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14:29 martedì 16 dicembre 2025
Negli anni ’60 la Cia ha perso un ordigno nucleare sull’Himalaya e ancora non l’ha ritrovato Nel 1965, sulla vetta di Nanda Devi, l'intelligence americana ha perso un dispositivo alimentato a plutonio. È ancora lì, da qualche parte.
Cosa c’è nei primi sei minuti dell’Odissea di Christopher Nolan che sono già stati mostrati nei cinema americani Questo "prologo" è stato proiettato in diverse sale negli Usa e ovviamente è già stato piratato e diffuso online.
I Talebani in Afghanistan hanno un nuovo nemico: i giovani che si vestono da Peaky Blinders Quattro ragazzi di 20 anni sono stati sottoposti a un «programma di riabilitazione» dopo aver sfoggiato outfit ispirati a Tommy Shelby e compari.
Il neo Presidente del Cile José Antonio Kast ha detto che se Pinochet fosse ancora vivo voterebbe per lui Ed evidentemente anche questo è piaciuto agli elettori, o almeno al 58 per cento di quelli che hanno votato al ballottaggio e che lo hanno eletto Presidente.
Dopo l’attentato a Bondi Beach, in Australia vogliono introdurre leggi durissime sul porto d’armi visto che quelle usate nella strage erano tutte detenute legalmente Intestate tutte a Sajid Akram, l'uomo che insieme al figlio Naveed ha ucciso 15 persone che si erano radunate in spiaggia per festeggiare Hannukkah.
Nonostante diversi media parlino già di omicidio e accusino il figlio Nick, della morte di Rob Reiner e di sua moglie Michelle non si sa ancora quasi nulla La polizia di Los Angeles ha confermato solo il ritrovamento dei cadaveri e l'inizio di un'indagine che contempla anche la «possibilità di omicidio».
Hbo ha svelato le prime immagini di Euphoria 3 ma della trama di questa nuova stagione non si capisce ancora niente Ben 13 secondi di video che anticipano la terza stagione, in arrivo nel mese di aprile, in cui si vedono tutti i protagonisti e le protagoniste.
Nel 2026 OpenAI lancerà una modalità di ChatGPT per fare sexting Sarà una funzione opzionale e disattivata di default, che rimuoverà i limiti attualmente imposti al chatbot sui prompt con contenuti sessuali.

Identità arabe

Abu Dhabi e Doha fanno incetta di opere. Lo stesso disegno di rinascita, due approcci diversi

01 Maggio 2012

Poco tempo fa è uscita la notizia che I giocatori di carte, il dipinto di Cezanne, sarebbe stato acquistato dallo stato del Qatar per 250 milioni di dollari. Si tratta di un record, la più alta cifra nella storia per una singola opera d’arte, ma a quanto pare è già da qualche anno che l’emirato si sta affermando come il collezionista d’arte più influente del mondo, e non solo. Nel 2009 la nota casa d’aste Sotheby’s ha battuto per la prima volta nella sua nuova sede a Doha, mentre il brillante CEO di Christie’s (altro gigante del campo) è stato scippato dall’emiro Hamad bin Khalifa Al Thani per metterlo a fianco della figlia Sheikha Al Mayassa, a capo della Qatar Museum Authority. Tutto questo rientra in un piano molto più ampio di rinascimento culturale, che comprende anche l’istituzione del Museum of Islamic Art, aperto nel 2008, e il National Museum of Qatar (nella foto), che aprirà nel 2013. Il primo è già stato ospite di eventi internazionali, come il Global Art Forum (lanciato ad Art Dubai nel 2007) e il Qatar Tribeca Film Festival, che Sheikha si è portata a casa dopo aver fatto uno stage in quello originale a New York.

Il recente e quantomai cospicuo investimento di questo staterello del Golfo nell’arte non può che essere paragonato a quello parallelo, anche se per alcuni versi differente, della non lontana Abu Dhabi. Lì ad essere costruita è un’intera cittadina della cultura, Saadiyat Island, un’isola che ospiterà una quantità di lussuose istituzioni culturali che includono una nuova sede del Guggenheim disegnata da Frank Gehry e persino un nuovo Louvre a firma Jean Nouvel.

Sono in diversi a dire che ci sono delle differenze nell’approccio dei due emirati nella rincorsa allo status di capitale culturale del golfo. Abu Dhabi, come la sorella Dubai, si dimostra spendacciona e frettolosa: la licenza di usare il brand Louvre è costata 400 milioni di euro, mentre le compagnie di costruzione coinvolte nella costruzione dei musei sono state accusate da Human Rights Watch di maltrattare e sfruttare i propri dipendenti: cosa che ha portato al boicottaggio del Guggenheim da parte di numerosi artisti di fama. A Doha, invece, sembra che le cose vengano fatte con più attenzione al locale: il National Museum, al contrario dell’isola sobborgo Saadiyat, sorgerà in centro, così come il nuovo Mathaf Arab Museum of Modern Art, ospitato adesso da una ex scuola. Sempre in termini di scuola, se Saadiyat Island ospiterà anche una sede dell’NYU, con lezioni di inglese e senza quota di studenti locali, nella Education City di Doha le università sono sempre americane, ma con quota.

Aldilà delle sfumature, è comunque evidente che i due emirati stanno cercando un modo di creare una nuova narrativa per l’identità araba, una soluzione alle tensioni post-911 e una mediazione culturale tra est e ovest. Il coinvolgimento di architetti, direttori di museo e businessmen rigorosamente occidentali, però, fa pensare che gli emiri stiano sottovalutando la distanza già ampia tra i ricchi dell’area, internazionali e istruiti, e le classi più popolari, più religiose e conservatrici. Distanza che potrebbe aumentare ancora, se i progetti in atto non dovessero essere percepiti come un servizio pensato anche per la popolazione locale.

Tratto dal numero 7 di Studio, in edicola e in libreria

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