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One Piece è diventato «una minaccia all’unità nazionale» in Indonesia Un trend apparentemente innocuo su TikTok con protagonista la bandiera pirata di Luffy si è trasformato in un vero e proprio caso politico.
Un nuovo studio ha scoperto che non sono stati i nazisti a uccidere l’ornitorinco di Winston Churchill Ottant'anni dopo la sua morte, un team di scienziati ha scagionato i sottomarini nazisti, scoprendo i veri colpevoli della morte dell'animale.
Uno spettatore è morto durante il concerto degli Oasis a Wembley È caduto dall’anello superiore a quello inferiore: la band ha pubblicato un messaggio di cordoglio. 
Il nuovo regolamento per la tutela dei minori online in Regno Unito ha bloccato i post sulla guerra in Ucraina e Gaza Sono stati tra i primi contenuti online a essere oscurati dalle nuove regolamentazioni inglesi, prima di pornografia e video violenti.
L’assessore ai grandi eventi del comune di Roma sta facendo di tutto per portare gli Oasis in città Anche se al momento la reunion dei fratelli Gallagher non prevede l'Italia, Roma si è già fatta avanti con insistenza. 
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È morto Robert Wilson, il regista che inventò l’opera teatrale totale Con spettacoli come Einstein on the Beach portò musica, videoinstallazioni e l’interdisciplinarietà a teatro, modernizzandone il linguaggio.

I creatori del legal fake di Supreme sono stati condannati per frode

06 Luglio 2021

Ci sono voluti 5 anni di processi legali per riconoscere che il brand Supreme Italia non era che una copia di Supreme. Quello vero è stato fondato a New York 27 anni, quello finto invece nel 2015, a Barletta, con vestiti prodotti nelle stesse fabbriche dalle quali prima uscivano le magliette di Monella Vagabonda e Miss Ribellina, le stesse dove iniziò il fenomeno delle falsificazioni di Boy London e di Pyrex. Messi a confronto, i modelli sono uguali, con stesso nome e box del logo rosso. A tutti gli effetti, non infrangono le leggi delle proprietà intellettuali: sono legal fake, nascono cioè quando un’azienda registra un marchio in un Paese prima del marchio originale, copiandone poi i prodotti. Dal momento che Supreme ha sempre puntato alla vendita limitata, con un paio di punti nel mondo e registrando solo il marchio negli Stati Uniti, per Supreme Italia è stato facile registrarlo in Paesi come San Marino, Italia, Spagna, conquistando poi il mercato asiatico, come la Cina.

Negli scorsi giorni però un giudice inglese ha dichiarato a tutti gli effetti le attività dei creatori di Supreme Italia, padre e figlio, fraudolente, specificando che si è trattato dell’operazione di contraffazione «più sfacciata, offensiva e disonesta» che avesse mai visto. Il processo si è tenuto nel Regno Unito perché l’azienda proprietaria di Supreme Italia ha sede a Londra, International Brand Firm, elemento che ha ritardato la pena perché si è trattato di un caso multi-giurisdizionale «forse il più importante degli ultimi anni», aveva scritto Bloomberg. Michele Di Pierro, il fondatore, dovrà scontare una pena di 8 anni, mentre il figlio Marcello, ventiquattrenne, solo 3. Dovranno inoltre pagare a Supreme una multa di 8,7 milioni di dollari.

L’accusa ultima è stata quella di aver sabotato l’immagine del brand originale e di averlo poi plagiato. Michele Di Pierro si è sempre dichiarato innocente dicendo che il marchio (vero) non fosse conosciuto da nessuno in Italia e che loro stessero «portando avanti un progetto completamente diverso da Supreme New York», aveva detto a Nss Magazine. Si tratta di una storia che va avanti dal 2016 quando Supreme Italia aveva debuttato alla collezione Primavera Estate di Pitti Uomo confondendo tutti, convincendo molti che si trattasse del marchio originale. Ricordiamo che anche il Supreme originale era stato accusato a sua volta di plagio dall’artista Barbara Kruger, che negli anni Ottanta aveva creato una targhetta rossa con la scritta bianca in carattere Futura, uguale a quello che sarebbe diventato il box logo di Supreme. Per ripercorrere tutta la storia di Supreme Italia, comunque c’è anche un bellissimo articolo animato di Bloomberg.

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