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La Sagrada Família è diventata la chiesa più alta del mondo Il posizionamento di una parte della torre centrale sopra la navata ha portato l’altezza della chiesa a 162,91 metri superando i 161,53 della guglia della cattedrale di Ulm, in Germania
A giudicare dai nomi coinvolti, Hollywood punta molto sul film di Call of Duty Un veterano dei film bellici e lo showrunner del momento sono i due nomi chiamati a sdoganare definitivamente i videogiochi al cinema.
Dopo 30 anni di lavori e un miliardo di investimenti, è stato finalmente inaugurato il nuovo, gigantesco museo egizio di Giza Sarà il museo più grande del mondo dedicato a una singola civiltà e punta a rilanciare il turismo in crisi in Egitto.
Le dimensioni del massacro in Sudan sono visibili nelle immagini satellitari Il Paese è devastato dal 2023 da una sanguinosa guerra civile su base etnica scatenata dalle Forze di Supporto Rapido (RSF).
Il colpo più duro all’ex principe Andrea non è stata la revoca del titolo, ma il linguaggio usato nel comunicato ufficiale Gli esperti sono rimasti scioccati dal linguaggio “brutale” utilizzato da Buckingham Palace per annunciare che Andrea non sarà più principe.
L’operazione anti narcos a Rio de Janeiro è stata la più sanguinosa nella storia della città 2.500 agenti delle forze speciali brasiliane hanno attaccato il noto gruppo di narcotrafficanti Commando rosso, provocando 138 morti.
La quarta stagione di The White Lotus sarà ambientata tra Parigi e la Costa Azzurra Saltato l’accordo commerciale con la catena di hotel Four Seasons, HBO sta cercando hotel di lusso vista Senna come set della nuova stagione.
Robert Pattinson ha deciso di diventare un cantante e avrebbe già pronto il suo primo album Un’ambizione che coltivava sin dai tempi di Twilight: due brani della colonna sonora del film li cantava lui.

Dividiamo il mondo in ricchi e poveri con uno sguardo, dice la scienza

03 Agosto 2017

È noto ciò che si dice sul giudicare un libro dalla sua copertina, ma lo stesso ragionamento si può applicare con risultati più esatti alle persone, almeno secondo gli ultimi risultati degli studi scientifici. Una ricerca recente dell’Università di Toronto è arrivata a una conclusione imprevedibile: siamo in grado di valutare il ceto di appartenenza di una persona che non conosciamo con un solo sguardo, e con sorprendente accuratezza. Nicholas Rule, professore associato di psicologia nell’ateneo canadese, ha raccontato a Maclean’s come sono andati gli esperimenti: nel primo, ai partecipanti è stato chiesto di giudicare facoltosi o meno abbienti un set di immagini prese da siti di dating, che raffiguravano persone con ricavi annuali più alti di 150 mila dollari, o più bassi di 35 mila; nel secondo, sono stati usati studenti di master di etnia caucasica e asiatica, a cui è stato chiesto di mantenere un’espressione neutra negli scatti. Le risposte si sono rivelate corrette nel 68% dei casi nel primo, e nel 52% dei casi nel secondo.

Le implicazioni di percentuali così alte, ha spiegato Rule – co-autore dello studio insieme a Thora Bjornsdottir – sono ovviamente preoccupanti: significa, in buona sostanza, che basiamo le nostre interazioni quotidiane su un piano costruito innanzitutto a livello conscio. E che anche occasioni come i colloqui di lavoro o lo svolgimento delle operazioni di forze dell’ordine sono giocoforza influenzate dalla classe di appartenenza di un determinato individuo. In un certo senso, chi nasce povero lo rimarrà poi per sempre, almeno nei tratti: «Hai un certo aspetto, le persone ti trattano in un certo modo: come se fossi povero; è un ciclo da cui è difficile uscire».

Microsoft Word - Bjornsdottir & Rule - Facial cues to social class - JPSP.docx

L’aspetto fondamentale che ha permesso ai partecipanti di vedere confermati i loro pregiudizi è lo stereotipo che vuole che le persone ricche siano “naturalmente” più sorridenti, rilassate, in una parola più contente. Lo studio canadese ha trovato che i volti più spesso associati a tratti positivi come il fascino e l’empatia sono stati più spesso giudicati ricchi, e anche nel secondo esperimento – dove mancavano completamente i segni di umori e stati d’animo – i più abbienti mantenevano espressioni meno cupe. La chiave, hanno scoperto a Toronto, sembra essere la nostra bocca: una parte della ricerca ha chiesto alle persone di dare i loro giudizi guardando a dettagli del viso, e la bocca è risultato l’indicatore più infallibile. D’altronde, chi è abituato a sorridere più spesso, fin dall’infanzia, è capace di sorrisi più larghi. Rule e il suo team sostengono che questi risultati, per quanto difficili da accettare, e in parte scoraggianti, andrebbero presi con serietà, anche per varare contromisure adeguate: al prossimo colloquio di lavoro, cercate di ridere un po’ di più.

Immagini University of Toronto/Getty Images
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