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In un editoriale su Politico, Pedro Sánchez ha definito la crisi abitativa «la più grande emergenza di questa epoca» E ha invitato tutti i Paesi dell'Ue a iniziare a trattare il diritto alla casa come quello alla sanità e all'istruzione.
La Romania spenderà un miliardo di euro per costruire Dracula Land, un enorme parco giochi a tema vampiri Il parco verrà costruito vicino a Bucarest e l'intenzione è di competere addirittura con Disneyland Paris.
Tra i 12 film nella shortlist dell’Oscar al Miglior film internazionale ce ne sono tre che parlano di Palestina È invece rimasto fuori dalla lista Familia: il film di Francesco Costabile, purtroppo, non ha passato neanche la prima selezione dell’Academy.
I sostenitori di Trump sono andati sotto l’ultimo post Instagram di Romy Reiner a festeggiare la morte del padre A fomentare ulteriormente il loro odio è stata la breve didascalia del post che contiene una frase contro Trump.
La Spagna introdurrà un abbonamento mensile di 60 euro per viaggiare con tutti i mezzi pubblici in tutto il Paese È il secondo Paese in Europa che prende un'iniziativa simile: prima c'era stata la Germania, il cui abbonamento mensile costa anche meno.
Amazon installerà nei Kindle una AI che ti spiega i libri se non li hai capiti
 La nuova funzione si chiama "Ask This Book” e servirà ai lettori confusi, distratti o non proprio sveglissimi.
Il distributore americano Neon ha organizzato una proiezione per soli manager di No Other Choice di Park Chan-wook, che è un film su un uomo che uccide manager Con tanto di lettera indirizzata a tutti i Ceo delle aziende Fortune 500, invitati a vedere il film il 17 dicembre a New York alle ore 17 locali.
Zohran Mamdani ha fatto una performance in un museo di New York invitando i cittadini a dirgli quello che pensano di lui Ispirandosi alla celebre performance di Marina Abramović, il sindaco ha offerto colloqui di tre minuti a chiunque volesse parlargli.

La mostra di Arthur Jafa è la cosa da vedere in questi giorni

Dal 4 novembre al 15 gennaio le Ogr di Torino ospiteranno Rhamesjafacoseyjafadrayton, la mostra dell’artista Leone d’oro alla Biennale di Venezia nel 2019, una riflessione sulla black culture negli Stati Uniti.

03 Novembre 2022

Andiamo subito al nocciolo. Se dovessero chiedermi qual è l’opera d’arte contemporanea più rilevante degli ultimi quindici anni risponderei Love Is the Message, the Message Is Death di Arthur Jafa. Perché questa sinfonia di video e immagini che l’artista, originario di Tupelo nel Mississippi (la città natale di Elvis Presley), ha assemblato in modo apparentemente casuale ma in realtà con una cura quasi scientifica contiene praticamente tutto. Custodisce in modo sincopato l’intero racconto della black culture e quindi di una fetta molto consistente del nostro tempo, della nostra cultura e della nostra società. «Perché non c’è arte contemporanea senza discendenza africana», diceva qualcuno. Ed è proprio così.

L’opera è un’ode alla comunità nera, un gigantesco puzzle visivo composto da centocinquanta filmati sulle note di “Ultralight Beam” di Kanye West. Un monumento, un monolite, ovviamente nero, che tanto ricorda quello che Stanley Kubrick piazzò nel 1969 in mezzo ai primati nel suo 2001 Odissea nello spazio. Quei primati ora siamo noi, disorientati e attratti da un’opera ipnotica e dolorosa. Dove si vede un’adolescente in costume da bagno scaraventata a terra da un poliziotto bianco e Martin Luther King che saluta a bordo di un’auto scoperta; un uomo picchiato da diversi agenti in uniforme e LeBron James che si libra in volo prima di una sublime schiacciata; Barack Obama che canta “Amazing Grace” durante un funerale a Charleston e Derek Redmond, il quattrocentista inglese passato alla storia per il suo infortunio alle Olimpiadi di Barcellona, quando pochi metri prima del traguardo si strappò un muscolo e fu aiutato dal padre che eluse la sorveglianza e lo sorresse per fargli concludere la corsa. Miles Davis e Angela Davis. Ad un tratto del film-poema lungo sette minuti una donna chiede: «Come sarebbe l’America se amiamo i neri tanto quanto amiamo la cultura nera?». Già, come sarebbe?

