un po’ un Oscar a parte, dedicato al resto della cinematografia mondiale. Sintetizzato e semplificando parecchio, ogni nazione fuori dagli Stati Uniti può selezionare un singolo film che la rappresenti. Il lungometraggio deve essere per larga parte parlato in una lingua differente dall’inglese e deve essere stato programmato al cinema nel paese di provenienza in una data finestra di tempo. Per andare agli Oscar 2025 a rappresentare l’Italia bisogna essere passati in sala tra l’1 novembre 2023 e il 30 settembre 2024. Il film di Paola Cortellesi è uscito nelle sale il 26 ottobre 2023, dopo un passaggio alla Festa del cinema di Roma. Ergo, poteva essere candidato in questa categoria l’anno passato. È infatti stato presentato alla commissione preposta alla scelta nel 2023, ma fu scartato in favore di Io capitano di Matteo Garrone. Questa decisione scatenò un po’ di maretta: ma come, abbiamo un film con un risultato al botteghino pazzesco, andato benissimo in Francia e venduto in mezzo mondo e non lo mandiamo agli Oscar? La polemica è durata fino a quando Garrone ha centrato la nomination, dando ragione alla lungimiranza di chi l’aveva selezionato.

Com’è dunque che un anno dopo C’è ancora domani sarebbe in corsa per gli Oscar 2025? Qui ci spostiamo sulle categorie regolari, che funzionano in maniera differente. Per essere candidati alla regia, alla sceneggiatura o per gli interpreti infatti c’è un regolamento basato sulla distribuzione statunitense. Anche in questo caso bisogna passare per le sale cinematografiche nel corso dell’anno solare di riferimento. Il requisito minimo è una programmazione consecutiva di almeno una settimana in almeno un cinema di una delle sei grandi aree metropolitane statunitensi: la contea di Los Angeles, ovviamente, New York City, la Bay Area, Chicago, Dallas-Fort Worth, Atlanta. Il distributore statunitense del film di Cortellesi, Greenwich Entertainment, ha fatto in modo di osservare queste regole e ha segnalato la pellicola attraverso i corretti canali. Il risultato è che C’è ancora domani è stato riconosciuto come eligible, cioè come film candidabile a un Oscar, in tutte le categorie dedicate ai lungometraggi, tranne ovviamente quelle relative all’animazione, ai documentari e a miglior film internazionale. Appare dunque in questa lista reminder di 39 pagine, dove sono elencati tutti i film che hanno tutte le carte in regola per essere candidati. È una lista che comprende centinaia di titoli, anche i più improbabili, accomunati solo dal fatto che hanno avuto un via libera formale da parte dell’Academy. Non compare però in un’altra lista pubblicata poche ore fa: quella che riassume i film candidabili nella categoria regina, cioè Miglior film. Quindi, in teoria, Paola Cortellesi può essere candidata come miglior attrice protagonista, ma il suo film non può figurare tra quelli che si contenderanno il titolo di miglior film dell’ultima annata.

Fin qui la teoria, ribadisco, estremamente semplificata. Il caos delle scorse ore mette in evidenza, nella pratica, quanto poco sia chiaro ai non addetti ai lavori, anche a quelli che lavorano nei media, come funzionano per davvero gli Oscar. Come si finisce davvero seduti al Dolby Theatre nella speranza che nella busta di categoria ci sia il tuo nome? Per capirlo un po’ meglio basta vedere cosa sta facendo Vermiglio di Maura Delpero, film che sta conducendo una campagna eccellente ed è tra i film candidabili anche a Miglior film. Non è impossibile infatti per un film straniero giocarsela con gli americani per l’Oscar più importante. Per esempio l’anno scorso riuscì nell’impresa il film francese Anatomia di una caduta di Justine Triet. Risultato notevole, raggiunto tra l’altro senza il traino del categoria Miglior film internazionale, dato che era stato snobbato dalla sua stessa nazione, si dice per pressioni politiche. Quest’anno i francesi proveranno a bissare nella categoria Miglior film con il loro candidato “internazionale” Emilia Pérez, sostenuto da Netflix che lo distribuisce in tutto il mondo. Per tutti, statunitensi e stranieri, grandi e indipendenti, vale la stessa regola: per venire nominati bisogna venire votati dai membri dell’Academy. Questa istituzione ha un corpo membri votante di oltre 9000 professionisti del mondo del cinema, che rappresentano un ampio spettro di professioni (dai registi agli uffici stampa). Una bella fetta di votanti sono statunitensi, ma non tutti: i film italiani per esempio possono contare su un gruppetto di membri dell’Academy di casa nostra e sui votanti europei, comprensibilmente più attenti al cinema del Vecchio continente.

