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03:46 martedì 18 novembre 2025
Jeff Bezos ha appena lanciato Project Prometheus, la sua startup AI che vale già 6 miliardi di dollari Si occuperà di costruire una AI capace poi di costruire a sua volta, tutta da sola, computer, automobili e veicoli spaziali.
Le gemelle Kessler avevano detto di voler morire insieme ed è esattamente quello che hanno fatto Alice ed Ellen Kessler avevano 89 anni, sono state ritrovate nella loro casa di Grünwald, nei pressi di Monaco di Baviera. La polizia ha aperto un'indagine per accertare le circostanze della morte.
Vine sta per tornare e sarà il primo social apertamente anti AI Jack Dorsey, il fondatore di Twitter, ha deciso di resuscitarlo. A una condizione: sarà vietato qualsiasi contenuto generato con l'intelligenza artificiale.
C’è una app che permette di parlare con avatar AI dei propri amici e parenti morti, e ovviamente non piace a nessuno Se vi ricorda un episodio di Black Mirror è perché c'è un episodio di Black Mirror in cui si racconta una storia quasi identica. Non andava a finire bene.
In Cina Wong Kar-wai è al centro di uno scandalo perché il suo assistente personale lo ha accusato di trattarlo male Gu Er (pseudonimo di Cheng Junnian) ha detto che Kar-wai lo pagava poco, lo faceva lavorare tantissimo e lo insultava anche, in maniera del tutto gratuita.
In Giappone un’azienda si è inventata i macho caregiver, dei culturisti che fanno da badanti agli anziani Un'iniziativa che dovrebbe attrarre giovani lavoratori verso una professione in forte crisi: in Giappone ci sono infatti troppi anziani e troppi pochi caregiver.
Rosalía ha condiviso su Instagram un meme buongiornissimo in cui ci sono lei e Valeria Marini  Cielo azzurro, nuvole, candele, tazza di caffè, Rosalia suora e Valeria Marini estasiata: «Non sono una santa, però sono blessed», si legge nel meme.
Hideo Kojima si è “giustificato” per la sua foto al Lucca Comics con Zerocalcare dicendo che l’ha fatta senza sapere chi fosse Zerocalcare Non c’era alcuna «intenzione di esprimere sostegno a nessuna opinione o posizione» da parte di Kojima, si legge nel comunicato stampa della Kojima Productions.

Wes Anderson, collezionista

I 500 oggetti selezionati per Il Sarcofago di Spitzmaus e altri tesori, in Fondazione Prada fino al 13 gennaio, connettono il visitatore allo spirito del collezionismo più di altri tentativi di parlarne in astratto.

25 Settembre 2019

Pensavano sarebbe stato facile. «Eravamo convinti che avremmo scelto rapidamente una manciata di opere che piacevano a entrambi e avremmo  finito». Pensavano ci sarebbero volute due settimane, forse tre al massimo. «Ovviamente ci sbagliavamo, ma credo che ce lo aspettassimo. Tuttavia non pensavamo di essere in errore così a lungo». Wes Anderson e sua moglie Juman Malouf, illustratrice, scrittrice e designer hanno infine speso due anni a rovistare tra gli archivi mastodontici del Kunsthistorisches Museum di Vienna (più di 4 milioni di opere) e del suo gemello, il Naturhistorisches Museum (20 milioni di oggetti). Hanno selezionato gli oltre 500 pezzi (una miriade) che rimarranno esposti in Fondazione Prada a Milano dal 20 settembre al 13 gennaio. Il Sarcofago di Spitzmaus e altri tesori è l’annunciato “sequel” – proprio così, con terminologia cinematografica a corredo del titolo hollywoodiano – della mostra omonima in scena lo scorso inverno al Kunsthistorisches, che qui è ampliata e arrangiata nella configurazione definitiva. Una mise en-scène labirintica con stanze foderate in feltro, echi al giardino formale del castello di Ambras – fatto erigere nel Cinquecento da Ferdinando del Tirolo per accomodarvi la collezione asburgica – e tante vetrinette. Nel complesso, una rassegna superficiale e sublime scandita da principi ordinatori abbastanza evidenti come: epopee di bauli, scatole, contenitori; suite di cose verdi o di legno; micro-cosmi di miniature; zoo fantastici; ritratti di bambini.

Gia s’immaginano i fan del Grand Budapest Hotel in estasi. E tuttavia, al debutto viennese, davanti a tanta estetizzante ossessione, i puritani dell’erudizione – e gli accademici grevi – non sono riusciti a gioire, tra l’altro, dei materiali di solito rintanati nei depositi che per la prima volta venivano esposti al pubblico (un paio di centinaia). Dei molti oggetti molto insoliti. Non hanno trovato forse divertente che Cranach il Vecchio stesse accanto a un pittore qualsiasi. O che un non particolarmente importante sarcofago di toporagno (che nel display permanente del museo sta in una bacheca affollata dove solo un visitatore su mille lo nota) diventasse la star dello show. Una difficoltà che si era già manifestata, come ha svelato lo stesso Anderson nel testo introduttivo del catalogo: «È vero che i curatori più anziani del Kunsthistorisches Museum non sono riusciti a individuare subito quelli che per noi erano i collegamenti lampanti; e persino dopo averli spiegati sono sorte ancora domande sulla loro validità curatoriale».

Pare che alcuni curatori sentendosi chiedere se avessero «qualcosa di verde» abbiano reagito d’istinto con una risata o un gemito; un atteggiamento replicato da alcune critiche intransigenti (segnatamente sul New York Times) che non hanno apprezzato la disinvoltura con cui articoli del patrimonio storico sono stati trasportati in un «contesto puramente visivo» tipo «l’account Instagram @accidentallywesanderson». E in effetti Anderson e Malouf transitano con leggerezza dalla Storia alla cronaca di un gusto personale, arredando vetrine adatte anche alle signorine; ma che ciò signifchi che l’esperimento non sia riuscito pare una conclusione un po’ affrettata. Per il vero, le strategie espositive messe in atto qui non sono troppo diverse dagli esperimenti proto-museali, le antiche Wunder-kammer. E come non ricordare allora che i musei stessi sono nati da collezioni private – il Kunsthistorisches si fonda proprio sulla collezione che stava nella terza ala del castello di Ambras, dove erano depositati, in venti armadi, oggetti di varia natura – e quindi da vissuti, tormenti, manie assolutamente personali?

Per questo Il Sarcofago di Spitzmaus e altri tesori connette il visitatore allo spirito del collezionismo più di altri tentativi di parlarne in astratto, e ricorda anche un po’ una bella mostra che fu a Firenze un paio d’anni fa, Leopoldo de’ Medici principe dei collezionisti. Rincuora constatare come tra i collezionisti old-fashioned prevalga, su categorie e specializzazioni, capriccio e meraviglia. Ora che il progetto espositivo della coppia passa da un museo storico a un’istituzione devota al contemporaneo – con l’abitudine di dar carta bianca agli artisti – è quasi certo che la lettura sarà diversa. Ma l’antefatto serve ancora a rico dare che, se curare una mostra non è come fare un film, collezionare, in fondo, ci assomiglia un po’.

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