Hype ↓
01:27 giovedì 27 novembre 2025
L’Onu ha definito Gaza «un abisso» e ha detto che ci vorranno almeno 70 miliardi per ricostruirla Quasi sicuramente questa cifra non sarà sufficiente e in ogni caso ci vorranno decenni per ricostruire la Striscia.
Anche quest’anno in Russia è uscito il calendario ufficiale di Vladimir Putin Anche nel 2026 i russi potranno lasciarsi ispirare dalle foto e dalle riflessioni del loro presidente, contenute nel suo calendario
Sarkozy è stato in carcere solo 20 giorni ma dall’esperienza è riuscito comunque a trarre un memoir di 216 pagine Il libro dell’ex presidente francese sulla sua carcerazione lampo a La Santé ha già trovato un editore e verrà presto pubblicato.
Nel primo teaser del nuovo Scrubs c’è la reunion di (quasi) tutto il cast originale J.D., Turk, Elliot e anche il dottor Cox al Sacro cuore dopo 15 anni, invecchiati e alle prese con una nuova generazione di medici. Ma c'è una grave assenza che i fan stanno già sottolineando.
Anche il Vaticano ha recensito entusiasticamente il nuovo album di Rosalía José Tolentino de Mendonça, prefetto per il Dicastero per la Cultura e l’educazione del Vaticano, ha definito Lux «una risposta a un bisogno profondo nella cultura contemporanea».
La nuova funzione di geolocalizzazione di X si sta rivelando un serio problema per i politici Non è facile spiegare come mai i più entusiasti sostenitori di Donald Trump postino dall'India o dalla Nigeria, per esempio.
Gli Oasis hanno detto che adesso che il reunion tour è finito si prenderanno una pausa di riflessione Ovviamente, sono già partite le indiscrezioni: si separano di nuovo? Faranno un nuovo tour? Stanno lavorando a un nuovo album?
Il Grande Museo Egizio di Giza ha appena aperto ma ha già un grave problema di overtourism A nulla è servito il limite di 20 mila biglietti disponibili al giorno: i turisti sono già troppi e il Museo adesso deve trovare una soluzione.

L’affabulatore statistico/2

Nonostante non conosciamo numeri molto "concreti", continuiamo a scommettere su quelli aleatori

13 Settembre 2012

Prosegue da qui.

Il caso Everest

È probabile che manderemo un uomo su Marte entro i prossimi decenni, lo è molto meno che per allora avremo trovato un accordo definitivo circa le esatte dimensioni della montagna più alta di questo pianeta.  Nel 1856, tramite complessi calcoli trigonometrici, l’ufficiale Inglese Andrew Scott Waugh stabilì a 8840 metri l’altitudine della vetta chiamata Cholomungma dai Tibetani. Centocinquantasei anni dopo esistono ancora dissidi in merito alla quota reale del picco principale del massiccio del Sagaramatha, come lo chiamano i Nepalesi. A seconda delle “campane”, quello che noi occidentali abbiamo chiamato Everest misura 8850, 8848,13 o 8844,43 metri. Il numero comunemente più accettato è il secondo ma per una minoranza comunque agguerrita, il dato più attendibile invece è il primo, di 8850 metri, ottenuto nel 1999 da una spedizione americana installando un  GPS sulla vetta. Altri ancora sostengono, dopo averlo visionato, che la precisione del calcolo eseguito nel 2005 da un team dell’Accademia Cinese delle Scienze sia impareggiabile e che la quota esatta sia la terza: 8844,43 metri. Al momento poi si attendono i risultati di un nuovo rilevamento, finanziato dal Nepal che in quanto paese “ospitante”  vuole dire la sua. Fatto sta che a tutt’oggi, mentre Curiosity vagabonda su Marte, esistono tre stime discordanti, tutte con delle buone credenziali a loro favore, e che gli 8848,13 metri su cui si conviene sono il frutto di un appeasement politico tra Cina, Nepal e India più che una certezza inoppugnabile. Se rapportati all’altezza totale della montagna, i sei metri di differenza tra la stima più alta e quella più bassa sono l’equivalente di una differenza di 1,2 mm nella misurazione di un essere umano di 180 cm. Può sembrare un’inezia ma è indubbio che non è mai vissuto un uomo alla cui esatta altezza si sia interessato un numero così folto di persone. La mancanza di univocità su questo dato non sottolinea solo la questione politica dei rapporti tra Cina, Nepal e India, le quali vorrebbero tutte avere l’ultima parola in merito, ma un concreto dissidio nella comunità scientifica circa i parametri stessi a cui la misurazione andrebbe sottoposta, in particolare riguardo alla definizione di “zero altimetrico” da cui far partire la misurazione, che negli ultimi venti/trenta anni è diventata sempre più complessa. Apparentemente, più cerchiamo di rendere discreti i nostri parametri e maggiore è il cul de sac in cui ritroviamo e più zoppicanti si rivelano i nostri dati.