Considerando le regole di base e la composizione del corpo votante, la vera partita per una nomination si gioca a Los Angeles e a New York. È lì che bisogna arrivare, è lì che bisogna andare a caccia di voti. Non va trascurato che centinaia d’interpreti, registi, professionisti dall’agenda fittissima spesso non votano o lo fanno in poche categorie o ancora puntano sui pochi titoli che riescono a vedere nel corso dell’annata. I film più importanti fanno di tutto per essere tra quel pugno di titoli di cui tutti parlano e che in tanti si sentono in dovere di recuperare con la massima priorità. Per tutti gli altri chi decide davvero chi entra nelle cinquine sono qualche migliaio di professionisti non così attivi, spesso vicini alla pensione. Sono i votanti più ligi, coloro che seguono gli eventi relativi alle campagne dei singoli film, quanti vanno volentieri a pranzi, proiezioni speciali, talk, rinfreschi per conoscere i candidati o anche solo per farsi corteggiare dagli uffici stampa. Bisogna quindi puntare a conquistare il più alto numero di voti possibili tra quanti effettivamente votano e sono avvicinabili. È cruciale innanzitutto emergere dal mucchio dei possibili candidati, soprattutto per piccoli film stranieri senza grandi star come Vermiglio. Serve il passaparola, che nella maggior parte dei casi parte da un grande festival. Anatomia di una caduta arrivò agli Oscar forte di una Palma d’Oro, premio che fa scalare al vincitore la lista dei film da recuperare. Vermiglio è stata una delle sorprese dell’ultima Venezia,si è portato a casa qualche premio, ha conquistato la stampa internazionale (con ottime recensioni su quella statunitense).

Uscire bene da un festival importante però non è neanche lontanamente abbastanza. Appena saputo della candidatura italiana, chi gestisce l’ufficio stampa di Vermiglio ha organizzato in meno di 24 ore un incontro con la stampa per raccontare cosa si sarebbe fatto, nello specifico, per sostenere il film di Delpero nella corsa agli Oscar. A questo incontro è intervenuto anche Paolo Del Brocco, l’amministratore delegato di Rai Cinema, una delle persone più potenti del cinema italiano. Uno che ha girato mezzo mondo con Matteo Garrone per arrivare alla nomination nel 2023. Del Brocco ha raccontato alla stampa italiana che ottenere la nomination richiede uno sforzo logistico ed economico enorme, un’attenta pianificazione con mesi d’anticipo e il cruciale sostegno di uno distributore statunitense. Sempre tornando ad Anatomia di una caduta: il film è stato distribuito negli Stati Uniti dalla piccola ma potentissima Neon, che negli ultimi anni ha sviluppato strategie efficacissime per portare i film stranieri e gli indipendenti agli Oscar, divenendo un punto di riferimento in questo senso. Nel caso di Vermiglio a sostenere questo sforzo ci sono due realtà importanti come Sideshow e Janus Films. L’intervento statunitense non è caritatevole: avere un piccolo film italiano con una nomination o magari un Oscar significa avere un titolo più appetibile per il loro pubblico di riferimento, cioè quello americano.

Che si fa, dunque, in concreto? Nel caso di chi non fa parte del circuito hollywoodiano, ci si rivolge a veri e propri professionisti. Ci sono organizzatori di eventi che hanno i contatti di decine di votanti e possono organizzare nelle città chiave proiezioni, cene, eventi dove mostrare il film. Questo genere di corvée non tocca solo agli outsider come Delpero. Ogni interprete e regista che vedrete calcare il tappeto rosso si è sottoposto a qualcosa di simile per mesi, non sottraendosi a selfie, autografi, dibattiti pubblici. Chi è ben introdotto spesso chiede agli amici più cool di partecipare agli eventi per attirare più votanti. Per esempio Kate Winslet ha chiesto all’amico Leonardo DiCaprio di presentare un evento legato a Lee, il piccolo film di cui è protagonista e produttrice, con cui è riuscita a infilarsi all’ultimo ai Golden Globes. Torniamo dunque a Paola Cortellesi e scorriamo il comunicato copincollato dai più accorti nei loro articoli. Comunicato in cui, non a caso, si elencano i festival a cui il film ha partecipato e i premi che ha vinto, ribadendo l’incredibile risultato al botteghino italiano. Solo che il Pingyao International Film Festival non è proprio Cannes o Venezia: si raccolgono voti anche lì (e infatti anche Delpero ha girato i festival di mezzo mondo), ma il peso delle due rassegne europee è incomparabile. Cosa interessa poi ai membri statunitensi dell’Academy se un film sfonda quota 50 milioni di euro al botteghino italiano? È una cifra senza peso in un mercato ai confini dell’impero per chi è abituato a una soglia psicologica di (almeno) 100 milioni per interessarsi di un film. Se Cortellesi avesse fatto 50 milioni negli Stati Uniti, o anche solo 5, allora sarebbe stata tutta un’altra storia. Invece il botteghino Usa non è stato diffuso. Vermiglio, per la cronaca, negli Stati Uniti ha incassato meno di 30 mila dollari.

C’è ancora domani insomma non ha passaparola, non ha buzz, come si dice in gergo. Chi si prepara a votare, la stampa specializzata che tiene il polso della situazione, gli scommettitori e gli appassionati di premi cinematografici che si scannano online non sembrano nemmeno essere consapevoli della sua esistenza. Il film italiano di cui parlano gli addetti ai lavori è invece Vermigliograzie a una campagna informativa e promozionale cominciata a settembre per farsi conoscere da quel migliaio di votanti che contano davvero, insieme ovviamente ai professionisti che rimangono aggiornati, frequentano i festival, sono sinceramente interessati al lavoro dei colleghi. Gli Oscar insomma sono un ritratto perfetto di come funziona Hollywood e gli Stati Uniti tutti. Le regole in teoria danno possibilità a tutti di realizzare il proprio sogno americano, ma nella pratica servono le conoscenze, gli agganci, l’appartenenza di classe, una capacità economica non da poco o almeno l’indispensabile supporto di un intermediario autoctono per sperare di brillare di un po’ di luce riflessa. La frenesia di queste ore intorno all’avventura agli Oscar di Paola Cortellesi invece è un ritratto perfetto di come funzionano i media italiani.