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20:22 venerdì 14 novembre 2025
In Cina Wong Kar-wai è al centro di uno scandalo perché il suo assistente personale lo ha accusato di trattarlo male Gu Er (pseudonimo di Cheng Junnian) ha detto che Kar-wai lo pagava poco, lo faceva lavorare tantissimo e lo insultava anche, in maniera del tutto gratuita.
In Giappone un’azienda si è inventata i macho caregiver, dei culturisti che fanno da badanti agli anziani Un'iniziativa che dovrebbe attrarre giovani lavoratori verso una professione in forte crisi: in Giappone ci sono infatti troppi anziani e troppi pochi caregiver.
Rosalía ha condiviso su Instagram un meme buongiornissimo in cui ci sono lei e Valeria Marini  Cielo azzurro, nuvole, candele, tazza di caffè, Rosalia suora e Valeria Marini estasiata: «Non sono una santa, però sono blessed», si legge nel meme.
Hideo Kojima si è “giustificato” per la sua foto al Lucca Comics con Zerocalcare dicendo che l’ha fatta senza sapere chi fosse Zerocalcare Non c’era alcuna «intenzione di esprimere sostegno a nessuna opinione o posizione» da parte di Kojima, si legge nel comunicato stampa della Kojima Productions.
Anche Charli XCX si è messa a scrivere su Substack Il suo primo post si intitola "Running on the spot of a dream" e parla di blocco della scrittrice/musicista/artista.
A poche ore dalla vittoria al Booker Prize è stato annunciato che Nella carne di David Szalay diventerà un film Ad acquisire i diritti di trasposizione del romanzo sono stati i produttori di Conclave, noti per il loro fiuto in fatto di adattamenti letterari.
Il nuovo film di Tom Ford è già uno dei più attesi del 2026, per tantissime e buonissime ragioni Un progetto che sembra quasi troppo bello per essere vero: l'adattamento di uno dei più amati romanzi di Ann Rice, un cast incredibile, Adele che fa l'esordio da attrice.
Nel primo teaser del Diavolo veste Prada 2 si vede già la reunion di Miranda e Andy Le protagoniste salgono insieme sull’ascensore che porta alla redazione di Runway, riprendendo una scena cult del film originale.

Identità arabe

Abu Dhabi e Doha fanno incetta di opere. Lo stesso disegno di rinascita, due approcci diversi

01 Maggio 2012

Poco tempo fa è uscita la notizia che I giocatori di carte, il dipinto di Cezanne, sarebbe stato acquistato dallo stato del Qatar per 250 milioni di dollari. Si tratta di un record, la più alta cifra nella storia per una singola opera d’arte, ma a quanto pare è già da qualche anno che l’emirato si sta affermando come il collezionista d’arte più influente del mondo, e non solo. Nel 2009 la nota casa d’aste Sotheby’s ha battuto per la prima volta nella sua nuova sede a Doha, mentre il brillante CEO di Christie’s (altro gigante del campo) è stato scippato dall’emiro Hamad bin Khalifa Al Thani per metterlo a fianco della figlia Sheikha Al Mayassa, a capo della Qatar Museum Authority. Tutto questo rientra in un piano molto più ampio di rinascimento culturale, che comprende anche l’istituzione del Museum of Islamic Art, aperto nel 2008, e il National Museum of Qatar (nella foto), che aprirà nel 2013. Il primo è già stato ospite di eventi internazionali, come il Global Art Forum (lanciato ad Art Dubai nel 2007) e il Qatar Tribeca Film Festival, che Sheikha si è portata a casa dopo aver fatto uno stage in quello originale a New York.

Il recente e quantomai cospicuo investimento di questo staterello del Golfo nell’arte non può che essere paragonato a quello parallelo, anche se per alcuni versi differente, della non lontana Abu Dhabi. Lì ad essere costruita è un’intera cittadina della cultura, Saadiyat Island, un’isola che ospiterà una quantità di lussuose istituzioni culturali che includono una nuova sede del Guggenheim disegnata da Frank Gehry e persino un nuovo Louvre a firma Jean Nouvel.

Sono in diversi a dire che ci sono delle differenze nell’approccio dei due emirati nella rincorsa allo status di capitale culturale del golfo. Abu Dhabi, come la sorella Dubai, si dimostra spendacciona e frettolosa: la licenza di usare il brand Louvre è costata 400 milioni di euro, mentre le compagnie di costruzione coinvolte nella costruzione dei musei sono state accusate da Human Rights Watch di maltrattare e sfruttare i propri dipendenti: cosa che ha portato al boicottaggio del Guggenheim da parte di numerosi artisti di fama. A Doha, invece, sembra che le cose vengano fatte con più attenzione al locale: il National Museum, al contrario dell’isola sobborgo Saadiyat, sorgerà in centro, così come il nuovo Mathaf Arab Museum of Modern Art, ospitato adesso da una ex scuola. Sempre in termini di scuola, se Saadiyat Island ospiterà anche una sede dell’NYU, con lezioni di inglese e senza quota di studenti locali, nella Education City di Doha le università sono sempre americane, ma con quota.

Aldilà delle sfumature, è comunque evidente che i due emirati stanno cercando un modo di creare una nuova narrativa per l’identità araba, una soluzione alle tensioni post-911 e una mediazione culturale tra est e ovest. Il coinvolgimento di architetti, direttori di museo e businessmen rigorosamente occidentali, però, fa pensare che gli emiri stiano sottovalutando la distanza già ampia tra i ricchi dell’area, internazionali e istruiti, e le classi più popolari, più religiose e conservatrici. Distanza che potrebbe aumentare ancora, se i progetti in atto non dovessero essere percepiti come un servizio pensato anche per la popolazione locale.

Tratto dal numero 7 di Studio, in edicola e in libreria

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