Lo ha comprato per dodici milioni di dollari: è stata l'unica offerta per un'opera che ne vale dieci solo di materiale.
Angoulême, uno dei più prestigiosi festival di fumetti al mondo, quest’anno potrebbe saltare a causa di scandali, boicottaggi e tagli ai finanziamenti
L'organizzazione è accusata di aver provato a insabbiare un'indagine su uno stupro e centinaia di artisti hanno deciso di non partecipare in protesta. L'edizione 2026 è a rischio.
Per decenni Angoulême è stato il luogo in cui il fumetto europeo si faceva bello. Ora però il festival internazionale della bande dessinée è in crisi nera, tanto che rischia concretamente di saltare l’edizione 2026, travolto da boicottaggi, accusato di aver provato a insabbiare un’accusa di stupro e abbandonato dal governo persino dal governo francese.
Secondo il Guardian, il governo francese ha ritirato una parte dei finanziamenti (200 mila euro) dopo le denunce sulla gestione non adeguata dell’evento: sfruttamento dei volontari, rincari eccessivi dei biglietti, commercializzazione estrema di un festival che dovrebbe essere innanzitutto culturale. A far scoppiare il caso è stato però un tentativo d’insabbiamento di uno stupro: una dipendente del Festival che aveva presentato una denuncia per uno stupro avvenuto durante l’edizione 2024 sarebbe infatti stata licenziata proprio per questo motivo, per aver deciso di denunciare l’accaduto alle autorità (cosa che ha fatto nonostante il licenziamento, tanto che la Procura ha aperto un’indagine sul caso). Quando la notizia è trapelata, autori, autrici – soprattutto autrici, le prime a lanciare il boicottaggio – e grandi editori hanno annunciato che non avrebbero partecipato alla prossima edizione in solidarietà con la vittima. Le Monde racconta come il boicottaggio si stia estendendo, con sempre più autori ed editori che non parteciperanno «in nessuna forma», finché la società organizzatrice 9eArt+ non ammetterà le sue mancanze e farà un passo indietro (non sono bastate le dimissioni di Franck Bondoux, direttore di 9eArt+). Tra coloro che hanno aderito alla protesta ci sono Raid Sattouf, Art Spiegelman e Anouk Ricard, vincitrice del Grand Prix dello scorso anno.
Uno scandalo che ha portato anche la politica francese a intervenire nella vicenda. La ministra della cultura Rachida Dati ha annunciato un taglio di oltre il 60 per cento ai finanziamenti statali al festival, scelta che però non fa che aggravare la crisi invece che risolverla. È chiaro che, senza un ripensamento strutturale, il rischio è una semplice punizione economica che però quasi non tocca il problema di fondo, cioè chi decide cosa viene celebrato, in che modo e a quali condizioni. Punizione che metterà in affanno anche l’economia locale di Angoulême e dintorni, per cui il festival è un evento strategico e irrinunciabile. La situazione ormai si è fatta talmente grave che mercoledì 19 novembre il quotidiano Liberation ha pubblicato un articolo in cui si dava per certo il fatto che Angoulême non si sarebbe fatto. L’organizzazione del festival ha smentito la notizia, ma i dubbi sulla possibilità che l’evento si tenga, o quanto meno si tenga a gennaio come da programma, sono fortissimi. Anche un portavoce della ministra Dati ha detto che, se la situazione dovesse rimanere quella attuale, «è difficile capire come il festival si possa fare nel 2026»
Questa crisi d’immagine fa sorgere dubbi su tutto il sistema del grande festival francese: eventi percepiti come vetrine glamour, sostenuti da fondi pubblici e privati, ma costruiti su lavoro precario, volontariato mal pagato, opacità nella governance. Per anni il racconto ufficiale è stato quello della celebrazione della creatività. Oggi il settore chiede che si parli anche di chi rende possibile quella celebrazione, a quali condizioni materiali, con quali tutele contro abusi e violenze.
Lo abbiamo incontrato a Milano e con lui abbiamo parlato del suo nuovo romanzo, di cavi in fibra di vetro piazzati sul fondo del mare, di Leonardo DiCaprio, del Papa, di ChatGPT e di vini bianchi.