Cultura | Fumetti
Altan e la tragicommedia umana
Abbiamo parlato con il grande vignettista e fumettista in occasione dell'uscita di Ada e altre giungle per Coconino Press: una raccolta che riunisce storie inedite o pubblicate su Linus e su altri giornali.
Nei personaggi e nelle storie di Altan, ci siamo tutti noi. Ci sono i ricchi e ci sono i poveri. C’è il mondo di ieri e c’è pure quello di oggi. Ogni parola è scelta con cura: ha un ruolo, più che un significato, preciso. E colpisce più e meglio della spada. Cala senza pietà, intacca visioni e pregiudizi, e ribalta qualunque tipo di luogo comune. Ada e altre giungle è una raccolta di fumetti edita da Coconino Press: alcuni sono stati pubblicati originariamente sulla rivista Linus e su altri giornali, altri sono inediti in Italia. La protagonista, Ada Frowz, è una ragazza inglese che si ritrova coinvolta in intrighi e avventure. All’inizio va in Africa per mantenere una promessa fatta a suo zio in punto di morte. Poi si ritrova ad affrontare nazisti e assassini. È lo spunto ideale per mettere a nudo il bigottismo e le convenzioni sociali. Le vignette sono esilaranti, cattive e astutamente costruite.
Ogni ritaglio è pieno di dettagli, di battute e di trovate incredibili: Altan non nasconde, ma accentua le assurdità dei suoi personaggi; gioca con gli estremi, con i paradossi; non esita a prendere in giro Ada. Tutti la desiderano, ma la sua cameriera la tratta malissimo. Sembra brillante, e invece non riesce a vedere la realtà dei fatti. È pronta a fare qualsiasi cosa per i soldi, e per i soldi, più volte, rischia di morire. È sensuale, furba, fortunata; e allo stesso tempo è fragile, ingenua e viziata. Ama la preside del suo collegio, e la ama appassionatamente; ma poi se ne dimentica e la ignora del tutto. Dice Altan di aver sempre apprezzato la letteratura inglese. «E Ada e altre giungle è solo un tentativo di parlare degli stessi temi e di muovermi nello stesso campo. Poi sa: quando uno comincia a fare le cose, le cose sanno trovare una strada da sole».
ⓢ Nella sua prefazione, Ratigher (direttore di Coconino Press, nda) la paragona a Flaiano.
È un paragone che mi rende felice, non lo nascondo. Flaiano mi è sempre piaciuto molto. Aveva un occhio attento sulla società italiana, e sapeva descriverla magnificamente, senza risparmiarsi.
ⓢ Anche se sviluppata alla fine degli anni ’70 e ambientata nella primissima metà del ‘900, tra la prima e la seconda guerra mondiale, Ada e altre giungle è di un’attualità disarmante. Perché secondo lei?
Il merito non è mio: non ho previsto nulla. La verità è un’altra. Le cose cambiano molto poco e molto lentamente. Le vecchie strisce e le vecchie vignette funzionano ancora perché, semplicemente, il contesto in cui viviamo è rimasto lo stesso.
ⓢ E i fumetti di oggi fanno fatica a raccontarlo?
Non riesco a seguire l’attuale produzione di fumetti, confesso. A quei tempi, però, i temi di Ada e altre giungle erano estremamente sentiti. Era un altro periodo.
ⓢ Che ruolo ha avuto il Brasile nella creazione di questa storia?
Per me ha rappresentato la scoperta di molte cose. Grazie al Brasile, ho imparato a conoscere un mondo segnato da differenze abissali. Non solo culturali, ma proprio di vita. Sono cose che ho toccato con mano e che ho visto da vicino. Il mio lavoro mi portava in giro, e mi permetteva di ritrovarmi faccia a faccia con certi problemi.
ⓢ In Ada e altre giungle, gli occidentali sono infantili e immaturi. Non sappiamo accontentarci?
L’Occidente non si fa bastare mai niente, ed è proprio a causa di questa eterna insoddisfazione che sono nate le crisi ambientali, politiche e sociali che stiamo affrontando. Proviamo costantemente a sostituire ciò che abbiamo, considerandolo vecchio e superato; compriamo con l’unico obiettivo di accumulare, senza vere necessità. È un processo che mi sembra inarrestabile. O forse, ecco, si fermerà solo quando si fermerà anche tutto il resto.
ⓢ Manca poco a questa rottura?
Ci stiamo avvicinando a passi svelti, secondo me.
ⓢ Nel suo fumetto resiste l’elemento della meraviglia.
Perché c’è molta letteratura, come le dicevo, e c’è molto Conrad. Le persone sperdute nella giungla, che poi si ritrovano, è un’idea estremamente diffusa e presente in un certo tipo di racconti.
