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16:35 lunedì 1 dicembre 2025
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Che cosa sono le Backrooms e come hanno cambiato internet

Tutto nasce da una misteriosa foto pubblicata nel 2019 su 4chan, che mostra quello che sembra un ufficio dismesso, da qui un fiorire di storie, personaggi, interpretazioni e video su Youtube, che nel 2025 diventeranno un film prodotto da A24.

24 Dicembre 2024

Nel settembre del 2023 un utente che si fa chiamare Niftski ha stabilito un nuovo record mondiale di speedrunning, la pratica di finire un videogioco nel più breve tempo possibile. Non si tratta solo di velocità o bravura: gli speedrunner sono disposti a tutto pur di rosicchiare secondi preziosi ai loro tempi, sfruttando anche i bug e i glitch dei videogiochi, che permettono di piegare lo spazio-tempo del gioco e arrivare prima alla fine. Nel caso in questione, Niftski è riuscito a completare il videogioco Nintendo Super Mario Bros. (1985) in appena 4 minuti, 54 secondi e 631 millesimi. Il glitch fondamentale per gli speedrunner viene detto “Wall Clip” e consente, con la giusta combinazione di comandi, di spostare il proprio personaggio attraverso muri, tubi, rocce e altri elementi scenici, scavando un percorso alternativo tra i livelli. In alcuni videogiochi è possibile giocare in modalità “noclip”, muovendosi in qualsiasi direzione senza alcun ostacolo, creando un effetto che viene anche detto “stanza degli specchi”. Bisogna fare attenzione a usare questa tecnica, però, perché se si fa noclip nel posto sbagliato e al momento sbagliato, si finisce nelle Backrooms.

Quella delle Backrooms (retrobottega in italiano) è una delle leggende metropolitane più diffuse su internet. Nei primi anni Zero, il web era ancora troppo piccolo per ospitare leggende proprie e veniva usato perlopiù per creare e diffondere storie legate alla realtà, come nel caso delle teorie del complotto sull’11 settembre, che andarono forte nei blog e nei primi video su Youtube. Oggi però la rete è grande, abitata e infestata abbastanza da potersi permettere delle proprie leggende: i racconti dell’orrore di internet, per internet, su internet. Li chiamano creepypasta, crasi di “creepy” (inquietante, pauroso) e “pasta” (dal verbo “to paste”, ovvero incollare, nel senso di copia-e-incolla). Perché è così che funzionano: sono brevi testi inquietanti e paurosi, alle volte corredati da un’immagine, che vengono copiati e incollati, spacciati per veri, mescolati ad altre storie. Viralità. Tra i creepypasta, il primo a fare il salto verso il mainstream è stato Slender Man, una figura mostruosa, nera e senza occhi, con le braccia lunghe e il vizio di rubare i bambini, da cui è stato tratto un film (omonimo) nel 2018. E ora tocca alle Backrooms, che A24 porterà al cinema nel 2025. A convincere la casa di produzione newyorchese sono stati i 63 milioni di visualizzazioni accumulati da un cortometraggio messo su Youtube da un ragazzino che all’epoca – siamo nel 2022 – aveva 16 anni. Il ragazzino si chiama Kane Parsons, nickname Kane Pixels, e il film A24 lo sta scrivendo e dirigendo lui.

Ma cosa sono, questi retrobottega? E come ci si entra? Tutto è iniziato con un’immagine, come nel caso di Slender Man: il resto lo ha fatto quello che Repubblica.it chiamava “il popolo del web”, o per meglio dire, la community di utenti, lettori, abitanti di questo mondo infestato da demoni. La foto mostra un ambiente chiuso e abbandonato: sembra un ufficio dismesso, senza scrivanie né personale, spolpato e scavato; le luci al neon sono accese a illuminare una desolante moquette ocra e una carta parati giallognola sui muri. La foto fu pubblicata il 13 maggio del 2019 su 4chan, sito che funge da brodo primordiale di buona parte della cultura digitale, nel bene e nel male. Quell’ufficio potremmo definirlo uno spazio liminale, ovvero «un luogo di transito e connessione privo di soggetti, reale o immaginario, che genera un senso di inquietudine o nostalgia», secondo Wikipedia: pensate al corridoio dell’hotel di Shining, prima che appaiano le gemelline che dicono: «Vieni a giocare con noi». Un luogo sempre uguale, chiuso, che potrebbe essere sotto casa o a Singapore, tra gli effetti collaterali della globalizzazione di tutto – pure delle nostre nevrosi. Luoghi talmente innocui e normali da non poter contenere dei mostri. Ad accompagnare la foto, un testo che funge da perfetto prompt per storie dell’orrore: «Se non stai attento e fai noclip fuori dalla realtà nei punti sbagliati, ti ritroverai nelle Backrooms, dove non c’è altro che il fetore di vecchia moquette umida, la follia del giallo monocromatico, l’infinito rumore di sottofondo delle luci fluorescenti al massimo del loro ronzio, e circa seicento milioni di miglia quadrate di stanze vuote segmentate casualmente in cui rimanere intrappolato. Che Dio ti aiuti se senti qualcosa vagare nelle vicinanze, perché di sicuro quella cosa ha già sentito te».

