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Anche stavolta il premio di Designer of the Year l’ha vinto Jonathan Anderson È la terza volta consecutiva, stavolta ha battuto Glenn Martens, Miuccia Prada, Rick Owens, Martin Rose e Willy Chavarria.
L’Oms ha detto che i farmaci come Ozempic dovrebbero essere disponibili per tutti e non solo per chi può permetterseli Secondo l'Organizzazione mondiale della sanità, in futuro bisognerà garantire l'accesso a questi farmaci a chiunque ne abbia bisogno.
Aphex Twin ha caricato a sorpresa su SoundCloud due nuovi brani ispirati a una vacanza in Sicilia Le tracce sono comparse a sorpresa e sarebbero state ispirate da una vacanza italiana del musicista, intristito dalla pioggia autunnale.
Il sindaco di Pesaro si è dovuto scusare perché ha coperto di ghiaccio la statua di Pavarotti per far spazio a una pista di pattinaggio Ma ha pure detto che Pavarotti resterà "congelato" fino a dopo l'Epifania: spostare la statua o rimuovere la pista sarebbe troppo costoso.
Siccome erano alleati nella Seconda guerra mondiale, la Cina vuole che Francia e Regno Unito la sostengano anche adesso nello scontro con il Giappone Indispettita dalle dichiarazioni giapponesi su Taiwan, la diplomazia cinese chiede adesso si appella anche alle vecchie alleanze.
È morto Tom Stoppard, sceneggiatore premio Oscar che ha reso Shakespeare pop Si è spento a ottantotto anni uno dei drammaturghi inglesi più amati del Novecento, che ha modernizzato Shakespeare al cinema e a teatro.
La tv argentina ha scambiato Gasperini per il truffatore che si era travestito da sua madre per riscuoterne la pensione Un meme molto condiviso sui social italiani è stato trasmesso dal tg argentino, che ha scambiato Gasperini per il Mrs. Doubtfire della truffa.
La parola dell’anno per l’Oxford English Dictionary è rage bait Si traduce come "esca per la rabbia" e descrive quei contenuti online il cui scopo è quello di farci incazzare e quindi interagire.

Uno studio a Mumbai

La Svizzera premia l'architettura made in India: che ha qualcosa da insegnare all'Europa

07 Settembre 2012

Il Wankhede Cricket Stadium di Mumbai, dove si è tenuta la Coppa del Mondo 2011 di cricket , è uno degli esempi più lampanti del perché un architetto indiano formatosi a Los Angeles scelga di tornare a casa, a Mumbai appunto, e iniziare a costruire in spazi che già esistono. L’architetto in questione è Bijoy Jain, quarantasettenne indiano che ha appena vinto la terza edizione del BSI Swiss Architectural Award assegnato dall’Accademia di Architettura di Mendrisio.

Quello stadio è diventato il simbolo della filosofia di Bijoy Jain perché, l’intervento che l’architetto ha introdotto nel tempio indiano del cricket, è stato di lavorare sulle panchine. Infatti Bungalow 8 è il progetto che lo Studio Mumbai ha scelto per omaggiare un luogo cult indiano: niente legno impiallacciato e sagomato, quanto invece una serie di panche che percorrono alcuni anelli degli spalti, e che a un occhio frettoloso appaiono per quello che sono, ovvero legnami riciclati e assemblati. Ma Jain l’aveva detto: dopo aver lavorato con gli studi americani, primo tra tutti quello di Richard Meier, la scelta di tornare nella sua Mumbai e di aprire l’omonimo studio, aveva come fine quello di ideare e produrre in loco spazi utili agli indiani. Che si trattasse di uno stadio come di una casa privata nel mezzo della foresta.

“Immaginazione, intimità e modestia” è il trittico con cui Bijoy Jain ha deciso di mettere radici nel campo dell’architettura, un mix di understatement che lo Studio Mumbai ha cercato di riportare in molti dei progetti seguiti, ed è soprattutto il mix che è piaciuto alla terza edizione del Swiss Architectural Award (il premio verrà consegnato il 20 settembre). Presidente della giuria Mario Botta che ha motivato la vittoria dello Studio Mumbai, dichiarando che di loro “colpisce come rendano l’architettura un lavoro umano”. Dove umano sta a significare “fatto da un uomo”. Ed è infatti nella manualità della progettazione e della realizzazione che l’anti-archistar indiano svela la sua scelta stilistica: utilizzare risorse e paesaggi indiani, creare spazi per i locali tenendo presente condizioni climatiche e geografiche, interventi di bioarchitettura e tanto, tantissimo, artigianato.

Per questo la sede dello Studio Mumbai è un cantiere a cielo (semi) aperto, dove il legno domina, i progetti sono costruiti in scala semi reale, oggetti per l’interior accompagnano sogni di edifici ben più grandi, e soprattutto l’aria che si respira è quella di una palestra con volti nuovi che si mischiano a processi artigianali antichi. Più che una roccaforte dell’artigianato indiano, lo Studio Mumbai pero ha l’ambizione di essere il termometro dei bisogni di un territorio in cambiamento, motivo per cui architettura e paesaggio non possono mai “perdersi di vista”. Anche quando si studia la funzionalità di una maniglia di ottone che sembra un lingotto piegato.

E lo Studio Mumbai non è neppure un Eden isolato dal resto del mondo: in quel di Mendrisio, nel Vecchio Continente, è piaciuta soprattutto l’esempio di “coesistenza tra spazi di ieri e di domani” che l’architettato laureatosi alla Washington University di St. Louis applica dai primi anni Novanta. Una visione dell’architettura che anche David Chipperfield ha fortemente voluto per il suo Common-Ground, il tema della 13ma Biennale di Architettura a Venezia dove il mondo della progettazione è apparso più vicino al realizzabile come mai prima d’ora. Non è un caso quindi che fino al 7 ottobre i BSI Swiss Architectural Award traslocheranno per una tavola rotonda a Venezia, presso la Fondazione Querini Stampalia, evento collaterale della Biennale dove oltre a Bijoy Jain saranno presenti anche i vincitori delle due edizioni passate, il paraguaiano Solano Benitez e del burkinabé Diébédo Francis Kéré.

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