Dallo swag gap all’aura gap, passando per il party gap: le relazioni oggi si misurano in dislivelli emotivi e di stile. Ma forse l’amore funziona proprio quando smettiamo di voler pareggiare i conti.
“Etsy Witch” è la più recente definizione che hanno dato alle streghe di internet dopo l’assassinio di Charlie Kirk, quando nel bel mezzo del caos online a seguito dell’evento, era spuntato fuori un articolo di Jezebel, ora cancellato, intitolato: “Abbiamo pagato delle Etsy witches per lanciare una maledizione su Charlie Kirk”. Molti hanno avuto una reazione d’indignazione, scandalizzandosi per l’articolo, ma altri devono aver pensato: “Wow, ma allora funziona!”. Infatti, da allora le Etsy witches non solo hanno raggiunto una popolarità mainstream, ma si sono guadagnate un nome ufficiale, entrando di diritto negli annali della internet culture.
Le streghe digitali operano ormai da più di un decennio in cui hanno raccolto un discreto seguito, stabilizzandosi nella loro nicchia; la loro audience è nettamente a maggioranza femminile, tra i 18 e i 35 anni. L’antro della strega contemporanea è soprattutto Instagram, ma ci sono anche le streghe di TikTok, le megere di X e le fattucchiere di Facebook. Raggiunto un adeguato numero di follower, convertono l’attenzione in guadagni proprio come qualsiasi altro content creator: fanno consulenze in stile life coaching, offrono dei corsi per imparare a leggere i tarocchi o a “manifestare”, scrivono libri di ricette vegane e hanno appunto degli shop su Etsy.
Nella maggioranza dei casi vendono chincaglieria esoterica: collanine con opali e ametiste, ciondoli con i segni zodiacali, talismani della fortuna, candele nere e sale grosso per fare i rituali, salvia bianca, incensi e palo santo da bruciare per purificare gli ambienti e scacciare gli spiriti maligni. Altre, invece, vendono gli “spell”, cioè fanno i malocchi (e i contro-malocchi) a richiesta. Ce ne sono veramente per tutti i gusti: il rituale per fare soldi, il rituale per dimagrire, il rituale per far diventare virale un contenuto e ovviamente il rituale d’innamoramento. Il più gettonato è sicuramente il “rituale di vendetta”, o “karma revenge spell” il cui scopo è “restituire l’energia negativa al mittente”, e non tanto per vendetta quanto “per giustizia”, come recitano spesso le didascalie d’accompagnamento. Il costo varia da 10 euro a 200 euro: la maledizione a Charlie Kirk era costata 50 dollari.
Giovani, carine, streghe
Quello della stregoneria online è un mondo estremamente eterogeneo, che cambia come cambiano i trend su internet. Non essendoci un ministero della Magia, ogni strega fa un po’ come vuole: c’è la strega che cerca di essere filologica citando libri della tradizione come il Malleus Maleficarum, c’è chi mostra attestati di partecipazione a corsi tenuti da eccellenti stregoni internazionali, e chi dice di avere poteri magici ereditati dalla nonna. Una volta, le streghe del paese erano donne anziane che toglievano il malocchio con l’acqua e l’olio, recitando le litanie del rosario. Poi negli anni d’oro delle televisioni private, erano tutte delle Wanna Marchi, coi capelli sfibrati dalle tinte color mogano e dalla permanente. Le streghe di internet, invece, oltre ad essere giovani e carine come il loro pubblico, sono quasi tutte laureate, magari in storia delle religioni o filosofia, e spesso lavorano nel marketing e nella pubblicità, massima espressione della fattucchieria contemporanea. Nei loro video in stile “get ready with me” raccontano di padri assenti, o di una zia di spiritualità turbolenta, fissata coi “percorsi catecumenali” o dal passato ferocemente anti-clericale. Le suore dell’asilo, con la loro fissazione per la cura del prossimo, sono state il loro primo grande nemico, repressori di energia femminile “libera e creativa”.
Il grande punto di forza delle Etsy witches e di qualsiasi altra strega online è l’estetica. Esiste, infatti, un vero e proprio compendio di witchy aesthetics o witchcore, che spazia dalle Wicca alle Nordic witches. Le prime si riconoscono dai feed pieni di boschi e radure illuminate dalla luce del sole, pentacoli (con la punta rivolta verso l’alto, perché se è invertito si entra in zona satanismo), triskeli e triquetre. L’immaginario Wicca è un compendio di fertilità femminile, tarassaco e farfalle monarca, e il tempo è scandito dalle fasi lunari e dal calendario celtico. Le wicca hanno capelli lunghi e si vestono con tessuti naturali, accessori color oro, viola e verde bosco, un po’ stile relatrice speciale delle Nazioni Unite.
La Nordic witch, invece, predilige un’estetica più cupa e austera, dominata dal bianco e nero. Adora i megaliti con rune incise sopra, raccoglie ossa di animali nei boschi per creare piccoli altarini e si destreggia con rituali più oscuri: nel suo immaginario il sacrificio umano non è un tabù, ma quasi un gesto necessario (il “karma” torna anche qui), soprattutto se a essere sacrificato è l’uomo-malessere che ha preferito una clean girl a lei.
