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Facebook cambierà, ma quanto?

Durante la la conferenza del 30 aprile Mark Zuckerberg ha spiegato perché «Il futuro è privato» sarà il nuovo motto del social.

02 Maggio 2019

Facebook non sarà più lo stesso. O, per dirla con Mark Zuckerberg, sarà appieno sé stesso: uno strumento nato per «connettere le persone tra loro». Perché «il futuro è privato», recita il titolone che dal palco ha aperto l’ultima F8, la conferenza annuale di Facebook dedicata agli sviluppatori che si è tenuta lo scorso 30 maggio a San Jose, California. Questo il messaggio che Zuckerberg ha voluto dare al mondo: dopo gli sconvolgimenti dell’anno precedente, segnato dallo scandalo di Cambridge Analytica, dalle fake news e dalle ingerenze russe, nel 2019 si volta pagina. E ci mancherebbe, vien da dire. Dietro alle molte novità della F8 c’è in effetti il dietrofront di un’azienda con la reputazione a pezzi ma anche il fiuto di chi ha costruito il più grande social network al mondo e, più che al presente, guarda appunto al futuro.

Alcune novità dell’F8
Cosa vedremo cambiare principalmente sui nostri dispositivi? Prima di tutto la grafica di Facebook, completamente rinnovata: più ordinata, più snella, più bianca (sparisce la barra blu che da sempre caratterizza la piattaforma). Così Gruppi, Eventi, Storie e la funzione “Trova nuovi amici” acquisiscono una netta centralità nell’interfaccia che condizionerà l’utilizzo della piattaforma da parte degli utenti. Zuckerberg lo ha definito «il più grande cambiamento degli ultimi cinque anni».

Passando agli altri membri della grande famiglia, Messenger viene ridisegnato per tenere alta l’attenzione sulle persone a noi più vicine, disponibile anche in un’app da desktop (come Skype, per intenderci) e basato sulla crittografia end-to-end. Un sistema per il trasferimento del denaro via chat sarà sperimentato su WhatsApp, che propone anche delle soluzioni alle aziende che vogliono utilizzarlo per comunicare con i loro clienti. Su Instagram arriva invece una fotocamera migliore e, per il momento soltanto in Canada, un’opzione che permette di oscurare il conteggio dei like sui post per ridurre l’ansia da prestazione.

Tra i molti annunci della F8 non possono non spiccare l’incipit — quello sul «privato» — e le modifiche di Facebook, oltre a un passaggio in cui Zuckerberg è tornato sulla volontà di integrare tutte le sue piattaforme per permettere a un utente di comunicare e interagire da una con le altre e viceversa. Sono questi i passaggi che fanno luce sulla strategia di lungo periodo dell’azienda.

Limitare i danni
Partiamo dalla crisi. «Facebook non gode di ottima reputazione in fatto di privacy», come ha sottolineato lo stesso Zuckerberg a mo’ di battuta (nessuno ha riso), ma fa i conti anche con il dilagare di notizie false, contenuti razzisti, tentativi di manipolazione del consenso, scopo con cui anche Cambridge Analytica si è impadronita dei dati di milioni di utenti. Dove si verifica tutto questo? In massima parte nel News Feed, la bacheca che ha fatto la fortuna del social network e che ora non smette di creare problemi. Al punto che forse è arrivato il momento di metterla da parte.

La svolta verso la sfera privata (messaggistica, Gruppi, Storie), quella che ­va dalla «piazza al salotto» (cit.), fa proprio questo: tende a ridurre notevolmente l’incidenza dei problemi reputazionali della piattaforma, o almeno la percezione che ne hanno gli utenti, limitando la loro esposizione all’ansia e alle frustrazioni prodotte da quel che si vede nella sfera pubblica (i post pubblici del News Feed). Mentre la Federal Trade Commission si prepara a spedire una multa dai 3 ai 5 miliardi di dollari e la politica è sul piede di guerra, l’azienda spera sostanzialmente di sostituire future esplosioni in piazza con innumerevoli, ma meno visibili, implosioni in salotto e così di limitare i danni.

Zuckerberg alla F8 del 30 aprile 2019 al McEnery Convention Center di San Jose, in California (foto di Amy Osborne/Afp/Getty Images)

Il “privato” è un patrimonio
Molti hanno descritto l’F8 come un cambiamento dell’identità di Facebook semplicemente perché è stata usata la parola “privato”. Ma i motivi principali per cui le persone utilizzano i social media, Facebook in primis, sono da sempre di natura privata e l’utilizzo di determinati strumenti lo dimostra: chat, Gruppi, Eventi, post visibili solo ai propri amici o a una stretta cerchia di essi. Pensando anche a Messenger, Instagram e WhatsApp, ci accorgiamo che la sfera privata non è soltanto dominante ma anche insostituibile: è ciò che rende l’impero di Zuckerberg un unicum e un monopolio di fatto. Possiamo stancarci di guardare video su Facebook e andare a cercarli magari su YouTube o altrove, ma di whatsappare? Possiamo non amare Instagram, ma davvero per condividere una Storia ci sposteremmo su Snapchat? E se volessimo contattare un vecchio compagno di scuola veramente lo faremmo su LinkedIn?

