Bullettin ↓
15:32 domenica 22 giugno 2025
Sia Israele che l’Iran hanno già messo al sicuro il loro patrimonio artistico Il problema è quella parte del patrimonio dei due Paesi che non può essere spostata. Solo in Iran ci sono 28 siti Unesco impossibili da proteggere.
Le notifiche del telefono fanno male e adesso c’è anche una ricerca che lo dimostra Si chiama alert fatigue e tante persone hanno già deciso come affrontarla: disattivando tutte le notifiche, sempre.
Il sindaco di Budapest ha detto che il Pride in città si farà nonostante il divieto di Orbán «Il Municipio di Budapest organizzerà il Budapest Pride il 28 giugno come evento cittadino. Punto», le sue parole.
Francis Kaufmann/Rexal Ford ha ricevuto quasi un milione di euro dal Ministero della Cultura per girare un film che non ha mai girato Lo ha rivelato un'inchiesta di Open: l'uomo è riuscito ad accedere ai fondi del tax credit, senza mai girare nemmeno una scena.
Skims sta inviando soldi via PayPal a centinaia di clienti senza dare alcuna spiegazione Tutto è cominciato con un tiktok, a cui ne sono seguiti decine e decine. Adesso, gli investigatori di internet stanno cercando di svelare il mistero.
La storia della chiusura del Museo del Fumetto di Milano non è andata proprio come si era inizialmente raccontato Un articolo di Artribune ha svelato che nella chiusura c'entrano soprattutto mancati pagamenti e gestione inefficace, non la cattiveria del Comune.
David Fincher vuole salvare Mindhunter trasformandola in una trilogia di film Lo ha rivelato l'attore Holt McCallany, uno dei due protagonisti della serie. A suo dire, ci sarebbero degli sceneggiatori già al lavoro.
Una delle analisi più sensate della guerra tra Israele e Iran l’ha fatta Jafar Panahi su Instagram Il regista ha postato un lungo messaggio, in cui condanna sia il governo israeliano che il regime iraniano.

I libri del mese

Cosa abbiamo letto a settembre in redazione.

di Aa.Vv.
29 Settembre 2017

Lawrence Osborne – Cacciatori nel buio (Adelphi)
Trad. Mariagrazia Gini

Dall’estate appena passata a questo inizio di autunno, sto coltivando un piccolo culto per lo scrittore Lawrence Osborne, che fino ad agosto non avevo mai letto. Avevo sempre avuto 4953fd231f83c4a916b447f45a8119cb_w600_h_mw_mh_cs_cx_cyvoglia di leggere Bangkok, che si è rivelato un libro meraviglioso, poi a metà del Turista nudo, è uscito Cacciatori nel buio e mi sono messo a leggere quello. È un libro di fiction scritto da uno che si è fatto un nome come giornalista letterario, reporter di viaggio e autore di libri di non fiction, dopo aver provato per anni a sfondare con il romanzo. Qui l’impianto della finzione non intacca la bravura “giornalistica” dell’autore, perché Cacciatori nel buio è soprattutto un libro di descrizioni e di atmosfere, una romanzesca guida turistica incentrata sull’uomo occidentale medio: Robert, il protagonista, incagliato in Cambogia in un purgatorio esistenziale. In questa prolungata sospensione, dove a ogni pagina ci si aspetta che accada qualcosa di terribile – “è un noir?”, ci si chiede – Cacciatori nel buio rappresenta un esempio brillante di romanzo da canone esotico: insieme al Turista da banane di Simenon, magari, ai classici cuori di tenebra e agenti all’Avana, o ai Mostri che ridono dello scomparso Denis Johnson, pubblicato l’anno scorso da Einaudi. (Cristiano de Majo)

