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17:00 sabato 25 ottobre 2025
Da quando è uscito “The Fate of Ophelia” di Taylor Swift sono aumentate moltissimo le visite al museo dove si trova il quadro che ha ispirato la canzone Si tratta del Museum Wiesbaden, si trova nell’omonima città tedesca ed è diventato meta di pellegrinaggio per la comunità swiftie.
Yorgos Lanthimos ha detto che dopo Bugonia si prenderà una lunga pausa perché ultimamente ha lavorato troppo ed è stanco Dopo tre film in tre anni ha capito che è il momento di riposare. Era già successo dopo La favorita, film a cui seguirono 5 anni di pausa.
Al caso del furto al Louvre adesso si è aggiunto uno stranissimo personaggio che forse è un detective, forse un passante, forse non esiste È stato fotografato davanti al museo dopo il colpo, vestito elegantissimamente, così tanto che molti pensano sia uno scherzo o un'immagine AI.
L’azienda che ha prodotto il montacarichi usato nel colpo al Louvre sta usando il furto per farsi pubblicità «È stata un'opportunità per noi di utilizzare il museo più famoso e più visitato al mondo per attirare un po' di attenzione sulla nostra azienda», ha detto l'amministratore delegato.
I dinosauri stavano benissimo fino all'arrivo dell'asteroide, dice uno studio Una formazione rocciosa in Nuovo Messico proverebbe che i dinosauri non erano già sulla via dell’estinzione come ipotizzato in precedenza.
Nelle recensioni di Pitchfork verrà aggiunto il voto dei lettori accanto a quello del critico E verrà aggiunta anche una sezione commenti, disponibile non solo per le nuove recensioni ma anche per tutte le 30 mila già pubblicate.
Trump ci tiene così tanto a costruire un’enorme sala da ballo alla Casa Bianca che per farlo ha abbattuto tutta l’ala est, speso 300 milioni e forse violato anche la legge Una sala da ballo che sarà grande 8.361 e, secondo Trump, assolverà a un funzione assolutamente essenziale per la Casa Bianca.
L’episodio di una serie con la più alta valutazione di sempre su Imdb non è più “Ozymandias” di Breaking Bad ma uno stream di Fortnite fatto da IShowSpeed Sulla piattaforma adesso ci sono solo due episodi da 10/10: "Ozymandias" e “Early Stream!”, che però è primo in classifica perché ha ricevuto più voti.

Storia di CalArts, la scuola d’arte fondata da Walt Disney

Un bellissimo libro celebra l'istituto in cui nacque, tra le altre cose, una delle pietre miliari del femminismo mondiale, il Feminist Art Program.

04 Gennaio 2021

C’era una volta un vecchio disegnatore che sognava di dare vita a una scuola dove gli artisti di tutto il mondo potessero scambiarsi idee e dare sfogo alla loro creatività. Un posto circondato da prati e natura, in cui ognuno avrebbe potuto esprimere se stesso liberamente, senza condizionamenti. Sembra l’inizio di una favola, ed in effetti un po’ lo è. Perché la storia della scuola CalArts assomiglia a quelle fiabe, dove le case sono fatte di marzapane e i tetti di cioccolata. Se poi ci aggiungete il fatto che a fondarla fu Walt Disney, il quadro è completo.

La nostra storia inizia alla fine degli anni ’60. Zio Walt desiderava realizzare uno spazio sulla falsariga della Bauhaus School e del Black Mountain College. Ma soprattutto voleva rifocillare e dare una casa al moribondo universo dell’animazione, dopo i fasti del passato. Il libro Where Art Might Happen, edito da Prestel, celebra i primissimi anni dell’istituto. Quelli più pionieristici, coraggiosi e poetici, vissuti in parallelo con movimenti rivoluzionari come l’arte concettuale, il femminismo e Fluxus. Il volume, scritto a quattro mani da Christina Végh, direttore della Kunsthalle Bielefeld in Germania e da Philipp Kaiser, curatore indipendente di Los Angeles, ripercorre cronologicamente l’epopea di CalArts, dimostrando come questa scuola in poco tempo sia divenuta sia un modello educativo pionieristico che il terreno fertile per situazioni in cui, come diceva John Baldessari, “l’arte può accadere”.