Nel corso degli anni successivi le Backrooms furono esplorate da molti utenti che crearono uno degli elementi più importanti per un fenomeno di massa contemporaneo: una lore. Ovvero una storia, un passato, un cast di personaggi e una sequenza di eventi che arricchiscono quello che altrimenti sarebbe solo il meme di un posto squallido. Questa lore fu costruita perlopiù su fandom.com, una wiki per fan di prodotti culturali che possono collaborare nel raccogliere informazioni su serie tv, anime o fumetti – e in questo caso hanno seguito il suggerimento della didascalia originale, inventandosi un sistema di centinaia di livelli che fanno tutti capo al livello 0, ovvero le Backrooms della fotografia, che viene descritto come “un luogo non-euclideo” che rimanda a mondi diversissimi e alieni. Navigando nella Wiki si scopre che ci sono cinque modi per lasciare il livello 0, e uno di questi è rompere una parete (fare Wall Clip, come Super Mario) finendo nel livello -1, la proverbiale brace di questa padella. Il -1 è un corridoio infinito che somiglia a quello di un hotel vecchio stile ma è caratterizzato da una proprietà particolare e tragica, detta “Alone”, per cui è impossibile che due visitatori del livello si incontrino. Qui non ci sono animali o mostri, né batteri. Solo corridoi. La Wiki delle Backrooms è un eccezionale esempio di scrittura creativa collettiva, con migliaia di entries tra livelli, luoghi, personaggi e oggetti (eccone uno: l’Oggetto numero 20, il “Telefono di tela”, un apparecchio telefonico coperto di tessuto che al posto della rotella ha dieci file da dodici pulsanti con cui comporre un “numero”. Ogni visitatore può fare solo una chiamata). Ma se di retrobottega si tratta, cosa c’è davanti? Insomma, esistono le Frontrooms? Ovviamente sì, ma si tratta di un misterioso luogo “anche noto come L’Universo”, una dimensione parallela, secondo il Wiki, altrettanto complessa e variegata rispetto alle Backrooms. Quella in cui ci troviamo noi. Per il momento.

Dan Erickson, creatore della serie Hbo Severance, ha detto di essersi ispirato alle atmosfere delle Backrooms per raccontare di questa strana azienda che offre ai suoi dipendenti la possibilità di separare la propria mente: quando sono al lavoro, non sanno nulla del mondo lì fuori; quando sono a casa, non ricordano nulla del lavoro. Nel trailer dell’attesa seconda stagione, prevista per il 2025, vediamo il protagonista, l’attore Adam Scott, vagare tra chilometri di corridoi e separatori sempre uguali fino a incontrare delle presenze. Nulla di mostruoso, solo un gruppetto di grigi dipendenti in una stanza monotona. «E voi chi siete?» chiede disperato il protagonista. Dal 2019 gli appassionati di Backrooms si chiedono dove sia stata scattata la foto originale, che risulta vera. Per anni, su Twitter, Reddit e Youtube, centinaia di persone hanno raccolto indizi per identificare il luogo misterioso. La risposta è arrivata il 31 maggio scorso, quando un utente Twitter ha scoperto l’arcano: le Backrooms, quelle vere, sono – o meglio, erano – un locale della catena statunitense di giocattoli HobbyTown, a Oshkosh, in Wisconsin; la foto fu scattata nel 2002 durante i lavori di ristrutturazione che trasformarono il negozio in una pista da corsa per auto radiocomandate. Per qualche anno l’immagine circolò in certi cantucci di 4chan, in quanto luogo liminale e bizzarro; poi arrivò il post del 2019, il battesimo delle Backrooms, l’inizio dell’incubo giallastro.

Siamo abituati a dare per scontato che le cose siano al sicuro, su internet, e che il web sia solido e sempre tracciabile. In realtà, la rete è quanto di più fragile e instabile ci sia: secondo uno studio del Pew Research Center, il 38 per cento dei siti web che esistevano nel 2013 non sono più tra noi. Sono stati chiusi, cancellati, o sono scomparsi. I post di 4chan, in particolare, sono pensati per sgretolarsi ed essere cancellati e persi per sempre. E c’è mancato poco che il post originale delle Backrooms facesse quella fine: fortunatamente esistono siti che fanno il backup di 4chan ed è da questi che è partito l’utente che ha svelato l’arcano, che però non ha agito da solo ed è salito sulle spalle dei giganti – e di altri perdigiorno ossessionati con un creepypasta – per creare un nesso tra il folklore del pianeta Terra e quello di internet. O, per essere più precisi, tra le Backrooms e le Frontrooms. Quando andate in Oshkosh, in Wisconsin, insomma, fate attenzione: evitate di noclippare.

Il nuovo numero di Rivista Studio si intitola “Digital Underground“. Lo trovate in edicola e sul nostro store (qui).

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