Hype ↓
12:32 giovedì 4 settembre 2025
È uscito il primo teaser di Cime tempestose con Jacob Elordi e Margot Robbie Un minuto e mezzo di scene che ci confermano che sì, il film diretto Emerald Fennell, la regista di Saltburn, sarà un adattamento erotico.
Già nel 2018 c’erano state accuse di incuria per la funicolare di Lisbona Dopo un altro deragliamento, quella volta senza gravi conseguenze.
Trieste è piena di turisti delle crociere che non possono attraccare a Venezia e quindi li scaricano a Trieste Le persone fanno un giro in città e poi prendono l'autobus. Per Venezia.
I Radiohead hanno annunciato un nuovo tour che farà tappa anche in Italia Arriveranno a Bologna, a novembre. I biglietti saranno disponibili solo registrandosi prima sul sito della band dal 5 al 7 settembre.
Alla grande parata militare di Xi Jinping in Cina hanno partecipato anche dei soldati-lupi-robot Hanno sostituito i loro predecessori, i cani-robot, che evidentemente non hanno soddisfatto i generali cinesi.
Shein ha usato un modello AI uguale a Luigi Mangione in una pubblicità ma ha dovuto rimuoverla subito È durata poco, molto poco, la prima volta di Luigi Mangione come testimonial di una multinazionale (a sua insaputa).
Sulla Global Sumud Flotilla c’è anche la scrittrice Naoise Dolan «Qualunque cosa accada sulla barca non potrà causarmi più disperazione di quanta ne provocherebbe il non fare nulla», ha detto.
Chloe Malle è la nuova direttrice di Vogue Us Figlia dell'attrice Candice Bergen e del regista francese Louis Malle, dal 2023 era direttrice del sito di Vogue, dove lavora da 14 anni.

Adesso anche le donne possono saltare

Il documentario "Pronte a volare" in onda questa sera su Cielo racconta la battaglia per il riconoscimento dello ski jump come disciplina olimpica femminile. E chi l'ha portata avanti: la squadra americana.

10 Febbraio 2014

L’essenza di un buon salto sta nella gestione impeccabile di quattro momenti: la corsa, il decollo, il volo, l’atterraggio. Nella prima si prende velocità, accovacciati sugli sci e pronti a buttarsi nel vuoto; nella seconda si contraggono i muscoli, ci si fa leggeri e si spicca il salto vero e proprio. Il volo (dicono) è la fase più bella ed è inevitabilmente la meno stabile: la posizione – con gli sci a formare una v, le punte aperte – va mantenuta fino all’atterraggio, con gli sci paralleli, a distanza di centinaia di metri dalla partenza. Il tutto in 10 secondi e poco più: quasi un istante, se valutato con i parametri della vita quotidiana; il frutto di anni di preparazione, invece, per gli atleti di ski jump che sognano l’oro olimpico.

Con le Olimpiadi di Sochi 2014 i riflettori tornano a essere puntati sulle discipline invernali nelle loro mille sfaccettature. Lo ski jump è una di queste. E per la prima volta è anche una disciplina olimpica femminile: una vittoria di per sé, visto che per anni è stato uno degli sport riconosciuti dal Comitato Internazionale Olimpico solo nella sua versione maschile. Ed è stato oggetto di una lunga battaglia, condotta in tribunale come sui giornali, da atlete perseveranti e appassionate. Come quelle della squadra di ski jump degli Stati Uniti.

La storia “al femminile”di questo sport e della sua ammissione nel gruppo delle discipline olimpiche è infatti legata a doppio filo a quella delle ragazze americane che domani, in occasione della prima gara ufficiale che si disputerà sotto il vessillo dei cinque cerchi, si infileranno tute, caschi e sci. E salteranno per vincere. Come sempre. A loro ( la squadra ufficiale a Sochi è composta da tre atlete: Lindsey Van, Jessica Jerome e Sarah Hendrickson, ma del team fanno parte anche Abby Hughes e Alissa Johnson) è dedicato il documentario Pronte a Volare, curato da William A. Kerig, in onda in esclusiva su Cielo oggi in seconda serata.

