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Nell’internet del futuro forse non dovremo neanche più cliccare perché farà tutto l’AI Le aziende tech specializzate in AI stanno lanciando nuovi browser che cambieranno il modo di navigare: al posto di cliccare, chatteremo.

Storia dei marmi del Partenone e di tutte le volte che la Grecia li ha chiesti indietro

13 Ottobre 2014

Amal Alamuddin, l’avvocato britannico di origine druso-libanese nonché moglie di George Clooney, è anche consulente legale del governo di Atene. La sua missione? ottenere la restituzione dei marmi del Partenone che attualmente si trovano al British di Londra.

In realtà non è affatto la prima volta che la Grecia chiede agli inglesi di restituire i celeberrimi fregi in marmo, che risalgono all’età di Pericle (V secolo a.C.) e che si trovano in mano inglese dal 1810. A quei tempi la Grecia era sotto la dominazione ottomana e l’allora ambasciatore britannico presso l’impero ottomano, Thomas Bruce VII conte di Elgin , appassionato di arte classica, chiese al sultano il permesso di portare in patria alcune statue e decorazioni di suo gradimento. Il conte staccò una parte del fregio e diverse statue del frontone, che furono trasferite a Londra: da allora quella collezione è nota nel mondo anglosassone come “the Elgin marbles”, i marmi di Elgin.

La Grecia, divenuta indipendente dall’impero ottomano nel 1832, immediatamente chiede al governo inglese di restituire le statue e i fregi: la prima petizione ufficiale per la restituzione dei marmi del Partenone risale infatti al 1833.

Invece la prima richiesta da parte di un governo greco democraticamente eletto (cioè dopo la caduta del regime militare nel 1974) risale al  1983, quando l’esecutivo firma una risoluzione su iniziativa dell’allora ministro della cultura Melina Mercouri.

Il governo inglese ha sempre rispedito al mittente le richieste greche. I greci però sostengono che i marmi sono ottenuti illegalmente. Inoltre, sempre secondo i greci, tenerli al British Museum significa esporli al di fuori del loro contesto architettonico originale, snaturandone il significato: le celebri statue infatti si trovavano all’interno del frontone, non erano figure a sé stanti ad altezza uomo. Infine fanno notare che i marmi sono stati danneggiati dal British Museum alla fine degli anni Trenta, a causa di opere di pulizia maldestre.

Gli inglesi però sostengono di essere in grado di conservare meglio i marmi di quanto non potrebbe fare Atene. Inoltre negano che siano stati acquisiti in modo illegale. L’Unesco proibisce esplicitamente l’esportazione di artefatti che fanno parte del patrimonio artistico di una nazione. Tuttavia la convenzione dell’agenzia dell’Onu risale al 1970, dunque a più di 150 anni dopo l’operazione di Elgin.

Nelle immagini: alcune statue provenienti dal frontone del Partenone, messe in mostra al British Museum; un’illustrazione della facciata del tempio, da cui si vedono le disposizioni originarie delle statue (nel frontone) e dei fregi in bassorilievo (tra i capitelli e le colonne)

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