Assieme ad altre aziende dell'intrattenimento giapponese, lo Studio ha inviato una lettera a OpenAI in cui accusa quest'ultima di violare il diritto d'autore.
Twitter ha sospeso l’account che insultava i giocatori di Wordle
Wordle è il gioco-ossessione social del momento, ma è pur sempre un progetto personale, piccolo e semplice, che ha ottenuto un successo per il quale semplicemente non era stato pensato. La semplicità del gioco è il suo pregio principale ma, come si è scoperto in questi giorni, anche il suo peggior difetto. Josh Wardle, il creatore del gioco, non pensava che il suo gioco avrebbe riscosso un successo tale da attirare anche le attenzioni dei “burloni” dell’Internet. Probabilmente è per questo che non si è disturbato a dotare il codice del gioco di praticamente nessuna protezione: non pensava, mica, Wardle, che un giorno qualcuno avrebbe studiato quel codice, trovato al suo interno la lista delle parole segrete e usato quella lista per rovinare il gioco agli altri.
Il bot Twitter The Wordlinator (@wordlinator) alla fine è stato sospeso dal social media dopo le decine, centinaia, migliaia di segnalazioni che si sono viste in questi giorni. Il funzionamento del bot era piuttosto semplice: qualsiasi utente che pubblicasse il risultato della sua partita quotidiana a Wordle riceveva una notifica che segnalava l’arrivo di una risposta al tweet con i suddetti risultati, risposta che di solito conteneva una sequela di insulti e, soprattutto, la parola segreta del giorno successivo. Come scrive Mitchell Clark su The Verge, dimenticare di aver letto la parola segreta è uno sforzo futile: non è possibile, e quindi gioco rovinato, l’ultima risata tocca a The Wordlinator. O, meglio, toccava, data la sopraggiunta sospensione da parte di Twitter.
Etsy Witches, witchtok, gli antri su Instagram e le fattucchiere di Facebook. Per quanto maldestre e talvolta in malafede, le streghe online ci dicono come sta cambiando il nostro rapporto con internet e con la realtà.
Il caso SocialMediaGirls scoppiato in seguito alla denuncia della giornalista Francesca Barra è solo l'ultimo di una ormai lunga serie di scandali simili. Tutti prova del fatto che se non regolamentata, la tecnologia può solo fare danni.