Attualità

Youtube, i bambini e noi

Ci siamo chiesti cosa succede ai figli lasciati incustoditi davanti a tablet e cellulari, fino a che punto bisogna allarmarsi e come intervenire.

di Arianna Giorgia Bonazzi

Negli ultimi giorni, sul New York Times, si è parlato con allarmismo di come diversi video disturbanti, con protagonisti i personaggi dei cartoni animati più in voga, abbiano superato i filtri di Youtube Kids traumatizzando diversi bambini in età prescolare, e, in sostanza, dell’uso di Youtube come baby-sitter. Mentre la mamma cucinava, mentre addirittura leggeva un libro, si dice su Nyt – e quindi demandando totalmente l’intrattenimento dei figli al telefonino, in una situazione di relax – i bambini di 2 o 3 anni, si sono ritrovati davanti ai Paw Patrol che si mangiavano l’un l’altro, o a Peppa Pig che beveva candeggina.

La questione, a quanto pare, è più complessa di qualche troll che genera parodie violente, minacciando la serenità dei nostri figli, mentre noi ceniamo beati al ristorante, e li abbiamo lasciati nel passeggino con lo smartphone. La vicenda riguarda soprattutto l’automazione nello svolgimento dei controlli e nella creazione dei contenuti, al fine di generare milioni di views e vendere pubblicità sui canali per bambini. Il tutto ha come conseguenza l’apparente sfruttamento dei nostri figli, nonché la seccatura di non poterli più lasciare davanti al computer mentre ci facciamo il phon, operazione particolarmente vitale quando loro sono piccolissimi. Piccolissimi e con la capacità di discernimento poco superiore a quella degli algoritmi che sempre più spesso generano i contenuti a loro dedicati. Come si capisce che i contenuti sono generati dagli algoritmi? Beh, dai titoli. I titoli sono, molto spesso – per dirla all’americana – delle insalate di parole, dei mix di altri titoli che hanno precedentemente spaccato, tipo Learn Color Disney Finger Family 2017 Nursery Rhymes o Halloween Learn Colour Animal Sounds Songs for Children.

Ovviamente, c’è qualcuno di umano che monta questi video, che per lo più non sono inquietanti, ma solo molto stupidi, e mettono in scena personaggi “degni di fiducia” (come Peppa Pig, che già di base non è una gran ginnastica per la mente), calati in situazioni demenziali, all’interno di canali non ufficiali, ma certificati dal team di Youtube. Non si tratta di troll, ma di piccoli studi di animazione disperati, che trovano remunerativo infilarsi nel business di un canale Youtube per bambini, e accumulare click inserendosi nei trend del momento. Se dubitiamo che tutte le views siano umane, e pensiamo che molte siano opera di robot, possiamo anche star certi che un po’ di umani a guardarli ci sono. Sono i nostri figli, mentre siamo fermi nel traffico e non ne possiamo più di filastrocche, o mentre aspettiamo dal pediatra e dobbiamo controllare WhatsApp.

Children Interacting With Tablet Technology

In una famiglia che frequento, di basso reddito e istruzione elementare, l’ultimogenito si è fatto bastare, come unica balia, un vecchio Samsung a suo uso e consumo, da quando ha avuto la forza di stringerlo in mano ad oggi, che ancora non ha smesso di sbavare. Quando entro in quella casa, c’è sempre lui seduto sul divano che succhia forte il ciuccio e guarda il piccolo schermo con occhi lubrici. Molti video hanno per protagonisti attori umani. Un genere cliccatissimo negli Stati Uniti, ma che si è diffuso in tutto il mondo, è quello dell’apertura degli ovetti di cioccolata. Non c’è neanche musica, a volte. Semplicemente, due mani adulte che scartano ovetti, li rompono, aprono la capsula della sorpresa e la compongono.

