Attualità

I libri del mese

Cosa hanno letto ad aprile amici e collaboratori di Studio.

di Redazione

Richard McGuire – Qui (Rizzoli Lizard)

unnamed-7Ho letto Qui con la sensazione, pagina dopo pagina, di un nuovo affluente che si faceva strada nella mia immaginazione. Qui è un libro sul tempo. Prendi Proust, prendi Sebald, prendi i diari di Cheever, Parla, ricordo di Nabokov, o anche l’ultimo Ben Lerner. Qui sta bene in questa compagnia. La cosa totalmente nuova è che McGuire sceglie, per rappresentare il tempo, un’inquadratura fissa – l’interno di un soggiorno di una casa del New Jersey – e ci fa scorrere dentro il tempo. È il tempo che si muove dentro uno spazio fisso e non, come succede sempre, lo spazio che si muove attraverso il tempo. «Ma dove va il tempo?» si legge in una  pagina.  Dietro, avanti, sopra, sotto, ovunque. Particelle di tempo  brillano come fuochi d’artificio in questo bellissimo oggetto che faccio fatica a definire graphic novel. A me sembra qualcosa di ancora nuovo e diverso.

(Cristiano de Majo)

 

Orson Welles, Henry Jaglom – A pranzo con Orson (Adelphi)

«unnamed-5Ho raccontato tante storie solo per cavarmi d’impiccio, per noia, per fare spettacolo! Non saprei mai ricordarle tutte, ma sono sicuro che mi perseguiteranno. O perseguiteranno il mio fantasma», dice Orson (Welles) a Henry (Jaglom), e lo dice sapendo che quello ha un registratore in borsa. Lo dice sceneggiando quella conversazione di cui è interprete e personaggio e regista e. A pranzo con Orson (Adelphi) è meraviglioso come sanno esserlo solo gli artifici degli esibizionisti, e vero in quel modo che insegnava Il falò delle vanità: mentire per far trionfare la verità. Da quando liquida Richard Burton che ha avuto l’ardire di interromperlo mentre mangiava, a quando uccide con tenerezza Rita Hayworth – «Dovevo metterci tutto l’impegno per scoparla. Era diventata… era diventata un’icona del desiderio, e voleva soltanto essere una casalinga» – non c’è un momento in cui Orson Welles non posi. Magnificamente.

(Guia Soncini)

 

Claudio Giunta – Essere #matteo renzi (il Mulino)

unnamed-4Il libro precedente di Claudio Giunta, Una sterminata domenica, mi era piaciuto moltissimo, così quando ho scoperto che il nuovo libro avrebbe trattato di Matteo Renzi ci sono rimasto male. Con tutto quello che è capace di raccontare, scrivere un’altra, l’ennesima, analisi di Renzi mi sembrava inutile e, peggio, “omologato”. Ho cominciato a leggere Essere #matteo renzi senza convinzione, giusto per dare un’occhiata, e l’ho finito tre ore dopo. Da quel giorno non capita conversazione in cui non mi appropri – senza citare, ça va sans dire –  di una delle decine di idee originali contenute in esso.

(Arnaldo Greco)

 

Ben Lerner – Nel mondo a venire (Sellerio)

unnamedNel secondo libro di Ben Lerner, Nel mondo a venire, c’è questa scena. Ben va in vacanza in Florida. I figli del fratello, due e cinque anni, si rifiutano di dormire. Il più piccolo ha una fissazione per gli squali, allora Ben gli racconta una storia: gli dice di ascoltare il rumore delle onde del mare e di immaginare che il letto a castello sia una nave che va a caccia dello squalo più feroce. Poi, con un po’ di panico, si accorge di non riuscire a concludere la storia, quantomeno non prima di aver cambiato il tempo verbale del racconto, ma a questo punto il bambino già dorme. È una scena minore del libro, ma ne contiene secondo me i temi cardine: la natura della cosa che chiamiamo tempo, la propriocezione – che è la capacità di una creatura vivente di sentire e riconoscere la posizione del proprio corpo nel mondo, la paura dei mutamenti. Siamo in un’America stordita dall’ironia e da imminenti cataclismi, all’interno di un campo letterario ardito che però molto suona come letteratura del futuro.

(Andrea Pomella)

 

Christian Kracht – 1979 (Rizzoli)

unnamed-3Questo mese ho letto 1979 di Christian Kracht, un libro introvabile, ma molto bello,  secondo me (preso in biblioteca). Lui è uno svizzero che mi incuriosisce molto per i temi, ha girato mezzo mondo, flirta con temi di destra un po’ come Houellebecq. Avevo letto il suo Imperium quando uscì (2013, neri pozza). Non mi aveva fatto gridare al miracolo ma mi affascinano i temi: occidentali in viaggio in luoghi lontani (esotici, l’oriente), manifestano la loro incapacità di comprendere l’altro, il diverso, sono inadeguati, si scontrano, poi soccombono in quei contesti alieni. Di recente mi era venuta la curiosità di leggere altro di Kracht dopo aver letto questo articolo. Peccato che editorialmente non sia calcolato in italia, è uno scrittore molto pop alla fine. Anzi kitsch come ho letto da qualche parte.