Scommesse, statistiche e finanza

Il caso dell’Everest – oltre che uno strepitoso spunto per un documentario di Werner Herzog che un giorno vorrei tanto vedere – può diventare un’ottima metafora per l’eccesso di leggerezza e tracotanza con cui trattiamo la misurazione della realtà e i numeri che da essa ne ricaviamo in generale. A differenza della demografia urbanistica di cui ho scritto una settimana fa, sottoposta per  sua stessa natura a una serie di trasformazioni costanti (mortalità, natalità, migrazioni etc.) che la rendono sfuggente, non si può certo dire che l’Everest sia un sistema altrettanto dinamico a livello quantitativo. Esiste da milioni di anni e da quando disponiamo di osservazioni scritte, non risulta abbia subito trasformazioni significative nella sua composizione. Ciononostante, non siamo ancora stati in grado di attribuirgli un’altezza inequivocabile. Anzi, più procediamo nella ricerca e più scopriamo variabili di cui non avevamo tenuto conto in precedenza. È plausibile che scommettendo su una o forse persino su tutte e tre quelle cifre contro un’entità superiore che, come il Dio di Tommaso d’Aquino, conosce l’intima natura di tutte le cose per intuizione, perderemmo la scommessa. Ma nessuno accetterebbe una scommessa di questo tipo con una simile incertezza e con un verdetto ancora contestato, giusto?  In realtà ogni giorno accettiamo scommesse in situazioni di incertezza nettamente maggiore, su valori molto più variabili e mutevoli con il passare del tempo. La misurazione dell’Everest, per quanto discrepante dalla realtà, è infatti una cifra descrittiva di un ente “immobile” che si trova “qui” e “ora”, mentre le statistiche e i dati su cui scommettiamo più spesso appartengono all’analisi predittiva, al futuro. Nassim Nicholas Taleb, è un ex analista di Wall Street, che in tempi non sospetti si è convertito a inascoltata Cassandra dei guasti del suo habitat precedente. È diventato piuttosto popolare nel 2008 con un saggio pop sulla statistica intitolato Il cigno nero. Come l’improbabile governa la nostra vita. In un testo apparso su The Edge più o meno in contemporanea con il libro, spiega piuttosto efficacemente il tipo di rapporto che la finanza intratteneva con le statistiche e le previsioni, fino al caso Lehman Brothers, scagionando la disciplina statistica in sé. Tra le altre cose, scrivendo: «I rischi insiti nell’utilizzo della statistica all’interno della finanza non vengono dagli statistici – ma dagli utenti “fammi provare anche a me” dei prodotti della statistica. Gli statistici professionisti sanno essere incredibilmente introspettivi e auto-critici rispetto ai presupposti e ai risultati delle loro indagini. […] Bisogna distinguere gli statistici e quelli che, in altri campi, prendono strumenti statistici dai libri di testo senza capirli realmente».

Continua giovedì 18

Articoli Suggeriti
Social Media Manager

Leggi anche ↓
Social Media Manager

Ripensare tutto

Le storie, le interviste, i personaggi del nuovo numero di Rivista Studio.

Il surreale identikit di uno degli autori dell’attentato a Darya Dugina diffuso dai servizi segreti russi

La Nasa è riuscita a registrare il rumore emesso da un buco nero

Un algoritmo per salvare il mondo

Come funziona Jigsaw, la divisione (poco conosciuta) di Google che sta cercando di mettere la potenza di calcolo digitale del motore di ricerca al servizio della democrazia, contro disinformazione, manipolazioni elettorali, radicalizzazioni e abusi.