Le segnalazioni sullo studio di Dilara Findikoglu evidenziano le contraddizioni della moda contemporanea: il divario tra estetica politica e pratiche operative, la retorica del sacrificio creativo e una precarietà sistemica spesso mascherata da valore culturale.
Nel Brand Experience Center di Fila che ha aperto a Biella c’è anche un museo del brand
Un percorso temporale che include l'activewear e le sneaker, inserite a pieno titolo nella street culture degli Anni ’90.



In 8.200 metri quadrati di hub, si dipana la storia di un brand che è intessuto profondamente nel Dna del tennis, ma anche della manifattura italiana: negli archivi storici ci sono 50 mila capi, 30 mila scarpe e moltissimi documenti d’epoca. Nella parte visitabile al pubblico, invece, è possibile scoprire la storia del brand, che nasce proprio nel 1923 come tessitura di biancheria intima, e poi convertirsi, con il modificarsi dei tempi, in brand dedito all’activewear, grazie anche alla guida di Enrico Frachey, visionario che sin da subito comprese l’importanza che avrebbe avuto il tennis. Ma non solo di campi di terra rossa, si parla qui: perché dopo aver presidiato i campi da gioco dei tornei più importanti del settore, Fila si è anche espansa in altre aree, muovendosi per mare, proprio con Giovanni Soldini, e in altezza, immaginando anche il guardaroba utilizzato da Rheinold Messner per la scalata al Monte Everest. Tutti pezzi che possono essere ammirati nella Sport Area. Un percorso temporale che include anche le sneaker del brand, inserite a pieno titolo nella street culture degli Anni ’90. Un’apertura accolta con gioia dall’attuale presidente di Misto Holding, Gene Yoon, figlio dello Yoon che per primo, nel 1986, si affacciò al portone dell’azienda per chiederle di divenirne distributore in Corea. «Il mio amore per FILA risale ai primi anni del marchio» ha commentato Yoon. «Sono immensamente felice di poter offrire al Gruppo, alla Città di Biella e a tutti i fan del marchio il nuovo FILA Brand Experience Center: una pietra miliare che collega il nostro glorioso passato al futuro del brand».
Le segnalazioni sullo studio di Dilara Findikoglu evidenziano le contraddizioni della moda contemporanea: il divario tra estetica politica e pratiche operative, la retorica del sacrificio creativo e una precarietà sistemica spesso mascherata da valore culturale.