Sarah Manguso – Andanza. Fine di un diario (NN editore)
Trad. Gioia Guerzoni
9788899253646_0_0_0_75Un giorno mi piacerebbe proporre a tutti quelli che con me condividono quel grave problema mentale che chi si chiama “nutrire ambizioni letterarie” questo test: qual è, nella storia della letteratura, il libro che avresti dovuto scrivere tu? Una domanda alla quale non è facilissimo rispondere. Il libro che avresti dovuto scrivere tu, infatti, non è mica il tuo libro preferito (quello se mai, è quello che avresti voluto). No. Il libro che avresti dovuto scrivere tu è quello che ti hanno rubato, che si accorda perfettamente a tutto quello che sei e che hai sempre pensato, alle preoccupazioni che ti tormentano, al tuo modo di scrivere. Per me quel libro è chiaramente Ongoingness di Sarah Manguso, da poco in libreria anche in Italia grazie alla traduzione di NN editore. Mentre lo leggevo mi veniva un nervoso che avrei voluto prenderlo a pugni. La Manguso scrive un libro sui diari che ha tenuto durante la sua vita (più di ottocentomila pagine) senza citarne una parola. Il suo stile è freddo e trattenuto, punta chiaramente all’essenza, alla chiarezza e alla trasparenza del cristallo, il contrario dell’emotività sguaiata e delle descrizioni caleidoscopiche e pedantissime di cieli luci alberi fiori vestiti palazzi scopate gioie pianti genitori malattie figli figure di merda e momenti di crisi che di solito caratterizzano i diari delle donne (ma anche degli uomini, cfr John Cheever). Le pagine sono organizzate per piccoli paragrafi, alcuni brevissimi, lunghi soltanto due o tre frasi. Lei ha una strana energia, molto oscura, che si apre a tratti lasciando intravedere un nucleo tremolante, luminosissimo, di disperata vitalità e violenza, e per tutto il libro ragiona sulla memoria e sul suo problema di non riuscire ad arrendersi allo scorrere della vita, sulla necessità di registrarla, catturarla, non per analizzarla, ma perché semplicemente, senza scriverla, non avrebbe neanche l’impressione di viverla. Inevitabile che il risultato sia un gioiello che racchiude in cento pagine cosette di poco conto tipo il senso del tempo e dell’esistenza umana. (Clara Mazzoleni)

Raffaele Alberto Ventura – Teoria della classe disagiata (minimum fax)
image L’altro giorno, tutta gasata perché uno dei miei pezzi era stato staffpickato da Medium, sono andata a leggermi la lista dei pezzi più popolari dello scorso anno: uno era intitolato qualcosa come “bastano due minuti per migliorare la tua scrittura”, un altro diceva qualcosa come “questa routine aiuterà la tua creatività”. Il dettaglio è che Medium sta cercando di convincere i suoi utenti a pagare, ma ha rinunciato a farsi pagare dagli editori: mi chiedo se il punto sia proprio questo, diventare un posto dove la gente paga per scrivere gratis, nella speranza di essere notati da qualcuno o anche solo per farci bella figura. È un micro-cosmo di aspiranti scrittori oppure, e qui la linea di demarcazione si fa sottile, di scrittori falliti? Leggendo Teoria della classe disagiata di Raffaele Alberto Ventura, appena uscito per minimum fax, ho scoperto che esiste una parola che suona meglio, ma è peggio: prosumer, o, come spiega l’autore «consumatore mascherato da produttore». Teoria della classe disagiata è molte cose: pamphlet, ritratto generazionale, saggio di economia spiegata attraverso la letteratura. Ma è anche, più banalmente, il racconto di una grande truffa, che forse non è una truffa ma un castigo meritato: «Se Diprè è un truffatore, che dire di Facebook? E delle facoltà di Lettere e Filosofia? E delle scuole di cinema, dei premi letterari, dei siti culturali, dei commenti e dei like che costruiscono dal nulla delle reputazioni che non producono nessun reddito?», si chiede Ventura. «Il prosuming è una grande cospirazione collettiva, o forse il solo gioco di ruolo che può dare senso alle nostre esistenze». (Anna Momigliano)

Yona Friedman – Tetti (Quodlibet)
a cura di Andrea Bocco
cover__id2748_w800_t1497878418.jpg&Ci sono due tipi di libertà che, ingenuamente, ho sempre considerato diritti naturali di ogni uomo, in quanto animale più che in quanto uomo: quella di muoversi, e quella di avere un riparo. Le due cose sono anche molto legate, come ci si accorge facilmente, in questi mesi, passando davanti a una qualsiasi zona in una qualsiasi città che si trova a ospitare decine di migranti – la Stazione centrale di Milano, per quanto mi riguarda, che attraverso ogni mattina. «Se non hai un tetto, non hai una casa», scrive Yona Friedman nelle prime pagine di Tetti, che è un mix tra manuale di auto-progettazione, un manifesto e una specie di “fumetto” quasi d’intrattenimento. Il libro, che fu concepito a partire dagli anni Settanta, è effettivamente e prima di tutto un manuale di costruzione: i disegni – le istruzioni – sono volutamente semplici per essere capite e interpretate da chiunque, e vennero effettivamente utilizzate dall’Unesco per la costruzione di ripari e abitazioni in alcuni Paesi del cosiddetto Terzo Mondo. Leggerlo come testo da intrattenimento, da abitanti del cosiddetto primo mondo, apre a una sensazione primitiva, diluita in decenni di scienza e tecnica ma non perduta del tutto: come costruire una capanna, come renderla sicura, come farla resistere alla pioggia e al vento, come raccogliere i materiali nel terreno circostante. Con un abbondante utilizzo del termine specie – una specie di cupola, una specie di cintura, una specie di volta, una specie di timpano – così perturbante per la perfezione geometrica e rassicurante in cui viviamo. Perturbante nella sua semplice ovvietà, come pensare che se non hai un tetto, non hai una casa. (Davide Coppo)

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