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La guerra in POV

La guerra vista con gli occhi dei soldati: cosa sono i "combat footage", video girati con GoPro dall'esercito statunitense, da quello siriano, dall'Isis. Con la sensazione di trovarsi in un videogioco.

di Davide Coppo

Le prime e più famose immagini risalgono alla fine del marzo 2014, anche se potrebbe sembrare un mese qualsiasi a Darayya, periferia di Damasco, Siria, con il cielo azzurro e il calore che si intuisce tra sabbia fumo e rovine. Quello che si vede in primo piano, al centro dell’inquadratura, è un cannone, quello che si sente è il forte rumore dei 12 cilindri diesel del carro armato in questione, un T-72 dell’esercito siriano, a volte colpi di AK-47, lo scricchiolare della torretta che gira, del cannone che si alza e si abbassa per mirare, l’esplosione del colpo che anticipa una nuvola di polvere che si alza e copre l’obiettivo della GoPro, che è l’occhio attraverso cui stiamo guardando la guerra tra l’esercito siriano di Assad e le milizie dell’Isis.

Le GoPro sono videocamere o fotocamere particolarmente resistenti alle avversità, indossabili, spesso usate per riprese in condizioni eccezionali, soprattutto nell’ambito degli sport estremi. A montarle sui carri armati siriani (di costruzione sovietica) è stato il network ANNA, acronimo di Abkhazian Network News Agency, un’agenzia di news fondata nel 2011 nella repubblica di Abkhazia, uno stato semi-riconosciuto ovvero riconosciuto soltanto da Russia, Nicaragua, Venezuela, Nauru e Sud Ossezia. I legami tra l’esercito siriano e Russia sono noti ed evidenti anche soltanto da queste poche righe precedenti.

Uno dei primi siti a dare notizia dei filmati di ANNA fu Gizmodo, il sito di Gawker Media dedicato alla tecnologia. Ci sono un po’ di dati curiosi a proposito dell’articolo di Gizmodo, non particolarmente significativi dal punto di vista bellico o politico, ma interessanti invece da quello mediatico, una specie di cartina al tornasole che ha il colore della confusione e dello spaesamento, emozioni in bilico che nascono quando realizzi che quello che stai vedendo sul tuo Macbook Pro non è nient’altro che una guerra filmata in GoPro, una guerra vera, anche se sembra una guerra creata ad arte. In primo luogo c’è la sezione di Gizmodo che ha pubblicato il video: si chiama “Sploid”, e la sua descrizione recita “a new blog about awesome stuff”. In secondo luogo c’è la categorizzazione del post, che è “filed to: HORROR”. “Awesome horror”, probabilmente, è la descrizione perfetta di un filmato in alta definizione di un carro armato che distrugge palazzi con esseri umani all’interno sullo sfondo di una città sventrata e in stato di semi-abbandono. Il terzo punto è un messaggio di “warning” poco prima del video, che fa così: «Although you can’t see the bodies, fighters on both sides are dying. This footage may upset you». E questo non è tanto curioso, quanto vero: è vero, non si vedono morti. È anche vero che la spettacolarità della ripresa, cioè quella venatura di awesomeness, ci fa dimenticare che a ogni colpo del cannone – così cinematografico, con quel boom e quel fuoco – corrispondono dei morti, forse zero, ma forse uno e forse anche dieci. È importante allora l’avvertimento di chi ha scritto l’articolo, è cinico ma lo è necessariamente: attenzione, state guardando dei video che vi faranno dire wow, ma se ci pensate bene state guardando delle persone che vengono uccise.

Facendo un salto indietro, e utilizzando lo sguardo più cinico e realistico che il messaggio di warning ci suggerisce, possiamo vedere facilmente gli aspetti più drammatici del girato: la città in cui i T-72 passano è fatta di simulacri di palazzi, ridotti a pezzi di cartone marrone, le strade sono polvere detriti sabbia, le finestre hanno perso la funzione di finestre e sono diventate banali buchi. Il fatto che non si vedano morti è dopotutto un bene per l’agenzia abkhaziana filo-siriana e per il suo messaggio: il video si propone come reportagistico, come avventuroso, coraggioso, ma è propaganda, mostra i muscoli della Siria che difende le “sue” città dall’invasore dell’IS.

A proposito di IS, carri armati e GoPro: c’è un video parallelo a quello di ANNA, girato dallo Stato islamico, ed è esplicitamente propagandistico. Non c’è nessuna illusione di reportage, anzi il girato dura appena quattro minuti e mostra un carro armato sparare e correre in un tramonto meno desolante della periferia siriana, più selvaggio e meno deprimente (siamo a Kobane), ed è un montato, tagliato in diversi punti con l’intento – riuscito – di eliminare le noiose parti di quotidianità bellica che nei girati di un’ora del network russo-abkhaziano abbondano. E poi, naturalmente, con l’intento di renderlo perfettamente fit per la miglior colonna sonora bellica figlia di Hollywood: che in un altrettanto curioso ma ormai forse scontato (vista la propaganda video iper-hoolywoodiana dell’IS) cortocircuito storico-cinematografico non poteva che essere quella. Quella, sì: Der Walkürenritt, La Cavalcata delle Valchirie di Richard Wagner, La Cavalcata delle Valchirie di Francis Ford Coppola.