Spostandosi ancora verso gli estremi, si arriva alla Witch-Voodoo aesthetic, ispirata alle pratiche haitiane e africane: qui compaiono fluidi corporei, sangue mestruale, ciocche di capelli, brandelli di stoffa e piccole cerimonie nei cimiteri cristiani, dove vengono costruiti altarini votivi. A volte, in certi video su TikTok, si capisce che si tratta di ragazze molto giovani e inesperte, che si cimentano in rituali visti online senza davvero capirne il significato. Il risultato è che, invece di lanciare una maledizione su qualcun altro, finiscono per auto-maledirsi da sole (chi glielo fa notare nei commenti viene bloccato).
Si arriva così alle aesthetic legate alle streghe della cultura pop, che offrono un ventaglio di scelte praticamente infinito: si va dalla cupezza gotica di Mercoledì Addams alla stregoneria adolescenziale e ribelle di Sabrina Spellman, passando per l’intelligenza brillante e rigorosa di Hermione Granger, fino al fascino glamour e combattivo delle sorelle Halliwell. Queste icone fungono da veri e propri archetipi visivi e narrativi: ognuna incarna un modo diverso di essere strega, fornendo un immaginario riconoscibile e facilmente riproducibile sui social. È questa capacità di mescolare mitologia, estetica e intrattenimento a rendere la figura della witch così adattabile e quindi perfetta per prosperare online. Siccome uno dei tratti caratteristici delle streghe è quello di rimanere per sempre belle e giovani, molti ritengono che Kris Jenner sia una strega potentissima che prepara pozioni all’adrenocromo nello scantinato di casa sua.
Dall’immaginario al reale
La cultura pop, in effetti, è la principale responsabile del traboccamento della stregoneria dal mondo immaginario a quello reale. Internet e i social media oggi sono trattati alla stregua di una sorta di “piano astrale”, come teorizzato nella teosofia di Helena Blavatsky, cioè uno spazio dove è possibile rendere concreto il pensiero, manifestare i desideri e visualizzare intenzioni. In altre parole, Internet è il regno del pensiero magico: l’attenzione collettiva delle community verso determinati oggetti o soggetti si traduce in una forma di “energia comune”, mentre sugli schermi le illusioni prendono corpo e si trasformano in immagini tangibili, condivise e riconoscibili, nella speranza che finiscano per modificare anche il mondo materiale.
Molte attrici famose sono quelle che ci credono di più: Gwyneth Paltrow, ad esempio, con le sue candele al profumo di vagina e l’interesse per ogni tipo di pratica new age, ha contribuito a trasformare l’estetica e il linguaggio della stregoneria in un vero e proprio business di lifestyle. Jessica Alba organizza rituali di luna piena nella sua villa tra le colline di Hollywood, invitando amiche celebri, tra cui Meghan Markle, in serate che mescolano spiritualità, mondanità e occasioni per fare contenuti online. Un altro esempio recente di come elementi della stregoneria pop entrino nel discorso pubblico arriva direttamente dal palco dell’Eurovision Song Contest, quando la cantante irlandese Bambie Thug ha messo in scena una performance-rituale. Vestita di nero e con delle corna da caprone in testa, ha aperto l’esibizione pronunciando il celebre maleficio “Avada Kedavra” di Harry Potter. L’atmosfera della sua esibizione era costruita con elementi simbolici classici: luna piena, candele, pentacoli e riferimenti al Sex Magik di Aleister Crowley.
La stregoneria pop si salda con forme di attivismo performativo, in particolare con quello femminista. In queste community viene recuperato un linguaggio fortemente simbolico: slogan storici come “Tremate, tremate, le streghe son tornate” vengono pronunciati non solo come dichiarazioni politiche, ma anche come atti rituali collettivi. Le parole, più che comunicare un significato letterale, vengono usate come strumenti di evocazione, come se fossero incantesimi capaci di rafforzare identità comuni e di colpire l’avversario simbolico.
L’avversario
In questo immaginario confluiscono diverse rivendicazioni: la promiscuità sessuale, l’aborto come forma di autodeterminazione e controllo sul proprio corpo, la critica alla cultura patriarcale e dunque alla famiglia. Il patriarcato, insieme a fenomeni come colonialismo e capitalismo, viene rappresentato come l’espressione di un’energia maschile di controllo, il grande nemico da combattere per essere di nuovo libere e creative. Da questo nemico comune vengono le alleanze controverse, e in molti punti contraddittorie, con altri movimenti fondamentalisti o anti capitalisti.
Non stupisce a questo punto la reazione di molte di queste community alla morte di Charlie Kirk: sui social, molte utenti hanno espresso apertamente soddisfazione e le Etsy witches hanno avuto il loro momento di grande popolarità. Anche stavolta per loro “ha vinto il karma”, parola chiave che indica una sorta di empatia a cottimo. La moglie di Charlie, Erika Kirk è diventata immediatamente il nuovo nemico, la MAGA di fede cristiana-evangelica, con il suo fervore esibito sul palco, i boccoli biondi e il rosario in mano. Qualcuno avrà già comprato uno spell su Etsy anche per lei (probabilmente il malocchio per farla ingrassare).
 
    
  Il caso SocialMediaGirls scoppiato in seguito alla denuncia della giornalista Francesca Barra è solo l'ultimo di una ormai lunga serie di scandali simili. Tutti prova del fatto che se non regolamentata, la tecnologia può solo fare danni.

 
     
     
     
     
    