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I Paesi africani chiedono (per l’ennesima volta) di cambiare la mappa del mondo perché in quella attuale l’Africa è troppo piccola Le 55 nazioni dell'Unione africana vogliono cestinare la mappa di Mercatore, vecchia di secoli, e sostituirla con una più moderna e realistica.
Uno dei tormentoni dell’estate giapponese è un canzone generata con l’AI e basata su un meme “Yaju & U” è la prima canzone interamente, esplicitamente fatta con l'AI a raggiungere un tale successo. Facile prevedere che non sarà l'ultima.
In Repubblica Ceca una politica si è ritirata dalle elezioni perché accusata di aver assoldato un sicario per uccidere un cane Margita Balaštíková, però, nega tutto: non ha mai voluto uccidere il cane, solo rovinare la vita al padrone, il suo ex marito.
Il prossimo film di Danny Boyle sarà un biopic su Rupert Murdoch Si intitolerà Ink e, stando alle indiscrezioni, a interpretare Murdoch sarà Guy Pearce.
Se gruppi Facebook come “Mia Moglie”, in cui uomini pubblicano foto delle compagne senza il loro consenso, rimangono aperti è anche per colpa dell’AI Se ne sta parlando moltissimo dopo la denuncia della scrittrice Carolina Capria: il gruppo, a cui erano iscritti 32 mila uomini, è rimasto aperto e pubblico per 6 anni, sfuggendo a ogni moderazione.
In Lituana gli studenti delle elementari e delle medie impareranno a pilotare droni per essere pronti in caso di invasione russa Agli studenti verrà insegnato a costruire e pilotare droni per aumentare il potenziale difensivo in vista di un potenziale attacco russo.
Tarantino ha detto di aver cancellato The Movie Critic quando si è accorto che il critico cinematografico è il mestiere più noioso del mondo «Nessuno vuole vedere un film su un critico cinematografico», ha spiegato, ospite del podcast The Church of Tarantino.
Associated Press non pubblicherà più recensioni letterarie perché a leggerle sono rimasti in pochissimi E a organizzarle, programmarle, scriverle ed editarle ci vuole invece molto tempo e molta fatica, ha spiegato l'azienda.

Per Slate nessuno «merita» il Nobel: specie Bob Dylan e Philip Roth

14 Ottobre 2016

Il Nobel per la Letteratura crea sempre polemiche, spesso legate alla notorietà o alla effettiva qualità dell’autore, quest’anno però, con l’assegnazione del premio a Bob Dylan, il fronte delle polemiche è completamente mutato. Innanzitutto c’è il problema che Dylan non è uno scrittore ma un cantautore, e poi l’altra questione, chiamata in causa in queste ore, della sua notorietà globale.

L’editorialista letteraria di Slate Laura Miller critica l’assegnazione del premio di quest’anno da una prospettiva particolare: dare il Nobel a Bob Dylan, scrive, è un atto «fondamentalmente anti-letterario», nella stessa misura in cui è «anti-letteraria» la posizione di chi dice che Philip Roth merita il Nobel.

Miller parte da una polemica ben nota al pubblico italiano, notando che il Nobel, «è famigerato per essere lontano dai gusti del pubblico e della stampa». A differenza del Pulitzer, infatti, il premio dell’Accademia svedese spesso corona autori sconosciuti non soltanto al grande pubblico ma anche agli stessi critici letterari, per lo meno nel mondo anglo-occidentale: l’editorialista ricorda «svariate mattine d’ottobre passate a spiegare al caporedattore, con somma umiliazione, che non hai mai sentito, per non dire letto, quell’autore che è appena stato dichiarato un genio assoluto».

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Secondo alcuni, la tendenza da parte dell’Accademia svedese a premiare autori relativamente sconosciuti è «oscurantista», e forse il risultato di una scelta precisa, e «troppo politicamente corretta», di discostarsi dall’establishment letterario anglo-americano. “Perché non danno il Nobel a Philip Roth?”, è una delle reazioni più frequenti tra chi non condivide questo approccio. L’editorialista però ricorda che per molti altri il «lavoro del Nobel» è proprio questo, cioè «mettere noi provinciali anglo-americani a disagio per la nostra ignoranza sugli autori del resto del mondo, che gli editori non si sono dati la briga di tradurre perché eravamo tutti concentrati sul nuovo romanzo di Franzen».

Visto che la brand identity del Nobel è strettamente associata all’incoronazione di autori relativamente sconosciuti ma dall’alto valore letterario, secondo il giudizio dell’Accademia di Svezia, la scelta di Dylan probabilmente è una sorta di «jolly volta a confondere le acque di questa identità». Comunque la si pensi, prosegue Miller, il punto del Nobel è dare «prestigio», che è una valuta completamente separata dalla celebrità. E il «prestigio» è, per definizione, una cosa assai fumosa e arbitraria: «Proprio come la fata Campanellino, esiste soltanto se tu ci credi».

Può dare fastidio che un autore molto amato e riverito, come per l’appunto Philip Roth, non riceva il Nobel. Ma a conti fatti «l’idea stessa che alcuni autori abbiano diritto a un Nobel è profondamente anti-letteraria», conclude. «Lo è, sfortunatamente, anche dare il Nobel a Dylan».

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