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A Venezia 2020 c’è il film diretto da uno dei sopravvissuti al Bataclan
Si chiama Zanka Contact ed è il film di debutto di Ismaël el Iraki, regista marocchino che ha studiato presso la prestigiosa scuola di cinema La Fémis a Parigi, già autore di due corti molto apprezzati dalla critica, Carcasse (2007) e H’rash (2008). Come ha raccontato al Guardian, el Iraki è uno dei sopravvissuti alla strage del Bataclan del 13 novembre 2015, quando un gruppo di terroristi dello Stato Islamico irruppero durante il concerto degli Eagles of Death Metal uccidendo 143 persone e ferendone migliaia. Zanka Contact racconta la storia d’amore tra Larsen, ex musicista rock, e Rajae, amazzone cresciuta in un quartiere difficile di Casablanca, dove il film è ambientato. I due protagonisti hanno in comune un trauma taciuto, ma la musica può significare per entrambi la salvezza: l’unica speranza per il loro amore è infatti andarsene da una città così spietata e sfuggire così alla malavita marocchina, «con il suo serraglio di poliziotti sadici, serpenti velenosi, concerti metal e contemporanee Calamity Jane, con tanto di fucile?», come si legge nella sinossi.
«In un certo senso vivo ancora perseguitato da fantasmi», ha raccontato il regista, che dall’attentato è riuscito a salvarsi grazie all’eroismo di uno degli addetti alla sicurezza, che ha continuato a entrare e uscire dalla sala per mettere al sicuro le persone mentre i killer sparavano. «Una delle cose che ho scoperto dopo aver vissuto quell’esperienza è che il disturbo da stress post traumatico è una malattia infettiva che ti viene data da coloro che hanno esercitato violenza su di te», ha continuato el Iraki, che ha anche specificato che all’inizio Zanka Contact avrebbe dovuto parlare di un uomo che assiste a un attentato terroristico. Poi però si è reso conto che quella trama «Era troppo vicina all’attualità», e di voler evitare di raccontare un’altra storia incentrata sulla violenza. Per questo motivo ha scelto di scrivere una favola simbolica sul recupero da un trauma: «È ancora lì. Sei fottuto per tutta la vita ma puoi imparare a conviverci. Al centro del film c’è questa coppia che ha vissuto dei traumi che si intersecano e che cerca di capire come possono aiutarsi a vicenda». Così la violenza del Bataclan resta sullo sfondo: «La cosa principale per me era non perdere mai il mio amore per la musica a causa di quell’episodio», ha concluso il regista.

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