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La Sagrada Família è diventata la chiesa più alta del mondo Il posizionamento di una parte della torre centrale sopra la navata ha portato l’altezza della chiesa a 162,91 metri superando i 161,53 della guglia della cattedrale di Ulm, in Germania
A giudicare dai nomi coinvolti, Hollywood punta molto sul film di Call of Duty Un veterano dei film bellici e lo showrunner del momento sono i due nomi chiamati a sdoganare definitivamente i videogiochi al cinema.
Dopo 30 anni di lavori e un miliardo di investimenti, è stato finalmente inaugurato il nuovo, gigantesco museo egizio di Giza Sarà il museo più grande del mondo dedicato a una singola civiltà e punta a rilanciare il turismo in crisi in Egitto.
Le dimensioni del massacro in Sudan sono visibili nelle immagini satellitari Il Paese è devastato dal 2023 da una sanguinosa guerra civile su base etnica scatenata dalle Forze di Supporto Rapido (RSF).
Il colpo più duro all’ex principe Andrea non è stata la revoca del titolo, ma il linguaggio usato nel comunicato ufficiale Gli esperti sono rimasti scioccati dal linguaggio “brutale” utilizzato da Buckingham Palace per annunciare che Andrea non sarà più principe.
L’operazione anti narcos a Rio de Janeiro è stata la più sanguinosa nella storia della città 2.500 agenti delle forze speciali brasiliane hanno attaccato il noto gruppo di narcotrafficanti Commando rosso, provocando 138 morti.
La quarta stagione di The White Lotus sarà ambientata tra Parigi e la Costa Azzurra Saltato l’accordo commerciale con la catena di hotel Four Seasons, HBO sta cercando hotel di lusso vista Senna come set della nuova stagione.
Robert Pattinson ha deciso di diventare un cantante e avrebbe già pronto il suo primo album Un’ambizione che coltivava sin dai tempi di Twilight: due brani della colonna sonora del film li cantava lui.

Un’epidemia di riformite

Da Tolstoj a Blair. Le riforme ci vogliono, ma poi ci vuole anche la volontà di far funzionare le cose

23 Agosto 2012

C’è una scena di Guerra e Pace in cui il principe Andrej incontra, a Pietroburgo, il Ministro della Guerra dello zar. Dopo anni di riflessioni nella sua tenuta di campagna, Andrej è convinto di aver messo a punto una riforma del codice militare decisiva per le sorti dell’Impero. Ha fatto esperienza del campo di battaglia, ha studiato i codici militari francesi e prussiani: ora è pronto a mettere le sue idee al servizio del ministro Arakcheev.

Ma quello lo accoglie freddamente: “Vede, ho letto il suo progetto. Lei propone nuove leggi militari? Ma ci sono già molte leggi militari, e nessuno per applicarle. Al giorno d’oggi tutti progettano leggi: è più facile scrivere che agire”.

Fin dall’inizio, Tolstoj presenta il ministro come un personaggio antipatico e supponente, mentre Andrej è l’eroe tragico del romanzo. Eppure, a ben vedere, le parole di Arakcheev contengono una lezione da non sottovalutare.

In Italia abbiamo la passione delle riforme. È un fervore quasi calcistico che nasce nelle aule universitarie, invade le pagine dei giornali e finisce col debordare nei dibattiti politici e nelle chiacchiere da bar. La scuola, l’università, il lavoro: tutti hanno la propria ricetta da suggerire e, benché ciascuno proponga vie d’uscita diverse, tutti sono uniti dalla convinzione che le regole in essere siano stupide, macchinose, controproducenti.

L’opinione generale è che per uscire dal buco nel quale ci siamo cacciati ci vogliano le riforme. Eppure, la verità è che, da una ventina di anni in qua, non abbiamo fatto altro che riformare. Dal titolo quinto della costituzione alla legge elettorale, dalla disciplina del lavoro a quella dell’università, non c’è ministro che non abbia legato il proprio nome a una riforma epocale (perché un sottoprodotto assai apprezzato della riformite è la possibilità, in questi tempi meschini, di fare il proprio ingresso nella storia: come Gentile! come Basaglia!)

Il fatto è che siamo tutti principi Andrej, bravissimi a tracciare disegni ambiziosi, a prefigurare nuovi inizi, a rivoluzionare interi settori. Però poi nessuno si preoccupa di avvitare i bulloni e di far sì che le cose funzionino per davvero.

Nella scuola, nell’università, in molti ambiti del welfare, in campo fiscale, le riforme sono solo il punto di partenza. Chiaro che in alcuni casi ci vogliono, ma nella maggior parte dei casi, si tratta di creare un meccanismo per far accadere cose che è già previsto che accadano e invece per qualche ragione non succedono.

Abbiamo scuole al livello della Finlandia e altre al livello dello Zimbabwe, ospedali da sanità svizzera e ospedali che si vergognerebbero in Guatemala, tribunali efficientissimi e altri da far impallidire Kafka. E guarda caso, tutte queste differenze sopravvivono da decenni, più o meno inalterate, a tutte le riforme e alle controriforme, alle manovre – termine ancor più sinistro – e alle contromanovre che increspano la superficie del mare.

Ecco perché, dopo aver seguito per anni la strada del principe Andrej, forse è giunto il momento di cominciare a dar retta al grigio ministro dello zar. Per un italiano non è facile ammetterlo: ma ci sono momenti nei quali un pedante è più utile di mille geni.

Lo ricorda Tony Blair nelle sue memorie. Nei primi anni di governo è circondato di personaggi brillanti – Peter Mandelson su tutti – lancia idee ambiziosissime, è molto popolare, ma non conclude quasi nulla. Poi nel 2001 chiama un signore molto noioso, che si chiama Michael Barber, e gli dice “Michael, qui stiamo perdendo tempo. Facciamo le riforme, ma non cambia nulla”.

Così Barber certosino mette in piedi, mattone per mattone, la Delivery Unit, l’ufficio dei risultati. Si concentra su quattro settori: la scuola, la sanità, i trasporti e i numeri del crimine e su quelli crea una serie di indicatori. Poi inizia forsennatamente a misurare: scuola per scuola, ospedale per ospedale, distretto di polizia per distretto di polizia. Blair lo incontra una volta a settimana e con tutta la forza del Primo ministro fa in modo che i meritevoli siano premiati e gli incapaci sanzionati.

Una palla mostruosa, niente a che vedere con gli slanci lirici del principe Andrej. Però ha funzionato.

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