ⓢ Milo Manara dice che oggi non c’è più il senso per l’avventura.
Perché abbiamo l’impressione di sapere tutto. Perché ogni cosa, oggi, si può vedere in televisione e online. Ma è, appunto, solo un’impressione. È diminuita drasticamente la curiosità delle persone, e soprattutto è diminuita la voglia di scoprire con i propri occhi, direttamente, il mondo.
ⓢ Come si riconosce la storia giusta?
Anche quella, se vuole, è una piccola avventura. Molti dettagli nascono durante la scrittura e durante il disegno. Mi è successo spesso. Ho trovato personaggi secondari quasi per caso. Non c’è alcuna premeditazione.
ⓢ Secondo lei, oggi Ada e altre giungle troverebbe un editore?
Penso di sì. In questi anni è cambiata profondamente la percezione che abbiamo di alcuni temi. In Ada ci sono delle provocazioni che, oggi, non avrebbe senso fare. Nonostante tutti i ritardi e tutte le resistenze, qualche passo avanti è stato fatto.
ⓢ Qualcuno dice che non si può più parlare di niente.
Bisogna fare un bilancio. Tra i pro e i contro. È vero che, in questo senso, si sta un po’ esagerando. Ma è anche vero che alcune cose, una volta, venivano dette senza pensarci, automaticamente, senza capirle a fondo. Oggi c’è una consapevolezza diversa, maggiore. E non è un proprio un male.
ⓢ No?
La domanda che dobbiamo porci è un’altra. Abbiamo perso o abbiamo guadagnato di più? Proviamo a darci una risposta, e proviamo a essere onesti. Qualcosina, secondo me, l’abbiamo ottenuta.
ⓢ Come fanno a convivere due personaggi come la Pimpa e Ada?
Non lo so, me lo chiedono tutti. Sono arrivate più o meno nello stesso momento. All’epoca ero più giovane. E avevo più curiosità. Forse viene tutto da lì. So che convivono perché continuo ad occuparmi di tutte e due, ma non so spiegarle il perché.
ⓢ Dove nasce una buona battuta?
L’umorismo ha bisogno di una sorpresa. Non importa se grande o piccola. La sorpresa, a volte, ti strappa una risata. Ti spiazza. Ti fa vedere il mondo da un altro punto di vista. E ridendo puoi imparare.
ⓢ Nelle sue storie, le donne hanno un ruolo importante.
È una cosa di cui sono estremamente convinto. Hanno una concretezza e un occhio sulla realtà meno viziato.
ⓢ E i personaggi più pratici e svegli sono i personaggi secondari, che lavorano per gli altri.
Perché le loro ambizioni sono costrette dalla loro posizione. Ma all’interno del loro mondo sono i più bravi, sanno cavarsela molto bene.
ⓢ Oggi i ruoli e le classi sociali non si raccontano più così nettamente. Sono scomparsi?
I ruoli ci sono ancora, per carità. Forse una volta era tutto più chiaro ed era più facile distinguere le cose. Adesso sono tutte mescolate e confuse. Ma la sostanza è sempre la stessa.
ⓢ Non riusciamo più a vederla perché ci siamo incattiviti?
C’è un egoismo che resiste da sempre e che in questi anni non ha trovato né limiti né correzioni. Il problema, per me, è semplice. Tra la visione del singolo e quella della comunità, resta un divario enorme.
ⓢ Qual è la differenza più grande tra cinema e fumetto?
Apparentemente un fumetto sembra lo storyboard di un film, ma sono due cose diverse. Nel fumetto il tempo di lettura è un altro: puoi andare avanti, fermarti, tornare indietro. Decidi tu l’andamento della storia. Nel cinema no. Nel cinema sei costretto a seguire il ritmo imposto dal regista.
ⓢ E quanto è importante il ritmo nella narrazione?
Molto. Ci sono scrittori bravissimi che riescono a coinvolgere i lettori proprio grazie al ritmo: con le pause, con i ribaltamenti di prospettiva, con l’alternanza delle voci.
ⓢ Quali storie le interessa raccontare in questa fase della sua vita?
Non ho più le energie per raccontare quelle più lunghe. È un lavoro pesante, che ti prende moltissimo. Una volta lavoravo per ore e ore, e non mi fermavo nemmeno la notte. Mi perdevo in queste storie e non ero in grado di uscirne. Oggi le uniche storie che racconto sono quelle della Pimpa.
ⓢ Un aspetto positivo degli anni che passano?
Io non mi lamento. Per ora, via, mi va abbastanza bene.