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Tutti dicono che The Irishman di Scorsese è un capolavoro

Del nuovo film di Scorsese, The Irishman, si parla da almeno due anni. Ora il gangster movie, in cui Robert De Niro ricorda molto James Conway di The Goodfellas, lo scorso 27 settembre è finalmente uscito nelle sale americane e sta già ottenendo recensioni molto positive. Per le scene girate usando una particolare tecnica che consente il ringiovanimento digitale degli attori, per la presenza di Al Pacino e Joe Pesci, per i costi elevati di produzione: The Irishman ha immediatamente catturato l’interesse di critica e pubblica. Il film uscirà in Italia a novembre (ancora non abbiamo la data ufficiale) e di lì a poco arriverà su Netflix.

Sul New York Times, A.O. Scott lo descrive come «il film sulla criminalità organizzata meno sentimentale di Scorsese, e per questo più intenso». Perché: «A Scorsese non interessano i fatti, non gli sono mai interessati, ma i sentimenti». Nella sua prima sequenza, The Irishman evoca la scena al Copacabana Nightclub di The Goodfellas, e la capovolge. «Come Henry Hill raccontava le azioni criminali dei suoi soci, così The Irishman è basato sulle reminiscenze di un sicario della mafia. Ma l’atmosfera è totalmente diversa. Un lungo respiro sino all’ora più buia». Secondo Owen Gleiberman, critico di Variety: «The Irishman è proprio il film che molti di noi volevano che Scorsese realizzasse. È pieno di riferimenti ai suoi film precedenti, ma alla fine ci porta in un altrove nuovo e potente». Scritto da Steven Zaillian e basato su una storia vera adattata dal saggista Charles Brandt nel libro I Heard You Paint Houses, la pellicola è incentrata sulle vicende di Frank Sheeran (De Niro), un anziano che vive in solitudine in una casa di cura. «Una storia vasta, turbolenta e triste, che affronta un ampio arco di storia dal 1950 ai primi anni 2000, in un complesso intreccio di vita e morte», come spiega Richard Brody sul New Yorker. «The Irishman è la storia dei suoi personaggi, ma anche quella di un’era. Raccontata in modo dettagliato, meticoloso, piena di riferimenti alla cronaca reale come non è mai capitato».

Sull’Hollywood Reporter, David Rooney ha parlato di un film che è «Un vero esempio di cinema di qualità», grazie alle sue carrellate sinuose, al montaggio fluido e «gli ambienti e costumi, che evocano un’America e un regno cinematografico ormai svanito». Vox ne loda invece «potenza contemplativa dei suoi film più spirituali», mentre Alonso Duralde su The Wrap scrive che «The Irishman è il classico film che diventa più bello ogni volta che si riguarda, pur colpendo alla prima visione». Su Rolling Stones, David Fear lo ha definito «Il film di gangstar più toccante della storia». Tutti giudizi che confermano la capacità di Scorsese, emersa sin dallo short movie The Big Shave del 1967, di incantarci attraverso una narrazione che si muove tra i fasti di un’epoca sino alla sua autodistruzione. Un racconto, come scrive Stephanie Zacharek sul Time, «che emoziona in un modo che spaventa».