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La danzatrice del ventre è diventato un mestiere molto pericoloso da fare in Egitto Spesso finiscono agli arresti per incitazione al vizio: è successo già cinque volte negli ultimi due anni, l'ultima all'italiana Linda Martino.
Ferrero (e la Nutella) va così bene che starebbe per comprare la Kellog’s Per una cifra che si aggira attorno ai tre miliardi di dollari. Se l'affare dovesse andare in porto, Ferrero diventerebbe leader del settore negli Usa.
Il cofanetto dei migliori film di Ornella Muti curato da Sean Baker esiste davvero Il regista premio Oscar negli ultimi mesi ha lavorato all’edizione restaurata di quattro film con protagonista l’attrice italiana, di cui è grandissimo fan.
Nell’internet del futuro forse non dovremo neanche più cliccare perché farà tutto l’AI Le aziende tech specializzate in AI stanno lanciando nuovi browser che cambieranno il modo di navigare: al posto di cliccare, chatteremo.
Trump si è complimentato con il Presidente della Liberia per il suo inglese, non sapendo che in Liberia l’inglese è la prima lingua Joseph Boakai, nonostante l'imbarazzo, si è limitato a spiegargli che sì, ha studiato l'inglese nella sua vita.
Ed Sheeran si è dato alla pittura e ha provato a imitare Jackson Pollock con risultati abbastanza discutibili Ma almeno si è sforzato di tenere "bassi" i prezzi delle sue "opere": meno di mille sterline a pezzo, che andranno tutte in beneficienza.
Dopo l’ultimo aggiornamento, Grok, l’AI di X, ha iniziato a parlare come un neonazista In una serie di deliranti post uno più antisemita dell'altro, Grok è pure arrivato a ribattezzarsi "MechaHitler".
La novità più vista su Netflix è un documentario su una nave da crociera coi bagni intasati Si intitola Trainwreck: Poop Cruise, è in cima alla classifica negli Stati Uniti ed è popolarissimo anche nel resto del mondo.

Perché si sta parlando molto di un articolo contro Ta-Nehisi Coates

18 Dicembre 2017

Se avete amici e conoscenti che s’interessano di politica e/o di letteratura americana, è probabile che sulle vostre timeline sia apparso un articolo del Guardian dove si attacca Ta-Nehisi Coates, lo scrittore americano che ha pubblicato a ottobre un libro di cui si sta ancora parlando molto, We Were Eight Years in Power: An American Tragedy. L’articolo, firmato dal filosofo e attivista americano Cornel West, è stato messo online domenica: nel giro di un giorno è stato condiviso, soltanto su Facebook, più di 33 mila volte. Cioè davvero tanto, per un articolo che parla di uno scrittore e di un libro uscito due mesi fa. Che cosa è successo, allora? Per capire come mai è diventato virale, bisogna capire chi è Ta-Nehisi Coates, chi è Cornel West, e che corde ha toccato la sua critica.

Ta-Nehisi Coates, che è afroamericano e ha 42 anni, è uno dei massimi scrittori del momento negli Usa. Si occupa soprattutto di politica e di questioni razziali, scrive spesso saggi per l’Atlantic, di cui è una delle firme di punta. Coates vede a vedere la politica americana – e in particolare la sua involuzione ai tempi di Trump – soprattutto in termini razziali, o meglio di razzismo. Per esempio, al tempo delle ultime primarie, ha polemizzato con Bernie Sanders, il candidato democratico accusato di privilegiare le questioni “di classe” a quelle razziali e che aveva detto di essere contrario all’idea di dare riparazioni ai discendenti degli schiavi africani.  Per Coates, Donald Trump, che lui definisce «il primo presidente bianco», è prima di tutto il prodotto del suprematismo bianco, che, quando più e quando meno, è sempre stato presente nella società americana e ora ha eletto un suo presidente. È stata, dice Coates, soprattutto una reazione agli otto anni di Barack Obama: un whitelash, come dicono alcuni (Coates però non usa questo termine), cioè una levata di scudi dei bianchi contro i neri che erano giunti, per un intermezzo, al potere. Questa lettura ritorna nei saggi di Coates e nel suo ultimo libro, i cui temi erano già stati anticipati nel longread dello scorso anno “My president was Black” (è molto bello, lo trovate qui).

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Ora, come in molti sanno, in questo momento c’è, all’interno della sinistra americana, un grande dibattito sulla contrapposizione “class Vs race”, che può essere ridotto, semplificando un po’, alla domanda: cosa conta di più, le questioni di classe o le questioni di razza? È una discussione che si inserisce nel più ampio dibattito sulla cosiddetta “identity politics” e che, secondo alcuni, tende ad avere una connotazione anche generazionale. E qui arriviamo alla critica di Cornel West, che in soldoni accusa Coates di concentrasi esclusivamente sulle questioni razziali ignorando quelle economiche e di politica estera. Non per nulla il suo articolo sul Guardian s’intitola “Ta-Nehisi Coates is the neoliberal face of the black freedom struggle”. Lo accusa di difender Obama, in quanto primo presidente afroamericano, dimenticando però che è stato anche il presidente dei droni (hanno sganciato 563 bombe), dell’uccisione di Anwar al-Awlaki, un cittadino americano, senza un processo. West definisce la prospettiva di Coates «restrittiva e pericolosa» perché ignora, tra le altre cose, «la centralità di Wall Street» e «le complesse dinamiche di classe e di genere». In breve, conclude, Coates è troppo fissato con i suprematisti bianchi, che finisce per «feticizzare» ignorando tutto il resto.

Come Coates, anche West, che insegna filosofia pubblica a Harvard, è un noto intellettuale pubblico americano. Però appartiene a un’altra generazione (ha 64 anni), si considera più radicale di Coates e, quello che qui più conta, contesta l’idea di separare l’identità nera dalle questioni socio-economiche (ai Democratici bianchi però aveva anche rimproverato di minimizzare troppo quanto le questioni identitarie siano importanti per i neri). Se l’articolo è diventato virale, non è soltanto perché le due figure coinvolte, Coates e West, sono due intellettuali pubblici famosi in America, ma anche perché il contenuto centrava una questione che rappresenta un nervo scoperto in alcuni ambienti liberal: “class Vs race”, per l’appunto, dunque molte persone, schierate in ambedue i campi, ne hanno discusso. Inoltre il pezzo è stato condiviso anche da molti conservatori, che gongolavano davanti a quella che vedevano una guerra tra due autori di sinistra.

La vicenda ha avuto una discreta rilevanza anche su Twitter, dove Coates ha 1,2 milioni di follower e West ne ha più di 840 mila. Quando il professore di Harvard ha twittato il suo articolo, Coates, che è cresciuto leggendo i suoi libri, si è difeso con un lungo thread dove ha incluso un link ai propri articoli sui droni di Obama e a suoi scritti dove parla anche di povertà e di diritti delle donne. Poi però ha ribadito la sua stima per West, in occasione dell’anniversario del libro più celebre, Race Matters.

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