(Benedetta Ventrella)

 

Pia Valentinis – Ferriera (Coconino)

unnamed-2In poco meno di un’ora, ho letto Ferriera, di Pia Valentinis (Coconino). Come spesso avviene nel romanzo a fumetti contemporaneo d’esordio (anche se la Valentinis è già bravissima e affermata illustratrice) è una storia autobiografica, familiare. È, precisamente, la storia del padre Mario, operaio nel friulano, della sua emigrazione mancata, del suo enfisema, delle morti bianche tutt’attorno. È una storia di dignità e solidarietà silenziosa, mai urlata, tra compagni di lavoro, che racconta l’amore attraverso i francobolli delle lettere, la rabbia attraverso Guernica di Picasso, il contesto sociale con la riproduzione di certe pagine di giornale. Mi viene una grande invidia, quando leggo i romanzi a fumetti, pensando a quella efficacissima e universale modalità espressiva che noi che scriviamo soltanto non abbiamo a disposizione.

(Nadia Terranova)

 

Edward Morgan Forster, Christopher Isherwood – Le luci della quotidianità – Lettere sulla letteratura e l’omosessualità. (A cura di Richard E. Zeikowitz, Archinto)

unnamed-8Trent’anni di lettere di due grandi scrittori che insegnano come ogni cosa si desideri fare vada fatta e scritta: spalmare la salsa del riso sulla cornice dorata di un quadro appeso a casa nostra, confidare alla persona della quale siamo innamorati che abbiamo una carie; e quello che pensiamo di non riuscire a mettere su carta, provare a scriverlo lo stesso: pure quando si crede di saper «soltanto fare dei rumori che esprimono amore».

(Natalia La Terza)

 

Helen Macdonald – H is for Hawk (Jonathan Cape)

Questo mese ho finito un sacco di libri e questo mi riempie di gioia. La maggior parte di essi li ho letti mentre stavo in campagna, senza accesso a internet, e quindi probabilmente la mia gioia non vale, è come se una persona con problemi di peso si congratulasse per la sua forza di volontà dicendo “sono felice di aver mangiato tanta verdura questa settimana mentre stavo chiuso a chiave in casa e non unnamed-6potevo uscire né ordinare cibo al telefono o su internet e nel frigo non avevo altro che verdure”. Detto ciò, i libri che hanno potuto godere della mia assenza dallo schermetto della morte (il nomignolo per il mio iPhone) sono stati H is for Hawk di Helen Macdonald, che è un libro di non-fiction o un memoir o un romanzo realista, non so bene, ormai, come definire i libri belli, ma insomma parla di falconeria, di una donna a cui muore il padre, dei suoi tentativi di avvicinarsi a lui con la falconeria, di un falco (che poi in realtà è un Goshawk, che in italiano si chiamano astori, non falchi), specifico che si chiama Mabel, e della difficoltà che si incorre cercando di addestrarli, e parla anche di T.H. White, quello che ha scritto Re in eterno, che ha scritto anche un libro su un astore pure lui, e che era un omosessuale represso molto triste come poi era abbastanza tipico per gli omosessuali a quei tempi.

Poi ho letto anche i racconti di Donald Antrim intitolati The Emerald Light in the Air che sono bellissimi e non c’entrano niente con i tre romanzi sperimentali e Barthelmiani per cui Antrim è diventato famoso (su tutti I cento fratelli, che ho letto anche lui questo mese, ed è esilarante), piuttosto sembrano una specie di incrocio tra l’amore per la luce e un certo tipo di melanconia che associo a John Cheever con un approccio alla malattia mentale e la moralità che ha un che di russo ed è tutto molto classico ed elegante e pulito e davvero davvero triste, al punto che penso che si potrebbe anche usare l’aggettivo Chekoviano se proprio volessi essere il tipo di persona che usa parole come Chekoviano: nel senso che non sarebbe scorretto quanto, magari, inconveniente. Ne ho letti anche altri, comunque: due collezioni di racconti di Kelly Link, che è un genietto, e il carinissimo Dept. of Speculation di Jenny Offill che in italiano si chiama Sembrava una felicità, che oggettivamente è un titolo molto peggiore dell’originale, però capisco anche che Dipartimento della speculazione non suona benissimo nemmeno lui. Inoltre ho provato (per la terza volta) a finire Parla, ricordo di Nabokov che è difficilissimo da leggere ma porca vacca, è talmente bello e ben fatto che gli altri libri al confronto sembrano dei pensierini delle medie.

(Tim Small)