Hype ↓
16:43 lunedì 8 settembre 2025
La Germania sta preparando una maxi scorta di ravioli in scatola in previsione di una guerra con la Russia Le vecchie razioni a base di cereali e legumi non soddisfano più, ha detto il ministro dell'Agricoltura e dell'Alimentazione, Alois Rainer.
Il governo egiziano vuole trasformare le pendici del monte Sinai in un resort di lusso L'intenzione è di fare qui quello che è stato fatto a Sharm el-Sheikh, nonostante le proteste degli abitanti e della comunità internazionale.
Il matrimonio di Taylor Swift e Travis Kelce è già il simbolo delle “intelligence gap relationship” Le future nozze tra la cantante e l’atleta hanno scatenato il dibattito sulle coppie in cui c’è un forte divario intellettuale tra partner.
La canzone più usata quest’estate su TikTok Italia è un pezzo di otto anni fa di Andrea Laszlo De Simone “Fiore mio” è Song of the Summer 2025 su TikTok, fatto che ha sorpreso prima di tutti De Simone, che non è nemmeno iscritto al social.
Father Mother Sister Brother di Jim Jarmush ha vinto il Leone d’oro alla Mostra del Cinema di Venezia A The Voice of Hind Rajab di Kawthar ibn Haniyya il Gran premio della giuria, Toni Servillo vince la Coppa Volpi per la sua interpretazione in La grazia, di Benny Safdie la Miglior regia con The Smashing Machine.
Marco Bellocchio girerà un film su Sergio Marchionne Le riprese inizieranno nel 2026 e si svolgeranno in Italia, Stati Uniti e Canada, i tre Paesi della vita di Marchionne.
Il responsabile per la Salute della Florida ha detto che eliminerà tutte le vaccinazioni obbligatorie Non solo quelle legate al Covid ma anche quelle che riguardano le fasce più giovani, dal morbillo all’epatite B.
Lena Dunham ha annunciato la data di uscita del suo nuovo libro, Famesick Un memoir scritto nell'arco di sette anni che parla di «malattia, dipendenza e sofferenza amorosa».

Il cinema sconcertante di Yorgos Lanthimos

È nelle sale italiane Il sacrificio del cervo sacro, l’ultimo film del regista greco.

05 Luglio 2018

Qual è quel regista che al mattino è dissacrante, a mezzogiorno distopico e la sera sconcertante? È Yorgos Lanthimos. Da giovedì 28 giugno è nelle sale italiane Il sacrificio del cervo sacro, l’ultimo film del regista greco, il secondo consecutivo con un cast internazionale e in lingua inglese. Il quinto lungometraggio di Lanthimos fa quello che ogni suo nuovo film solitamente fa: porta a un livello estetico e narrativo superiore quanto visto nell’opera precedente.

Anche questo film, che ha vinto il premio per la miglior sceneggiatura a Cannes 2017, ha in comune con gli altri la disorientante scelta narrativa di raccontare una storia sovvertendo un certo status quo. In Kinetta era l’annullamento della separazione tra vita reale e vita di scena, in Kynodontas quello della famiglia e del suo ruolo, in Alps l’elaborazione del lutto e in The Lobster l’iperbole di quel precetto sociale, talvolta velato ma inscalfibile, che vede nel rapporto di coppia stabile il vero viatico per la realizzazione personale e che sottintende la solitudine come un sostanziale fallimento. Ne Il sacrificio del cervo sacro è la Giustizia a essere sconquassata.

Un cardiochirurgo appena finita un’operazione a cuore aperto chiede all’anestesista a che profondità vada il suo orologio, la figlia quattordicenne ha avuto il primo ciclo, il figlio più piccolo non vuole tagliarsi i capelli, la moglie ha deciso di ristrutturare il suo studio oculistico. Tutto patinato, lento, quasi cristallizzato, ma molto realistico, persino quotidiano se si riesce a comprendere questa quotidianità alto-borghese. Poi arriva Martin, il figlio del paziente del Dr. Steven morto sotto i ferri, e ogni cosa si accelera. Le colpe dei padri cominciano a ricadere misteriosamente sui figli, in un processo irreversibile che, corretto o no, è “quanto più simile alla giustizia” Martin possa immaginare.

Viene da chiedersi come abbia fatto un regista nato, per sua stessa ammissione, in un paese dove non esiste un’industria del cinema, ad arrivare fin qui. Perché indubbiamente il talento conta, ma raramente basta a se stesso. Il più grande regista dei nostri giorni, PT Anderson, che di Lanthimos è pressoché coetaneo, ha certo un enorme e indiscutibile dono, ma la carta di identità che alla voce nato a riporta Los Angeles, a spanne non deve averlo ostacolato. Una risposta potrebbe essere la perseveranza, da non confondere con la “coerenza”: la prima vuol dire mettersi in trincea e raccontare quello che si vuole come si vuole, la seconda, nel cinema, potrebbe significare canonizzarsi e specchiarsi e, in sostanza, sterilizzarsi (se state pensando a Sorrentino non ve ne sarà fatta una colpa).