Un altro video dell’IS mostra soldati ceceni in azione in Siria: anche in questo caso il video (quindici minuti di GoPro) è un montato di molti spezzoni diversi. Qui non c’è nessuna propaganda: non si sente musica, le scene sembrano tagliate abbastanza casualmente, il sonoro è crudo (colpi di fucile, esplosioni in lontananza). Se le corse del “soldato-camera” dietro ai muri per nascondersi e proteggersi sono incredibilmente simili a quelle del “te” di Call of Duty, questo “combat footage” mostra anche scene di guerra che definirei “più vera”, ma non vorrebbe dire più nascoste: c’è un momento in cui si intuisce che la guerra può essere anche noiosa, quando un soldato viene colpito a un piede, si nasconde dietro a un muro (sono in un palazzo mai completato, o forse soltanto diroccato a causa della guerra) e il suo compagno, riparato dietro a una grossa colonna di cemento, aspetta che la raffica di spari della sezione avversaria termini. Non lo possono colpire finché si nasconde, e ha il fucile che pende dalla mano, sembra pensare «forza, sbrigatevi, che poi tocca a me».

Una cosa che ho imparato guardando decine di video in POV dell’esercito dello stato islamico, e che ho ritrovato anche nel video amatoriale ripreso dal tetto della redazione di Charlie Hebdo durante l’attentato: tutti i soldati urlano, in continuazione, prima di ogni colpo sparato, «Allah U Akbar».

Quando una GoPro viene indossata da un soldato nordamericano (o canadese, o inglese), le cose sono molto diverse. Anche da questa parte della barricata, i “combat footage” sono molto diffusi. Li ho trovati su Youtube, dove ci sono canali dedicati che rimandano a forum di veterani in cui si discute delle riprese, dell’effetto dell’imboscata, della fortuna o sfortuna di un determinato attacco, della mira di un soldato (a volte sono presi in giro o denigrati, tipo: «Ehi, non puoi sprecare sette caricatori così, sparando in una boscaglia a caso»).

In un video, poi rilanciato da Esquire, si assiste a un’imboscata talebana in Afghanistan. È un Afghanistan diverso dall’immaginario comune, probabilmente montuoso, con un bosco di alberi spogli e un pavimento di foglie rosse cadute. Ai primi colpi nemici, il “soldato-camera” urla «fuck! Shoot that motherfucker!», e verrebbe quasi da sorridere (sempre disorientati dall’effetto-videogame) per delle frasi così cinematografiche. Rispetto ai soldati dell’IS, gli americani sembrano più tranquilli e strategici: attraverso la GoPro si possono seguire le tattiche di spostamento («voi due da questa parte, io da quest’altra»), contare i colpi sparati, i caricatori cambiati, cercare di intuire la direzione dei colpi avversari. L’effetto, qui, è più cinematografico che videoludico. Ma rispetto a ciò che succederebbe al cinema mi sono sorpreso a provare meno empatia. Perché? La risposta che mi sono dato è: perché so che finirà bene, che nessun soldato potrebbe condividere un video in cui un compagno muore. Eppure anche questa volta, come nel caso dei talk siriani di Abkhazian Network News Agency, degli uomini muoiono: sono i tre talebani che hanno testo l’imboscata, tutti uccisi, dice la descrizione di Youtube, dal fuoco americano. Il fatto è che non si vede a cosa sparano: come succede durante la bellissima “scena-della-tigre” in Apocalypse Now, o meglio, come succede in Cuore di tenebra di Joseph Conrad.

Il canale Youtube più specializzato in “combat footage” si chiama “Funker530”, è qui che ho trovato il video dell’imboscata dei talebani in Afghanistan, un video che, mentre scrivo, ha raggiunto il milione e 866.000 visualizzazioni. Uno dei video più emozionanti (e qui sì che l’empatia entra in gioco) e visualizzati (più di 29 milioni) si chiama “U.S. Soldier Survives Taliban Machine Gun Fire During Firefight” e mostra, effettivamente, un soldato solitario che deve nascondersi, su un’altura scoscesa e arida e rocciosa dai colpi di una mitragliatrice talebana. Si vede la polvere sollevata dalle pallottole che impattano i sassi e il suolo a pochi centimetri da lui. Si vede – si capisce anche dal tremore della GoPro e da quella che interpreto come una poca sicurezza nei movimenti – la paura del soldato, lo si sente urlare «YO!» per richiamare l’attenzione o l’aiuto dei compagni, poi lo si sente urlare anche di dolore quando un proiettile (saranno quattro, in tutto) lo colpisce nel giubbotto antiproiettile, non lo si sente piangere o almeno non si percepisce a livello uditivo la sua disperazione, una disperazione legittima mentre ti piovono addosso pallottole e mentre sei da solo su una collina nella provincia di Kunar, Afghanistan orientale, ma si sente bene quando urla «I’M HIT! I’M HIT!».

In teoria questo tipo di filmati dovrebbero essere vietati dall’esercito statunitense: il documento chiamato General Order Number 1C proibisce tra le altre le seguenti attività:

h. Photography and Videotaping.

1) Except as authorized for official use and purposes described below, this Order prohibits the taking, making possession, reproduction, or transfer (to include uploading) of photographs, videos, depictions, and audio-visual recordings of the following:

a) detainees or former detainees; detention facilities; active combat operations (e.g., firefights); flight-line operations or equipment, subject to written, local exceptions…

Alla fine di ogni video appaiono immagini spettacolari di altri video e un link per accedere all’archivio. Altri footage ancora sono divisi in puntate: come quello sulla conquista di una coltivazione di papavero da oppio. I soldati arrivano nella prima puntata, nella seconda (pubblicata la settimana seguente) ispezionano il campo e il centro di raccolta, nella terza (pubblicata dopo un’altra settimana) devono difendersi dall’attacco di milizie talebane che tornano verso il campo. Uno dei soldati dice «Oh shit!», e subito dopo: «this is the coolest thing I’ve ever fucking done!». Questione di punti di vista, che in inglese si abbrevia con POV.