Le attiviste che hanno lanciato la zuppa di pomodoro sui Girasoli di Van Gogh hanno compiuto un gesto narrativamente perfetto ma che lascia un dubbio: si può discutere della crisi climatica compiendo azioni così radicali?
Come il tè è diventato l’arma di avvelenamento preferita in Russia
Dopo l’avvelenamento di martedì scorso di Alexei Navalny, uno dei principali oppositori di Putin in Russia, le notizie sulla dinamica, le motivazioni e le conseguenze dell’incidente si susseguono da giorni sui principali giornali internazionali. La più recente viene da fonti vicine a Navalny, le quali riferiscono che i dottori della clinica di Omsk, dove Navalny è stato ricoverato dopo l’atterraggio di emergenza del suo volo da Tomsk a Mosca, ne starebbero ostacolando il trasferimento in un ospedale di Berlino, come riportato dal Guardian. Difficile prevedere se sapremo mai la verità sull’avvelenamento (che le autorità russe negano con forza) ma intanto Navalny, che è già cieco da un occhio a causa di un attacco con l’acido, non è certo il primo oppositore politico al quale è toccata questa triste sorte in Russia.
Come ha raccontato Andrew E. Kramer sul New York Times, «il veleno, sebbene evochi intrighi medievali, è stato lo strumento preferito dai servizi segreti russi per più di un secolo». E non è affatto passato di moda: mentre altri Paesi, come gli Stati Uniti e Israele, hanno optato per specifici programmi di uccisione perlopiù legati alla lotta al terrorismo, la Russia non ha mai abbandonato il veleno, meglio se sciolto nel tè. Proprio per i tanti incidenti simili accaduti negli anni, molti oppositori accusano oggi il Cremlino di aver preso di mira un’ampia varietà di “nemici politici” sia in patria che all’estero. D’altra parte, già l’Unione Sovietica gestiva un laboratorio segreto per ricercare veleni insapore e non rintracciabili che sono stati testati su prigionieri dei gulag, come hanno riferito diversi disertori dei servizi segreti. E «dopo una serie di omicidi e tentati omicidi di dissidenti, giornalisti, disertori e leader dell’opposizione in Russia e all’estero negli ultimi due decenni, i ricercatori hanno concluso che il governo post-sovietico si è rivolto al suo arsenale velenoso come arma preferita».
Le sostanze che sono state identificate o che si sospetta siano state utilizzate in avvelenamenti imputati al governo russo includono il polonio radioattivo-210; metalli pesanti; gelsemium, una rara tossina vegetale himalayana; e Novichuk, un agente nervino militare letale al tatto. Mescolati nel cibo o in una tazza di tè, come quella consumata da Navalny all’aeroporto di Tomsk prima di ripartire, questi veleni non lasciano tracce e per essere utilizzati non richiedono una formazione specifica, come ha spiegato al Nyt Gennadi V. Gudkov, un ex membro dell’opposizione del Parlamento e un tempo colonnello del KGB. Oltre all’avvelenamento tramite cibo o bevande, molti oppositori o presunti tali sono stati sfigurati da altre sostanze come la diossina: il caso più celebre è quello dell’ex presidente dell’Ucraina Viktor Yushchenko, colpito nel 2004. Lo stesso Navalny è già stato vittima di altri attacchi ed è stato imprigionato a più riprese per poi essere rilasciato dopo brevi periodi di detenzione. Non è neanche la prima volta che incidenti di questo tipo si verificano in volo: sempre nel 2004, la giornalista Anna Politkovskaya fu avvelenata su un volo interno operato dalla compagnia aerea Karat dopo aver bevuto una tazza di tè. Riuscì a sopravvivere, ma due anni dopo fu uccisa nell’ascensore del suo appartamento.

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