Le storie, le interviste, i personaggi del nuovo numero di Rivista Studio.
Il Guardian ha chiesto ai lettori di svelare il dietro alle quinte delle loro videochiamate
Il tweet del diplomatico Ohad Zemet, che ha mostrato il reale scenario delle sue video-conferenze di lavoro (una stanza piena di giocattoli) ha riscosso molto successo: in molti l’hanno condiviso e, soprattutto, hanno accettato “la sfida”, mostrando le vere condizioni della loro postazione di lavoro. C’è chi, prima di una videochiamata, si organizza per mostrare a colleghi e clienti una versione di sé presentabile: magari si veste “da lavoro” soltanto a metà (e se diventasse una strana abitudine e continuassimo a farlo anche quando torneremo a uscire? Qui abbiamo provato a immaginare come ci vestiremo dopo la pandemia) o si piazza apposta davanti alla libreria. C’è chi addirittura seleziona con attenzione i libri da tenere sullo sfondo o gli oggetti da sfoggiare in bella vista sulla scrivania, ma anche le opere d’arte e gli oggetti di design da inquadrare “casualmente”. C’è chi segue i consigli di Tom Ford e posiziona il pc in modo da risultare il più fotogenico possibile. E poi c’è chi non ha tempo né voglia di impegnarsi tanto, e si accontenta che la telecamera non inquadri la figlia che dorme sotto il tavolo a pochi metri di distanza.
I feel you! ? ? ? ?? pic.twitter.com/nkhTJ4H41N
— Arsen Ostrovsky (@Ostrov_A) April 18, 2020
Ispirandosi al tweet di Ohad Zemet, il team del Guardian ha deciso di condurre una specie di indagine sulle condizioni del luogo in cui lavoriamo e sulla differenza tra la realtà e quello che mostriamo agli altri durante videochiamate, videoconferenze e dirette. «Stiamo cercando le foto dei due te stesso», si legge nell’annuncio: «quello che i tuoi colleghi vedono sullo schermo e la realtà, che spesso è molto più incasinata». Per partecipare, quindi, basta inviare due fotografie: una dell’area di lavoro mostrata della webcam e una della vera area di lavoro a con l’oggetto “Lavorare da casa”. David Fanner, Head of multimedia di Guardian Austrialia, ha aperto le danze svelando che durante le videocall se ne sta praticamente sdraiato sul divano indossando degli Ugg.

Come funziona Jigsaw, la divisione (poco conosciuta) di Google che sta cercando di mettere la potenza di calcolo digitale del motore di ricerca al servizio della democrazia, contro disinformazione, manipolazioni elettorali, radicalizzazioni e abusi.

Reportage dalla "capitale del sud" dell'Ucraina, città in cui la guerra ha imposto un dibattito difficile e conflittuale sul passato del Paese, tra il desiderio di liberarsi dai segni dell'imperialismo russo e la paura di abbandonare così una parte della propria storia.