Bulletin ↓
17:04 domenica 15 giugno 2025
Dua Lipa e Callum Turner si sono innamorati grazie a Trust di Hernan Diaz Il premio Pulitzer 2023 è stato l'argomento della prima chiacchierata della loro relazione, ha rivelato la pop star.
In dieci anni una città spagnola ha perso tutte le sue spiagge per colpa della crisi climatica  A Montgat, Barcellona, non ci sono più le spiagge e nemmeno i turisti, un danno di un milione di euro all’anno per l'economia locale.
Ai Grammy dal 2026 si premierà anche l’album con la migliore copertina È una delle tante novità annunciate dalla Record Academy per la cerimonia dell'anno prossimo, che si terrà l'1 febbraio.
Ronja, la prima e unica serie animata dello Studio Ghibli, verrà trasmessa dalla Rai Ispirata dall’omonimo romanzo dell’autrice di Pippi Calzelunghe, è stata diretta dal figlio di Hayao Miyazaki, Goro. 
Ogni volta che scoppia un conflitto con l’Iran, viene preso come ufficiale un account dell’esercito iraniano che però non è ufficiale Si chiama Iran Military, ha più di 600 mila follower ma non ha nulla a che fare con le forze armate iraniane.
L’unico sopravvissuto al disastro aereo in India non ha idea di come sia riuscito a salvarsi Dopo l’impatto, Vishwash Kumar Ramesh ha ripreso i sensi in mezzo alle macerie: i soccorritori l’hanno trovato mentre cercava il fratello.
L’Egitto sta espellendo tutti gli attivisti arrivati al Cairo per unirsi alla Marcia mondiale per Gaza I fermati e gli espulsi sono già più di un centinaio e tra loro ci sono anche diversi italiani.
Per ricordare Brian Wilson, Vulture ha pubblicato un estratto del suo bellissimo memoir Si intitola I Am Brian Wilson ed è uscito nel 2016. In Italia, purtroppo, è ancora inedito.

Easy Rider ha ancora qualcosa da dirci

Il cult del ’69 di Dennis Hopper è arrivato su Netflix e riguardarlo è un'ottima idea.

04 Maggio 2020

Quasi allo stesso livello di guardare  Midsommar – l’horror di Ari Aster su una comunità svedese dedita a riti di purificazione che comprendono l’auto-eliminazione degli over 70 – nei giorni in cui la Svezia è l’unico Paese d’Europa a rifiutare il lockdown, c’è guardare Easy Rider nei giorni in cui dobbiamo stare chiusi in casa (o quasi). Dal primo maggio si trova su Netflix che, forse in corrispondenza della fine della quarantena, ha deciso di festeggiare la ritrovata semi-libertà con un film che nell’edizione italiana recava il sottotitolo «Libertà e paura». Per i troppo giovani che non sanno di cosa si parla (molto grave): uscito nel 1969, è il film più rappresentativo – non necessariamente più bello – del ventennio ’60-’70. Più di 5 pezzi facili (1970) o di Punto Zero (1971) o di Zabriskie Point (1970) o di Duel (1971), tutti i film di culto di quel passaggio di decade, ma usciti un anno o due anni dopo e quindi tutti debitori in qualche modo di almeno un’ispirazione. (C’è da dire però che a sua volta il soggetto di Easy Rider è dichiaratamente ispirato al Sorpasso di Risi).

La storia produttiva di questo film, che renderà canonica la definizione di “road movie”, è quella di un lungometraggio a basso costo (400 mila dollari) girato, come si dice, in famiglia. I due attori protagonisti, Dennis Hopper e Peter Fonda, sono rispettivamente il regista e il produttore (oltre che, insieme a Terry Southern, gli sceneggiatori). Il terzo attore è un pazzescamente ispirato Jack Nicholson, avvocato di buona famiglia, ma ribelle e perennemente ubriaco e, in definitiva indimenticabile, oltre che candidato all’Oscar come non protagonista e da lì in poi lanciato verso la carriera che sappiamo (era nel giro da una decina d’anni ma senza mai arrivare alla fama).

Il successo di pubblico è tanto immediato quanto inaspettato. Uscito il 14 luglio del 1969, Easy Rider diventa subito il film da vedere di quell’estate per arrivare a conquistare il terzo posto nei maggiori incassi di quell’anno e a ottenere due nomination all’Oscar (“Miglior sceneggiatura originale” oltre a quella per Nicholson).