Zuckerberg lo sa e ha presente molto più di altri che all’omologazione, talvolta spietata, che i social network favoriscono fa da contraltare un palpitante desiderio di affermazione individuale, caratterizzazione, compagnia, che si può assecondare ancora di più. I cambiamenti nell’algoritmo del News Feed che circa un anno fa hanno premiato i post degli amici e quelli in grado di sviluppare maggior coinvolgimento erano una risposta mirata al calo di interazione da parte degli utenti. I dirigenti di Facebook sapevano già che è questo il patrimonio più grande e durevole di cui dispongono. Ora si tratta di sfruttarlo appieno spingendo gli utenti a lasciare il News Feed per un utilizzo che si avvicina forse di più all’antesignano thefacebook.com.

Cosa cambia per le aziende
Con il progressivo ridimensionamento del News Feed qualcosa cambierà probabilmente anche per le aziende e per i produttori di contenuti. Per garantirsi un’ampia copertura la comunicazione dovrà avvenire sempre più su scala individuale, dunque via chat o magari nei Gruppi, mentre beni, prodotti e contenuti mostrati dovranno essere sempre più personalizzati in base alla profilazione del destinatario. Una rivoluzione che va di pari passo con quella stimolata dagli assistenti vocali, per affrontare la quale le aziende avranno bisogno di nuovi metodi e nuovi format. È possibile che Facebook, come ha fatto in passato, aspetti che le nuove funzionalità prendano piede per poi creare nuovi spazi pubblicitari e nuovi strumenti per gli inserzioni.

Gli strumenti di WhatsApp per le aziende presentati alla F8, nonché le recenti modalità di acquisto su Instagram e le sperimentazioni sul trasferimento di denaro via chat, dimostrano come l’azienda di Zuckerberg voglia in qualche modo permettere alla pubblicità e al commercio di entrare nella sfera privata degli utenti. In effetti la direzione presa, fortemente improntata sulla messaggistica come base per miriadi di altre funzioni, fa riflettere. L’Economist è arrivato ad accostare la nuova versione di Facebook a WeChat, il maggiore social network cinese, in grado di trasformarsi una sorta di passepartout della vita quotidiana per centinaia di milioni di persone.

Scommessa sull’intelligenza artificiale
Il punto è che un futuro privato è anche un futuro personalizzato. Entrare nei «salotti» significa conoscere sempre meglio i singoli utenti e affinare la profilazione dei servizi offerti. Oltre alle informazioni che già possiede sugli interessi e le abitudini di ciascuno di noi, Facebook potrà approfondire la conoscenza delle modalità di interazione più intime. A ben vedere la costruzione di una piattaforma che integri Facebook, Messenger, Instagram e WhatsApp puntando su messaggistica e Storie, ovvero fotocamera, va di pari passo con gli investimenti di Google e Amazon sugli assistenti vocali e con la ricerca che praticamente tutte le aziende hi-tech stanno facendo sulla realtà aumentata. La chat e l’utilizzo di filtri e adesivi nelle Storie rappresentano gli strumenti con cui Facebook osserva la nostra realtà, quella di tutti i giorni, attraverso noi stessi. Con la crittografia end-to-end, per esempio, non conoscerà il contenuto dei messaggi ma saprà quanto sono stati inviati, da dove, quando è durata la conversazione, se contenevano link, emoji o altri contenuti. Una miniera di informazioni da analizzare che renderà i sistemi di Facebook sempre più intelligenti, reattivi e personalizzabili.

La mega piattaforma rappresenta insomma la scommessa di Zuckerberg per conquistarsi il suo pezzo della vera next big thing: l’intelligenza artificiale. Se Google ha l’esclusiva delle mappe e Amazon quella sugli acquisti, chi meglio di Facebook sa come le persone parlano tra loro? Nel futuro personalizzato la conversazione sarà un elemento centrale, come abbiamo visto, anche per le aziende. Ecco perché l’intenzione di Facebook potrebbe essere quella di creare un’infrastruttura informatica da far utilizzare a chiunque voglia “conversare” con gli utenti. Le indiscrezioni sulle ricerche svolte per lo sviluppo di un proprio assistente vocale e di un sistema che traduca i pensieri in testo sembrano accreditare questa ipotesi. Perché ambiano l’interfaccia e l’esperienza degli utenti ma non la logica.

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