Tutto questo lungo preambolo per raccontare che dal 4 novembre al 15 gennaio Arthur Jafa, Leone d’oro come miglior artista alla cinquantottesima Biennale di Venezia nel 2019, sarà protagonista di una spettacolare mostra a Torino. Rhamesjafacoseyjafadrayton, allestita alle Ogr negli spazi del binario 1, sarà un’unica grande installazione composta da alcuni dei suoi lavori più recenti. Un mix di clip, manufatti ed happenings il cui impasto offre un’analisi sulla black culture negli Stati Uniti di un’intensità e di una complessità che non ha eguali nella storia dell’arte. Eppure Jafa, che in passato ha collaborato con registi come Spike Lee e lo stesso Kubrick (è stato cameraman della seconda unità per Eyes Wide Shut) e con artisti come Jay-Z e Solange Knowles, ha sempre lavorato così, fin da quando era ragazzino. Fin da quando ritagliava da giornali e riviste le immagini che lo affascinavano o turbavano di più assemblando, montando componendo veri e propri collage visivi e visionari. L’arrivo della tecnologia ha poi reso queste composizioni interamente digitali. Un’opera minuziosa durata oltre trent’anni in cui Jafa ha lentamente stravolto le regole del gioco, mettendo in discussione alcuni princìpi culturali da sempre dati per scontati su temi come identità e razza. Jafa si chiede: come possono i media, gli oggetti, le immagini statiche e quelle in movimento trasmettere la potenza, la bellezza e l’alienazione proprie della Black culture statunitense? La mostra torinese offre una delle possibili risposte, virando il tutto sulla musica. Tanto che il titolo del progetto a cura di Claude Adjil, Judith Waldmann con Hans Ulrich Obrist non è altro che l’insieme dei nomi di tre famose chitarre elettriche: Arthur Rhames, Pete Cosey, Ronny Drayton. L’iniziativa che sarà in scena alle Ogr nasce da un’idea di Amira Gad, curatrice di origine egiziana, ed è parte del tour della mostra di Jafa A Series of Utterly Improbable, Yet Extraordinary Renditions promosso da Serpentine.

A evidenziare la relazione con la musica e la contaminazione tra differenti discipline il giorno dell’inaugurazione – il 4 novembre alle ore 22.30 – il pianista jazz Jason Moran, la violoncellista Okkyung Lee e il bassista Melvin Gibbs si esibiranno insieme nel Duomo di Ogr Torino per una serata interamente concepita dall’artista, da sempre abituato a convivere con il mondo delle note. «A Tupelo – ha ricordato Jafa di recente – la radio era dominata da Elvis Presley. Lo conoscevano e apprezzavano soprattutto nella parte nera della città: quando Elvis era un bambino, si sedeva sotto il portico di una casa vicina alla mia e suonava la chitarra».

L’ultimo lavoro di Arthur Jafa sarà Cudhial, un film narrativo, ambientato nel delta del Mississippi, che racconta la relazione amorosa tra uno studente di liceo di diciassette anni e il suo insegnante. Un’opera complessa, dalla genesi tormentata dai numerosi lockdown, a cui l’artista pensa da decenni. «Non sapevo esattamente cosa significasse Cudhial, – ha spiegato lo stesso autore – ma ora ho scoperto che è solo una sensazione, una sorta di nostalgia. Credo riguardi la mia idea personale dell’essere nero. È un po’ come dire: “Quella dolorosa esperienza che ho vissuto mi ha reso quello che sono”. Non vorrei riviverla, ma ci ritorno costantemente e in un certo senso mi ci crogiolo perché tutto nella vita è un impasto: le parti piacevoli sono spesso legate a quelle dolorose». Un po’ come avviene nella sua poetica e nei suoi film, che vivono ed trovano un senso soltanto se alla grazia di un assolo di sassofono di Charlie Parker si accostano gli orrori del Ku Klux Klan.

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