La trama è di una semplicità disarmante: Billy e Wyatt acquistano una partita di cocaina in Messico e la rivendono negli Stati Uniti. Coi soldi che guadagnano dall’operazione comprano due grandi motociclette chopper, che da lì in poi diventeranno icona storiche anche quelle, e partono per un viaggio dalla California a New Orleans, il famoso coast to coast, che cercano di raggiungere in tempo per il Mardi Gras. Il film è il racconto di questo viaggio che attraversa l’America, un Paese in cui si affacciano le prime manifestazioni della controcultura – gli hippie, le canne, le comuni – che resta però sostanzialmente bigotto e conservatore. Ma anche una specie di lungo video ante litteram per una una sequenza di canzoni che resteranno scolpite nella storia: “Born to be wild” (Steppenwolf), “The Weight” (The Band), “The Ballad of Easy Rider” (The Byrds), “If six was nine” (Jimi Hendrix) tra le altre.

Per chi è nato negli anni ’70, Easy Rider è stato un po’ un battesimo culturale, così come lo sono stati pochi altri film o libri o dischi di quegli anni. È su quegli anni che la mia generazione si è “formata” e sono stati quegli anni che, soprattutto quando eravamo più ingenui, abbiamo vagheggiato di rivivere. Credo sia stato così anche per quelli nati prima di me; dopo non so. Mi sono chiesto quanto siamo lontani adesso da lì, riguardando il film, che l’anno scorso festeggiava il suo cinquantenario. Il calcolo è che dei ragazzi che oggi hanno 15 o 20 anni sono lontani dal 1969 come quanto lo era per me la Seconda guerra mondiale, cosa che, più che farmi sentire vecchio, mi dà un senso di assurdità del tempo. Non so se gli anni ’90 rappresentino per un diciottenne di oggi quello che gli anni ’70 hanno rappresentato per molti diciottenni di ieri, ma non mi pare che al di là dei codici estetici, un’epoca abbia mai irradiato con così tanta potenza i suoi messaggi.

Quei messaggi Easy Rider li incarna tutti, compreso il messaggio più forte e banale, quello che visto con i nostri occhi di rinchiusi fa ancora più impressione, la libertà. La libertà di farsi crescere i capelli e di vestirsi come si vuole e il viaggiare senza meta e avere una vita senza programmi o convenzioni sociali. Guardare Easy Rider in questi giorni mi ha fatto pensare che, nel progredire ciclico della storia, potremmo ricominciare a volere cose che ci sono sembrate raggiunte o superate, un bisogno di rifiutare certe costrizioni, il desiderio di fuga. Gli anni ’60-’70 sono tornati sotto forma di revival molte volte, ma chissà, forse sotto un’altra forma, potrebbero riapparire ancora.

Articoli Suggeriti
Mountainhead, l’ennesimo buon motivo per odiare Big Tech ce lo dà Jesse Armstrong

Il creatore di Succession torna con un film in cui racconta un quartetto di tech bro ricchi, stupidi e crudeli. Ma non così interessanti.

Ronja, la prima e unica serie animata dello Studio Ghibli, verrà trasmessa dalla Rai

Ispirata dall’omonimo romanzo dell’autrice di Pippi Calzelunghe, è stata diretta dal figlio di Hayao Miyazaki, Goro. 

Leggi anche ↓
Mountainhead, l’ennesimo buon motivo per odiare Big Tech ce lo dà Jesse Armstrong

Il creatore di Succession torna con un film in cui racconta un quartetto di tech bro ricchi, stupidi e crudeli. Ma non così interessanti.

Ronja, la prima e unica serie animata dello Studio Ghibli, verrà trasmessa dalla Rai

Ispirata dall’omonimo romanzo dell’autrice di Pippi Calzelunghe, è stata diretta dal figlio di Hayao Miyazaki, Goro. 

Per ricordare Brian Wilson, Vulture ha pubblicato un estratto del suo bellissimo memoir

Si intitola I Am Brian Wilson ed è uscito nel 2016. In Italia, purtroppo, è ancora inedito.

Brian Wilson, una creatura nelle mani del suono

È stato un dei più grandi compositori del Novecento, anche se non lo si è celebrato abbastanza quando era in vita. Una vita folle che ha rivoluzionato il pop.

È uscito il primo trailer di Eddington, il “western pandemico” di Ari Aster

Prodotto da A24, con protagonisti Joaquin Phoenix, Pedro Pascal ed Emma Stone, uscirà nell'autunno di quest'anno nelle sale italiane.

L’ultimo samurai di Helen DeWitt: non è mai troppo tardi per diventare un classico

Pubblicato nel 2000, acclamato, dimenticato, ripubblicato e riscoperto nel 2016, inserito tra i 100 migliori romanzi del XXI secolo dal New York Times, L'ultimo samurai è asceso allo status di classico nonostante una travagliatissima storia editoriale.