Lanthimos non si è ammorbidito negli anni: il quarantacinquenne di oggi è più misurato del trentaduenne che esordiva nel 2005 con Kinetta e che quattro anni dopo vinceva con Kynodontas “Un Certain Regard” a Cannes, ma è tutt’altro che innocuo. Colin Farrell ha raccontato che la sua agente gli ha sottoposto il copione più per gentilezza nei confronti del regista con cui aveva lavorato per The Lobster, che per convinzione che l’attore potesse accettare una parte in cui il suo personaggio fa quello che fa. È per questo che Lanthimos è sempre così Lanthimos senza essere stucchevole, perché non ha paura di fare il passo oltre.

È evidente che il fuoco sacro non sia spento, e che bearsi ripetendosi annoierebbe lui ancor prima dello spettatore, per questo ha bisogno di uscire dalla comfort zone. Quindi sì, come molti stanno scrivendo, a tratti Il sacrificio del cervo sacro fa inevitabilmente pensare a Haneke (soprattutto), a Kubrick o Euripide, ma non si ha il dubbio nemmeno per un istante che quello che si sta guardando sia genuinamente Lanthimos, che questa sia la sua tragedia. E c’è di mezzo il Fato in questa contemporanea tragedia, un Fato che sembra facile rintracciare nella carne, le ossa e gli occhi azzurri di Martin, ma che in realtà richiede allo spettatore di oltrepassare l’abituale sospensione dell’incredulità per approdare alla spiazzante consapevolezza che farsi domande non è solo inutile, ma anche deleterio.

Cercare di capire chi è Martin fa venire il mal di testa come pensare all’infinito, o a Dio, e allora si tenta di decifrare chi sono gli altri, si cominciano a mettere a fuoco i loro vizi privati e si sfocano le pubbliche virtù. Quando la figlia Kim si spoglia e si propone sul letto nella stessa posizione anestetizzata con cui la madre si concede al padre, si avverte che non sono solo le colpe dei padri a ricadere sui figli, ma anche le deviazioni, in un film che di perversioni è costellato.

La catarsi, intesa come grande rito di purificazione, alla fine c’è, ma non per lo spettatore, che esce ammutolito, provato, estasiato. Qui il cervo non si sostituisce a Ifigenia (a cui il film si ispira liberamente), e sacrificarlo sfama sì il Fato, ma non assolve l’anima dalla dannazione eterna. Il sacrificio del cervo sacro è un film estremo, disturbante e assoluto, come lo sono le tragedie greche, ed è quanto di meglio si possa vedere nelle sale quest’estate.

Foto Getty (Lanthimos al MoMA di New York), due scene da Il sacrificio del cervo sacro
Articoli Suggeriti
Gianluca Brando, scultore dell’abitare

Abbiamo intervistato lo scultore di Maratea classe 1990, che riflette sul concetto universale di casa, e ha collaborato con all'apertura del nuovo store di Birkenstock a Milano.

E vinsero tutti felici e contenti

Date le tantissime tensioni che hanno caratterizzato questa edizione della Mostra ci si aspettava un finale molto più polemico. La giuria presieduta da Alexander Payne, invece, è riuscita nel mezzo miracolo di tenere contenti tutti. O quasi.

Leggi anche ↓
Gianluca Brando, scultore dell’abitare

Abbiamo intervistato lo scultore di Maratea classe 1990, che riflette sul concetto universale di casa, e ha collaborato con all'apertura del nuovo store di Birkenstock a Milano.

E vinsero tutti felici e contenti

Date le tantissime tensioni che hanno caratterizzato questa edizione della Mostra ci si aspettava un finale molto più polemico. La giuria presieduta da Alexander Payne, invece, è riuscita nel mezzo miracolo di tenere contenti tutti. O quasi.

Father Mother Sister Brother di Jim Jarmush ha vinto il Leone d’oro alla Mostra del Cinema di Venezia

A The Voice of Hind Rajab di Kawthar ibn Haniyya il Gran premio della giuria, Toni Servillo vince la Coppa Volpi per la sua interpretazione in La grazia, di Benny Safdie la Miglior regia con The Smashing Machine.

Agon, ci voleva un film di finzione per raccontare le vite terribili delle sportive

L'opera prima di Giulio Bertelli, presentata alle Settimane della critica a Venezia e distribuita in sala da Mubi, mescola fiction e documentario per raccontare tutto il sangue, il sudore e le lacrime nelle vite di tre atlete.

di Studio
Cinema Forever

Com'è andato il primo evento di Rivista Studio alla Mostra del cinema di Venezia, ospiti Margherita Vicario, Carolina Cavalli ed Edgardo Pistone, con i quali abbiamo parlato dei classici del passato e di quelli di domani.

Marco Bellocchio girerà un film su Sergio Marchionne

Le riprese inizieranno nel 2026 e si svolgeranno in Italia, Stati Uniti e Canada, i tre Paesi della vita di Marchionne.