In altri casi, gli adulti che aprono i canali Youtube sfruttano direttamente i loro figli, riprendendoli mentre compiono gesti notevoli, come ingozzarsi di gommose di Halloween, o rasarsi la testa a zero per un macabro scherzo. Per quanto le scuole di pensiero più apocalittiche, come quella del giornalista James Bridle, vedano la dimensione alienante di questo fenomeno, in una prospettiva luddista, che urla al dominio di Google, Youtube e delle macchine, io non riesco a non vedere noi genitori, produttori di video cretini, e fruitori di Youtube, come protagonisti di queste scelte.

Di recente, ho portato i miei figli a un incontro gratuito per imparare a “diventare youtuber”. Non dico che la vedessi come una prospettiva di guadagno, ma mi sembrava una cosa molto trendy, e poi ultimamente i miei figli hanno cominciato a seguire gli Youtuber: da Favij, ai video di bambini che fanno girare i fidget-spinner in modi straordinari, o svegliano il nonno nel cuore della notte per spaventarlo.

Quando erano piccoli, l’intero fenomeno Youtube-sitter era all’inzio, e io, senza farmi tante domande, mentre lavoravo, me li mettevo in braccio e ogni tanto facevo partire i video di Sesame Street, oppure la (un po’ lisergica, ma mai offensiva) Pimpa. Col passare del tempo, ho allentato anch’io il controllo, e, dopo vari tentativi di ascoltare gli audiolibri delle fiabe del Corriere della Sera, gli mollavo il mio primo iPhone. Ero consapevole delle compilation di un’ora di canzoncine, ma le vedevo come una salvezza, e non come le vecchie “caramelle offerte da uno sconosciuto”.

FRANCE-MEDIA-INTERNET-FEATURE

Poi, ho notato la facilità delle manine nel cliccare la barra laterale per averne ancora. Un po’ mi sono esaltata, pensando alla naturalezza di questo gesto, e un po’, dopo averli trovati davanti a cose di cattivo gusto, ho deciso di essere meno pigra. Dopotutto, l’offerta di intrattenimento per bambini è così sterminata, e su così tante piattaforme con più controllo di Youtube, che bisogna essere proprio dei piantagrane a pretendere di lasciarli soli proprio lì, e poi lamentarsi di cosa guardano. Oggi, su Netflix, su Amazon Tv, su Now Tv, sul digitale terrestre e Sky, c’è una quantità di bei prodotti per l’infanzia, spesso col target scritto accanto. Non vedo perché uno non possa scaricarsi un film su Google Play, se deve fare un viaggio lungo.

Per questo non riesco a vedere in Google un grande fratello che ci sorveglia, sa cosa ci piace, e violenta i nostri figli. Youtube è il luogo dove ci possiamo guardare un sacco di roba gratuitamente. Ma è anche il luogo dove gente assurda posta i suoi video di cattivo gusto, la stessa gente che non faremmo frequentare ai nostri figli dopo la scuola, e, così come facciamo nella vita vera, finché sono piccoli, dobbiamo sorvegliare le loro interazioni reali e virtuali. Parcheggiare i figli su Youtube è come mandarli al parco da soli a tre anni e pretendere che non facciamo brutti incontri.

Quel mondo lì dentro, così automatizzato, assomiglia a quello qui fuori, così iper-burocratizzato che i presidi, per tutelarsi, sono stati costretti a blindare il ritorno a casa dei tredicenni. Sono gli stessi genitori apprensivi che vogliono controllare i figli in ogni momento – attraverso le telecamere, le mailing-list, le chat di classe, il registro elettronico – quelli che poi lottano per la loro indipendenza. Gli stessi genitori che vogliono sapere ogni giorno che compiti hanno, che glieli fanno loro, che protestano perché ne abbiano di meno, e quando crescono gli installano l’applicazione sull’iPhone per geolocalizzarli. Sono gli stessi genitori, così confusi e spaventati per la loro incolumità, che poi non controllano i figli su Youtube.

 

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