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Uno scienziato spagnolo ha inventato un algoritmo per vincere sempre a Wordle

Esteban Moro è un professore, ricercatore e data scientist dell’Università Carlos III di Madrid e visiting professor al MIT di Boston che in questi giorni ha trovato la risposta alla domanda che tutta Internet si sta ponendo: come faccio a diventare più bravo a giocare a Wordle, come faccio a indovinare la parola segreta una percentuale di volte sufficiente a non farmi mettere in dubbio le mie capacità intellettive? In un post sul suo blog personale, Moro ha spiegato una strategia che avrebbe permesso di vincere il 99% delle sfide Wordle che si sono fin qui potute giocare. Non solo: ogni volta questo metodo avrebbe permesso al giocatore di scoprire la parola segreta del giorno impiegando meno dei sei tentativi messi a disposizione dal gioco-ossessione del momento.

Il metodo Moro si fonda su princìpi abbastanza semplici. Per esempio, ogni volta bisogna cominciare a giocare inserendo sempre la stessa parola, “aeros (che contiene le cinque lettere più usate in inglese). Moro è giunto a questa conclusione grazie all’aiuto di R, un linguaggio di programmazione e un ambiente di sviluppo pensato per facilitare e velocizzare l’analisi statistica dei dati. Con R, Moro ha creato una “copia” di Wordle a fini di analisi statistica, appunto: un altro gioco basato su un numero limitato di tentativi per indovinare una delle 12,972 parole della lingua inglese composte da cinque lettere. Il programma si è poi occupato di eseguire una serie di simulazioni, cominciando ogni partita del gioco con, come detto, la parola aeros. Dopodiché, il programma si limitava a scegliere una parola a caso tra quelle a disposizione. Con questo metodo, il programma indovinava la parola segreta nell’80% dei casi, impiegando un numero di tentativi pari a 5.1 in media.

Ma Moro non si è certo accontentato di questi numeri. Altri ricercatori hanno scoperto che le parole scelte da Wordle non vengono selezionate secondo un criterio “completamente” casuale: alcune parole pare abbiano più probabilità di altre di essere selezionate come la parola del giorno. Incrociando i dati riguardanti le parole segrete fin qui usate dal gioco e le parole più usate della lingua inglese, Moro ha confermato che, in effetti, è così: ci sono alcune parole che vengono fuori più spesso di altre, e in particolare si tratta di parole “quotidiane”, per così dire. Una cosa che  in precedenza aveva confermato lo stesso creatore del gioco, Josh Wardle: di parole troppo rare, usate poco nella lingua parlata, aveva deciso di inserirne poche, nel gioco. «È una scelta assolutamente sensata. Perché il gioco abbia successo deve essere semplice e godibile, e scegliere parole quotidiane assicura a tutti noi una possibilità di vincere», ha commentato Moro.

Moro, scoperto questo fatto, ha apportato alcune modifiche alla prima versione dell’algoritmo: partendo sempre dalla parola aeros, adesso la scelta delle parole successiva veniva leggermente ristretta alle parole usate più frequentemente nella lingua inglese (con l’aiuto di un indice appositamente creato), tra quelle ovviamente “coerenti” con il risultato iniziale ottenuto dopo aver inserito la parola aeros. Se per le parole scelte a caso le capacità di soluzione dell’algoritmo cambiavano di poco, per le parole che Wordle aveva già selezionato in partite precedenti i numeri aumentavano moltissimo: con un media di tentativi del 3.9, l’algoritmo riusciva a vincere il 97% delle sfide.

«Sono un data scientist e in quanto tale sono sempre alla ricerca di bias e pattern che ci aiutino a realizzare gli algoritmi. Alla fine ho fatto solo questo: scoprire un “vizio” nella maniera in cui Wordle sceglie le parole e approfittarne per costruire una strategia più efficace».