La storia delle “saltatrici” americane è molto interessante, non solo perché, ad oggi, sono le migliori del mondo: a raccontarla qualche mese fa è stato il New York Times Magazine, in un lungo articolo firmato da Michelle Silcoff, giornalista che con le ragazze ha passato molto tempo, seguendole negli allenamenti allo Utah Olympic Park, ma anche al ristorante thailandese per un pranzo (un po’ troppo) frugale. La loro vicenda da un lato coincide con la già citata lunga battaglia (è cominciata nel 2002) per l’ammissione dello ski jumping femminile tra le discipiline olimpiche, dall’altra costituisce una sorta di archetipo per raccontare il mondo sportivo al femminile, tra obiettivi da raggiungere e battute d’arresto impreviste, disciplina e coesione, allenamenti faticosi e problemi alimentari.

Ad emergere dal minuzioso reportage della Silcoff sono due figure: Sarah Hendrickson e Lindsay Van. Sarah, 19 anni, è una giovane talentuosa e tenace: dopo aver vinto nove delle 13 competizioni mondiali di salto con gli sci femminile nel 2012, nell’agosto 2013 ha subito un brutto incidente in Germania rischiando di compromettere la propria presenza a Sochi 2014. Protagonista di un recupero record, la giovane Hendrickson è una delle punte di diamante della squadra olimpica americana (nonché una delle atlete ad aver, fin dall’inizio, attirato l’interesse di sponsor del calibro di Nike e Red Bull).

Lindsay è una veterana; ha cominciato a saltare con gli sci a soli 8 anni e fin da subito ha avuto un obiettivo ben chiaro in testa: le Olimpiadi. Proprio per questo motivo si è resa volto e portavoce della campagna per il riconoscimento dello ski jump femminile da parte del Cio. Una lotta complicata, arrivata perfino in tribunale quando, in vista delle olimpiadi invernali di Vancouver, nel 2010, un gruppo di 15 atlete denunciò il Vancouver Organizing Committee per discriminazione: il processo venne perso in appello nel novembre 2009 e Lindsay Van decise di abbandonare l’agonismo. Salvo poi ripensarci, nel 2012, complice un nuovo tipo di training effettuato in una sorta di galleria del vento. E ha riscoperto quello che ama, al di là della causa, al di là dell’agonismo: «Ho aspettato per due anni una svolta del genere – ha detto al New York Times Magazine – Ora, quando salto, sento qualcosa che non provavo da molto tempo. Sono felice. Mi sono ricordata che saltare mi rende felice».

Articoli Suggeriti
L’attivista palestinese che ha lavorato a No Other Land è stato ucciso da un colono israeliano

Maestro e attivista, Odeh Muhammad Hadalin aveva aiutato i registi del documentario premio Oscar a girare il loro film a Masafer Yatta.

Sam Altman ha detto che a differenza dell’avvocato e del terapeuta, Chat GPT non ha l’obbligo del segreto professionale

Quello che le diciamo non si può cancellare e potrebbe essere usato in tribunale.

Leggi anche ↓
L’attivista palestinese che ha lavorato a No Other Land è stato ucciso da un colono israeliano

Maestro e attivista, Odeh Muhammad Hadalin aveva aiutato i registi del documentario premio Oscar a girare il loro film a Masafer Yatta.

Sam Altman ha detto che a differenza dell’avvocato e del terapeuta, Chat GPT non ha l’obbligo del segreto professionale

Quello che le diciamo non si può cancellare e potrebbe essere usato in tribunale.

Ripensare tutto

Le storie, le interviste, i personaggi del nuovo numero di Rivista Studio.

Il surreale identikit di uno degli autori dell’attentato a Darya Dugina diffuso dai servizi segreti russi

La Nasa è riuscita a registrare il rumore emesso da un buco nero

Un algoritmo per salvare il mondo

Come funziona Jigsaw, la divisione (poco conosciuta) di Google che sta cercando di mettere la potenza di calcolo digitale del motore di ricerca al servizio della democrazia, contro disinformazione, manipolazioni elettorali, radicalizzazioni e abusi.