Le attiviste che hanno lanciato la zuppa di pomodoro sui Girasoli di Van Gogh hanno compiuto un gesto narrativamente perfetto ma che lascia un dubbio: si può discutere della crisi climatica compiendo azioni così radicali?
A New York ha inaugurato The Social Distance Club, il primo grande evento post Covid
Capita ultimamente di vedere le scene, nei film e nelle serie, in cui si balla tutti vicini e appiccicati e provare nostalgia. Capita perfino a chi non ha mai messo piede in una discoteca (non ti accorgi dell’importanza di una cosa finché non la perdi, si dice così?). Forse è per questo che la prima serata in un locale con il distanziamento sociale, a New York, ha registrato il tutto esaurito. Non proprio un club: ospitata nell’Armory, la gigantesca armeria riconvertita di Park Avenue che offre il vantaggio di uno spazio immenso, “SOCIAL! the social distance dance club”, ha fatto il tutto esaurito martedì. Presentato come una performance «di movimento interattivo ed esperienziale» e come «un momento catartico e comune di libertà», l’evento è fondamentalmente un modo abbastanza elaborato per ballare sulla musica (la playlist si muove tra Daft Punk e James Brown) con estranei, in una grande stanza. Concepito dal coreografo Steven Hoggett, dalla scenografa Christine Jones e dal musicista David Byrne, “SOCIAL!” invita 100 partecipanti, previa iscrizione, a ritrovarsi insieme, ciascuno a qualche metro di distanza dagli altri (più di 3 metri), occupando l’intera Drill Hall dell’armeria.
Secondo Siobhan Burke, che ha recensito l’evento per il New York Times, più che un semplice “ballare in discoteca” si tratterebbe quasi di una performance artistica, considerando che durante la serata la voce registrata di Byrne prova a dare l’idea della “normalità cittadina” e di un locale vero e proprio, guidando anche i movimenti dei presenti (dicendo per esempio «attento a non calpestare quella fetta di pizza per terra», «rallenta un po’», «ehi, ti passano accanto con un drink»). «Anche il fatto di ballare in un posto punteggiato da strisce e disegni colorati che indicano la distanza che dobbiamo tenere non favorisce di certo la catarsi, anzi», ha scritto Burke. «C’erano momenti in cui credevo che ballare da sola nel mio soggiorno angusto e scricchiolante potesse essere più liberatorio di quello che stavo facendo».
Forse è stato proprio a causa dello stretto e inevitabile controllo in ogni fase dell’evento – un aspetto probabilmente necessario per ogni esibizione dal vivo per il prossimo futuro – che secondo Burke “SOCIAL!” non ha ottenuto il risultato sperato, nonostante il sold out. «Prima di entrare abbiamo aspettato tantissimo, ci hanno controllato la temperatura e fatto un test rapido per Covid-19 nei corridoi. Poi ci è stato rilasciato un “passaporto” numerato da portare al collo con cordino, il tutto seguito da un’altra ora di attesa per i risultati dei test e per capire dove posizionarci». Viene da chiedersi se forse, a questo punto, non sia meglio aspettare di ballare come una volta, ancora per un po’.

Come funziona Jigsaw, la divisione (poco conosciuta) di Google che sta cercando di mettere la potenza di calcolo digitale del motore di ricerca al servizio della democrazia, contro disinformazione, manipolazioni elettorali, radicalizzazioni e abusi.