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Una foto di Hideo Kojima e Zerocalcare al Lucca Comics ha scatenato una polemica internazionale tra Italia, Turchia e Giappone L'immagine, pubblicata e poi cancellata dai social di Kojima, ha fatto arrabbiare prima gli utenti turchi, poi quelli italiani, per motivi abbastanza assurdi.
Nella vittoria di Mamdani un ruolo importante lo hanno avuto anche i font e i colori della sua campagna elettorale Dal giallo taxi alle locandine alla Bollywood, il neo sindaco di New York ha fatto un uso del design diverso da quello che se ne fa di solito in politica.
Il nuovo album di Rosalía non è ancora uscito ma le recensioni dicono che è già un classico Anticipato dal singolo e dal video di "Berghain", Lux uscirà il 7 novembre. Per la critica è il disco che trasforma Rosalia da popstar in artista d’avanguardia.
La nuova serie di Ryan Murphy con Kim Kardashian che fa l’avvocata è stata demolita da tutta la critica All’s Fair centra lo 0 per cento su Rotten Tomatoes, in tutte le recensioni si usano parole come terribile e catastrofe.
Un giornalista italiano è stato licenziato per una domanda su Israele fatta alla Commissione europea Gabriele Nunziati ha chiesto se Israele dovesse pagare la ricostruzione di Gaza come la Russia quella dell'Ucraina. L'agenzia Nova lo ha licenziato.
Lo Studio Ghibli ha intimato a OpenAI di smetterla di usare l’intelligenza artificiale per creare brutte copie dei suoi film Assieme ad altre aziende dell'intrattenimento giapponese, lo Studio ha inviato una lettera a OpenAI in cui accusa quest'ultima di violare il diritto d'autore.
Nel suo discorso dopo la vittoria alle elezioni, il neosindaco di New York Zohran Mamdani ha sfidato Donald Trump Nelle prime dichiarazioni pubbliche e social, il neosindaco ha anche ribadito la promessa di ridisegnare NY a misura di migranti e lavoratori.
Ogni volta che va a New York, Karl Ove Knausgård ha un carissimo amico che gli fa da cicerone: Jeremy Strong E viceversa: tutte le volte che l'attore si trova a passare da Copenaghen, passa la serata assieme allo scrittore.

I dieci film preferiti di Wes Anderson non c’entrano nulla con Wes Anderson

06 Dicembre 2022

Qual è la cosa più strana dell’edizione 2022 della classifica definitiva di Sight and Sound? Forse i gusti cinematografici di Wes Anderson, uno dei registi invitati a condividere la lista dei loro dieci film preferiti. È dal 1952, ormai, che Sight and Sound – la rivista internazionale edita dal British Film Institute – chiede a cineasti e critici – c’è un sondaggio che viene fatto tra i critici e uno tra i registi – di scegliere e commentare quelli che considerano i migliori film di tutti i tempi. Quest’anno al primo posto della classifica stilata dai critici dei film più belli di sempre troviamo Jeanne Dielman, 23 quai du Commerce, 1080 Bruxelles di Chantal Akerman, film femminile e femminista che nel 1976 Le Monde definì «il primo capolavoro sul femminile nella storia del cinema». Akerman aveva soltanto 25 anni quando lo girò, e il suo stile sperimentale e avanguardistico è diventato negli oggetto di approfondimento critico e accademico.

La curiosa vittoria del film del 1975, come scrive Mattia Carzaniga su Rolling Stone, è anche un modo per «premiare un cinema finora sommerso (o considerato tale), cambiare il metro di giudizio, proporre un nuovo canone»: ma non è l’unica particolarità di quest’edizione. A sorprendere tutti, cinefili e non, sono stati i dieci film selezionati da Wes Anderson, tra i 480 registi chiamati quest’anno – tra gli altri ci sono anche Barry Jenkins, Luca Guadagnino, Ari Aster, i fratelli Safdie e Wes Anderson – a stilare la loro lista dei dieci migliori film di tutti i tempi (in questa classifica al primo c’è 2001: Odissea nello spazio di Stanley Kubrick, al secondo Quarto potere di Orson Welles, al terzo Il padrino di Francis Ford Coppola, al quarto a pari merito Jeanne Dielman, 23 quai du Commerce, 1080 Bruxelles e Viaggio a Tokyo di Yasujirō Ozu, che nell’ultima edizione del sondaggio tra i registi era arrivato primo). Le dieci opere scelte da Anderson sono narrativamente, tematicamente, esteticamente lontanissime – se non proprio opposte – ai lavori del regista: sono quasi tutti film francesi (e fin qui niente di strano), accomunati da atmosfere cupe e deprimenti. Si va da La grande illusione di Jean Renoir del 1937, ambientato durante la Prima guerra mondiale, a Legittima difesa (Quai des Orfèvres) di Henri-Georges Clouzot del 1947, una storia di gelosia e omicidio (a lieto fine, però, almeno). Anche I gioielli di Madame de… di Max Ophüls del 1953 è intriso di gelosia, e anche qui ci scappa il morto. Poi ci sono due classici del cinema francese, Vivre Sa Vie di Jean-Luc Godard, 1962, e L’uomo che amava le donne di François Truffaut, 1977, che non hanno bisogno di presentazioni. Troviamo poi Loulou di Maurice Pialat, del 1980, con Gérard Depardieu e Isabelle Huppert, il disperato Senza tetto né legge di Agnès Varda (1985), Olivier, Olivier di Agnieszka Holland del 1992, Ricomincia da oggi di Bertrand Tavernier, 1999 e I re e la regina di Arnaud Desplechin del 2004.

La classifica di Sight and Sound è una sorta di liturgia sacra per gli appassionati di cinema. È un “sondaggio”, se così si può definire, molto particolare: se ne fa soltanto uno ogni dieci anni, la prima edizione risale al 1952 e questa del 2022 è dunque l’ottava. Queste peculiari tempistiche fanno sì che la classifica Sight and Sound sia considerata una sorta di indicatore delle tendenze nel mondo del cinema e dei cambiamenti in quello della cultura. L’edizione di quest’anno, oltre che per il primo posto di Jeanne Dielman, 23 quai du Commerce, 1080 Bruxelles, è stata diversa anche per un’altra ragione: al sondaggio non aveva mai partecipato una platea di persone così numerosa e diversificata per genere, provenienza geografica e background culturale. Nel 2022, infatti, nel Sight and Sound Poll hanno votato più di 1600 persone che hanno espresso le loro preferenze per 4000 film. Per farsi un’idea: a quello del 2012 i votanti erano stati soltanto 846.

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