Nata dalla fusione di due istituzioni, il Chouinard Art Institute (fondato nel 1921) e il Conservatorio di Musica di Los Angeles (fondato nel 1883), il progetto iniziò il suo lungo cammino come una semplice associazione studentesca, guidata però da dodici persone speciali. Del gruppo dirigente facevano parte, fra gli altri, il regista Chuck Jones, il compositore Henry Mancini (il brano “Moon River” e il theme della Pantera Rosa sono suoi) e Nelson Riddle (autore delle colonne sonore di Lolita di Stanley Kubrick e del Grande Gatsby, per cui ricevette anche il premio Oscar). Il campus fu completato nella primavera del ’69. Ma le piogge torrenziali prima e un violento terremoto dopo, danneggiarono parte della struttura. Per qualche tempo l’ambizioso sogno di Disney dovette traslocare negli edifici di Villa Cabrini Academy, una scuola cattolica femminile. E, finalmente, solo nel novembre del 1971 CalArts si spostò a Santa Clarita, poco sopra la San Fernando Valley, dove tuttora ha la sua sede.

I primi anni furono tumultuosi un po’ come le avventure dei personaggi dei cartoons. Il corso “Post-Studio”, curato da Baldessari, che proprio in quelle aule aveva rinunciato alla pittura iniziando a creare immagini con immagini e stampe dai mass media, cambierà per sempre la vita di generazioni di artisti. James Welling, David Salle, Barbara Bloom e Matt Mullican furono tra i primi studenti ad iscriversi. «Negli anni ’70 c’era uno spirito comune», ricorda Welling, «non c’era davvero un mercato dell’arte, ma c’erano grandi spazi alternativi per la creatività. La maggior parte di noi si è formata grazie a questi, grazie a realtà come CalArts».

Judy Chicago, “Orange Atmosphere”, live performance, © Judy Chicago/ARS New York, courtesy the artist; Salon 94 New York, Jessica Silverman Gallery, San Francisco

Il corso Feminist Art Program di Miriam Schapiro e Judy Chicago fu una delle pietre miliari del femminismo mondiale. Le due artiste e docenti volevano che le studentesse fossero anzitutto donne consapevoli. Le lezioni si svolsero tutte all’interno di una casa abbandonata, situata ad una manciata di passi dall’istituto. Il corso portò alla realizzazione della Womanhouse, un’installazione artistica per la cui realizzazione il gruppo ristrutturò e ripensò concettualmente un’intera casa. «Il nostro scopo», disse Shapiro, «era di rendere la vecchia abitazione un luogo di sogni e fantasie. Ogni stanza sarebbe stata trasformata in un ambiente artistico non funzionante». Le artiste della Womanhouse usarono la parodia e l’esagerazione come strumenti per distruggere i luoghi comuni che le incatenavano nei soliti ruoli domestici. «Le donne», affermò Chicago, «erano state incastonate nelle case per secoli e avevano trapuntato, cucito, cotto, cucinato, decorato e annidato le loro energie creative. Cosa sarebbe successo, ci chiedemmo, se avessero preso le stesse attività domestiche per portarle a proporzioni fantastiche?».

CalArts negli anni raccontati nel volume della Prestel fu dunque uno strumento educativo ma anche politico. E rivoluzionò il modo di insegnare, mettendo alunni e docenti sullo stesso piano. Formulò pensieri nuovi e pose l’accento su questioni sociali, sfidando autorità e strutture di potere patriarcale. Where Art Might Happen riporta alla memoria quell’epoca che non c’è più, attraverso le foto di un centinaio di opere inedite realizzate da oltre quaranta artisti. A proposito, scorrendo la lista dei diplomati dell’istituto, spuntano tanti nomi illustri. Come quello di Tim Burton, diplomato nel ’79 al corso di “Character Animation” (il suo compagno di banco Henry Selick dirigerà in seguito il suo The Nightmare Before Christmas). O quello di James Mangold, uscito dai corsi di cinema “Live Action” e diplomatosi nel 1985, regista di Ragazze interrotte e Copland. O, ancora, come quelli di Robert Black, Oscar per gli effetti speciali di Guerre Stellari e di Mark Kirkland, uno dei registi dei Simpsons.

Oggi l’istituto ha messo da parte gli impeti attivisti e si è dedicato soprattutto a quello che era il suo compito originario: l’animazione. Almeno i 3/4 degli studenti si iscrivono qui proprio per la fama della scuola in questo campo. Basta scorrere i nomi dei protagonisti dell’ultima generazione del cinema d’animazione, digitale e non: tutti  o quasi sono passati da qui. A cominciare da John Lasseter (diplomato come Burton nel ’79), inventore di Toy Story e fondatore della Pixar. Mentre gioielli come Stuart Little, Matrix, Fantasia 2000, Il Principe d’Egitto o Monster Inc. sono stati curati, diretti o supervisionati da ex studenti della Cal Arts. Segno evidente che alla fine, il sogno di Zio Walt si è realizzato.

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